A confession, il Male a norma di legge

«Il silenzio continuò. Halliwell rimase immobile, gli occhi azzurri fissi nei miei, nessun barlume di certezze o incertezze. Ma, suo malgrado, intravedevo delle crepe. Il tempo che stava impiegando per rispondere, per esempio. Il suo cervello stava facendo gli straordinari e stava attivamente evitando di rispondere alle mie domande. Un innocente, nella stessa situazione, avrebbe risposto: Guarda, non so davvero dove sia, non ha niente a che fare con me. Invece, con Halliwell, c’era una disconnessione. La nostra conversazione era lenta e tesa; era sconnesso, perché stava chiaramente cercando di formulare una dichiarazione che non lo coinvolgesse – eppure, di per sé, quella lentezza segnalava la sua colpa. Un innocente non riflette così a lungo; semplicemente non si comporta così. Pertanto – decisi con certezza crescente – stavo parlando con un colpevole. Lei pensai che sia stato io, disse Christopher Halliwell. Ressi il suo sguardo senza battere ciglio. Lo so che sei stato tu, risposi».

(Stephen Fulcher, Catching a Serial Killer: My Hunt for Murderer Christopher Halliwell, Ebury Publishing, 2017)

Una volta, molti anni fa, qualcuno mi ha detto una cosa che ancora adesso non riesco a digerire: la legge è fatta per i delinquenti. Ogni volta che ci penso capisco che è vero, e ogni volta ci sto male. Perché, come tutti quelli che non frequentano la legge, tendono a confonderla con la giustizia. Il problema è che spesso la legge, volente o nolente, semplicemente non può essere giusta: e poi, qualche volta, che è sempre troppo spesso, non vuole esserlo. Se riduci i diritti stringi le maglie e rischi di rovinare la vita di molti innocenti; se le allarghi i colpevoli la fanno franca e, alla fine, saranno sempre degli innocenti a farne le spese (e vista così viene facile concludere che l’innocenza sia un pessimo affare, comunque la si giri). E’ intorno a questo concetto che ruota A confession, la serie di questa settimana. In sostanza la legge inglese prevede (lo dico a grandi linee, vi confesso che queste sono cose che non ho voglia di approfondire più di tanto) che prima di interrogare un sospetto, prima anche di raccogliere una confessione assolutamente spontanea, il poliziotto sia obbligato a portarlo in centrale, leggergli i suoi diritti e fornirgli assistenza legale. Mi pare una cosa logica e soprattutto, civile: il minimo sindacale. Ma cosa succede se, a una semplice domanda, senza alcuna coercizione, il sospetto confessa degli omicidi e ti porta sul posto in cui ha seppellito le sue vittime ma tu, poliziotto, non hai seguito la regolare procedura? Succede che, quando porti il sospetto in centrale, lui ritratta tutto, fino all’ultima sillaba e ti accusa di avergli estorto la confessione. E qui entra il ballo il fatto che la legge è fatta per i delinquenti. Il problema è: queste garanzie convengono effettivamente anche a chi è accusato di reati che non ha commesso? Per questo A confession è una bella serie (ovviamente british), che vi consiglio di cuore, perché vi costringe a porvi le domande scomode, perché entra in quello che Dylan Thomas chiamava the inmost marrow of my heart bone, il più interno midollo dell’osso del cuore.

La storia narrata nella serie è – lo avrete capito – vera, tratta dal libro di Stephen Fulcher (che è il detective che arresta il serial killer Christopher Halliwell), ed è raccontata come si deve nella sceneggiatura di Jeff Pope (Philomena di Stephen Frears) e diretta da un magnifico Paul Andrew Williams (Broadchurch, e ci siamo capiti). E poi, il cast. Il killer è Joe Absolom, vecchia gloria di Eastenders, veramente bravissimo. Sempre all’altezza – e vorrei anche vedere – Siobhan Finneran (The Loch, Downton Abbey, Happy Valley) che interpreta la madre di una delle vittime, Elaine Pickford, e addirittura spettacolare per gusto e moderazione Imelda Staunton (The Crown, Pride, Little Britain e soprattutto Il segreto Di Vera Drake di Mike Leigh). E poi c’è la star: Martin Freeman, che abbandonati i panni di John Watson e di Bilbo Baggins, si veste da detective e sforna una prova recitativa eccezionale. Calmo, misurato, consapevole dei propri mezzi, ormai in grado di interpretare il ruolo che desidera, è uno degli attori più in gamba in circolazione. A confession, Itv, da vedere.