Una delle collezioni di arte grafica più importanti a livello internazionale si trova in uno dei templi della scienza e della tecnica. L’ETH Zürich, il Politecnico Federale di Zurigo, può vantare infatti una collezione di 160.000 capolavori tra disegni, xilografie, incisioni, acqueforti, serigrafie e fotografie.
Un patrimonio che copre tutti i campi delle arti grafiche e che è nato grazie all’intuizione dei professori dell’ateneo svizzero, che oggi è al settimo posto nella classifica delle migliori università al mondo. Nel 1856 il docente di letteratura italiana del Politecnico di Zurigo, Francesco de Sanctis, nella sua prolusione all’ETH ricorda agli studenti che “prima di essere ingegneri voi siete uomini”. E l’umanità va nutrita tutta intera, anche nel suo amore per la bellezza e per l’arte.
Per la prima volta il grande pubblico potrà ammirare una parte considerevole di questi tesori esposti tutti insieme: sono 300 le opere di arte grafica raccolte al Museo d’Arte della Svizzera Italiana a Lugano per l’esposizione Da Albrecht Dürer a Andy Warhol, capolavori della Graphische Sammlung ETH Zürich, che ha inaugurato il 10 settembre e sarà aperta fino al 7 gennaio 2024 nella sede del Lac in piazza Bernardino Luini. Solitamente infatti vengono organizzate delle esposizioni della collezione più contenute.
Storia della Graphische Sammlung ETH Zürich
Il famoso storico Jackob Burckardt fu il primo a cui fu assegnata, nel 1855, la cattedra di storia dell’arte e archeologia all’università di Zurigo. Nel 1866 fu Gottfried Kinkel a ricoprire questo ruolo, assumendo anche la guida della collezione di calchi in gesso delle statue antiche, utilizzata per scopi didattici.
Per lo stesso motivo fondò nel 1867 il Gabinetto dei Disegni e delle Stampe, nucleo originario dell’attuale Graphische Sammlung. Fu grazie al banchiere zurighese Heinrich Schulthess-von Meiss che la raccolta si arricchisce nel 1894 con una donazione di 12.000 fogli di preziose stampe di antichi maestri, passando da collezione universitaria a vera e propria collezione d’arte internazionale, come spiega nella sua introduzione Linda Schädler, curatrice dell’esposizione al Masi e direttrice della Graphische Sammlung RTH Zürich.
Le scienze naturali al centro
Potrebbe sembrare strano che un simile tesoro artistico, a cui si sono aggiunte nel tempo molte acquisizioni, sia custodito nella culla delle nuove tecnologie. Tuttavia, la disparità e discordanza rispetto al contesto sono solo apparenti, frutto di uno sguardo superficiale. Nella sua essenza, la Graphische Sammlung incarna il fulcro delle scienze naturali: ridurre la complessità a pura eleganza, rivelare e rendere visibile una sistematicità nascosta, plasmare il futuro a partire da un passato accuratamente custodito, ampliare il campo visivo umano grazie allo sviluppo di nuove tecnologie” sottolinea Andreas Fichtner, professore di sismologia e fisica delle onde all’ETH.
Da copia divulgativa a oggetto da collezione
Il percorso della mostra Da Albrecht Dürer a Andy Warhol segue un ordine cronologico dal XV al XIX secolo e racchiude la storia dell’arte grafica in tutti i suoi passaggi principali, dalle preziose stampe del 500 fino ad arrivare alle tecniche digitali.
Una fetta considerevole delle 160.000 opere rappresenta l’arte svizzera dal 700 al 900, con 30.000 fogli.
Sul manifesto dell’esposizione è presente una delle stampe più iconiche della mostra, ovvero il Rinoceronte di Albrech Dürer, artista tedesco che ha fatto realizzato questa xilografia nel 1515 per far conoscere al mondo quello che allora era un animale esotico sconosciuto ai più: il rinoceronte.

La stampa in alcuni tratti rappresenta fedelmente l’animale, alcune caratteristiche invece vengono dall’immaginazione dell’autore, come la corazza e il corno sul dorso. Dürer non vide mai un rinoceronte, ma si basò sulle descrizioni di coloro che lo videro in Portogallo, dove giunse come dono diplomatico. Divulgare informazioni e diffondere l’immagine di opere importanti fu uno dei primi compiti delle stampe.
Le acqueforti di Rembrandt e Goya
Il mondo naturale è spesso oggetto di xilografie e acqueforti, come nel caso di Maria Sybilla Merian, naturalista che nella seconda metà del Seicento si recò in Suriname a studiare gli insetti e al suo ritorno pubblicò un libro ricco di illustrazioni fatte da lei stessa per descrivere la metamorfosi di questi insetti.
Uno dei pezzi forti della collezione di arti grafiche è rappresentato dai disegni di Rembrandt, presenti al Masi, caratterizzati dalla tecnica della puntasecca che permette all’artista di lavorare la lastra di metallo come se avesse in mano una matita, apportando modifiche al disegno. Tra le opere esposte due versioni dell’Ecce Homo, di cui esistono 8 diverse prove di stampa.
Insieme a Rembrandt, Goya è uno dei maggiori acquafortisti della storia dell’arte, innovativo soprattutto nella tecnica in cui combina l’acquatinta con l’acquaforte. La seria La Tauromachia e alcune rappresentazioni toccanti della morte sono state selezionate per la mostra.
Il geologo svizzero Hans Conrard Escher Von Der Linth ci ha lasciato una straordinaria produzione, rappresentata con 700 opere nella Graphische Sammlung, di disegni a penna e acquarello che ritraggono in modo molto esaustivo le Alpi, facendole così conoscere.
Originali non più riproducibili
L’aspetto didattico e divulgativo delle stampe con l’avvento della fotografia a fine 800 va pian piano scemando e gli artisti iniziano a considerare le stampe e i disegni come opere d’arte con una propria dignità.
Questo significa che l’aspetto della riproducibilità va in qualche modo regolamentato. Iniziano così a circolare le edizioni limitate e le stampe numerate.
A questo proposito è stato un pioniere il pittore svizzero Felix Vallotton, originario di Losanna e poi stabilitosi a Parigi. La sua serie Intimitès, esposta al Masi, rappresenta con dieci xilografie momenti casalinghi di una coppia, al compratore viene poi data anche un’undicesima stampa composta da dei frammenti delle dieci precedenti, a garanzia dell’impossibile duplicazione.
Stampe moderne e architettura
Rimanendo sempre in Svizzera, un artista per cui il disegno fu fondamentale è Alberto Giacometti, che utilizzava gli schizzi come base per le sue sculture.

Anche le litografie di Edward Munch sembrano quasi preparatorie dei suoi quadri, con linee sinuose e marcate che esprimono angoscia e intensità. È esposta al Masi anche una litografia di Pablo Picasso, in cui ritrae la moglie Jaqueline Roque di profilo.

Non mancano gli architetti svizzeri nella collezione dell’ETH, tra cui Les Corbusier con degli schizzi di studi urbanistici per la città di Buenos Aires e Mario Botta, di cui sono conservati bozzetti e acqueforti realizzati per la ricostruzione della chiesa settecentesca di Magno in Vallemaggia.
La “zuppa” di Andy Warhol
Tra le voci femminili contemporanee, Susan Hefuna è un’artista tedesco-egiziana che ha realizzato una serie di acquarelli su carta traslucida partendo dal concetto della mashrabiyya, un’apertura con grata dell’architettura islamica tradizionale.
L’artista di Teheran Shirana Shabbazi indaga la fotografia di viaggio stampando con la tecnica giapponese della risografia le proprie fotografie di viaggio, spogliandole di riferimenti personali e privati.

La mostra si conclude con quella che è forse la stampa più iconica del Novecento, la serigrafia Campbell Soup di Andy Warhol, parte di un’ampia serie che può essere presa come manifesto artistico della pop Art: trovare soggetti artistici nella vita di tutti i giorni per divulgarli al grande pubblico.