Anche la sorella di Wolfgang Amadeus Mozart era un genio?

In apertura troviamo due citazioni, una da La repubblica di Platone sulla musica e una da Emilio di Rousseau sull’educazione delle donne che “dev’essere relativa agli uomini. Piacere agli uomini, essere loro utili, farsi da loro amare, e onorare, allevarli quando sono piccoli e curarli quando invecchiano, consigliarli, rendere la loro vita facile e piacevole: sono questi i doveri delle donne e questo è quanto esse devono apprendere dall’infanzia”.

Il libro è La sorella di Mozart (Marcos y Marcos, in uscita il 18 ottobre) di Rita Charbonnier, giornalista e scrittrice con una formazione musicale perché ha studiato pianoforte e canto.

Un romanzo che parte da fatti storici. La sorella di Mozart si chiamava Maria Anna Walburga Ignatia  (evidentemente papà Leopold aveva parecchie signore cui rendere omaggio quando si era trattato di scegliere i nomi della figlia) soprannominata per brevità Nannarel in famiglia e dagli amici.

Era nata a Salisburgo nel 1951, cinque anni prima del fratello Wolfang, e fin da piccola il padre aveva “sfruttato” i suoi precoci e straordinari talenti musicali – pare fosse un prodigio del clavicembalo – per farsi bello nei salotti della nobiltà del tempo e per fare anche un po’ di soldi.

Quindi, una volta scoperto il genio per piccolo Wolfang, per farli esibire insieme in lunghe tournée europee, ovviamente sempre a pagamento. Solo che nel XVIII secolo viaggiare era ancora una cosa lunga, complicata, faticosa e potenzialmente letale. E, infatti, sia lei che suo fratello rischiarono più volte di morire a seconda dei casi di vaiolo, tifo o bronchite.

Nannarel era anche una compositrice e anche lei precoce come il fratello, nonostante il padre l’avesse fatta studiare solo per diventare una brillante esecutrice. Come fossero davvero le sue creazioni, però, non lo sapremo mai perché sono andate perdute. Restano solo le parole del fratello che lodano la sua musica e la incitano a continuare. Se si trattasse di complimenti legati più all’affetto o alla stima non lo sapremo mai.

Rita Charbonnier opta per la seconda ipotesi e, nel libro, racconta la sua plausibile versione dei fatti: Maria Anna aveva davvero un talento eccezionale anche come compositrice ma il padre la sacrificò per puntare tutto sul fratello, costringendola persino a lavorare come insegnante di musica per sovvenzionare i viaggi suoi e di Wolfang nelle varie corti.

La sorella di Mozart fa parte di quello che ormai possiamo definire come un vero e proprio filone letterario, quello delle grandi donne dimenticate: scrittrici, scienziate, artiste, musiciste, appunto.

Nel caso di Nannarel, così ben dimenticata da non apparire per niente in un film come Amadeus di Miloš Forman (che resta un capolavoro).

Il libro è dichiaratamente un’opera a metà tra biografia e fiction ma sicuramente ben documentato nei fatti, se non nelle motivazioni e nei sentimenti dei protagonisti che è impossibile ricostruire, solo ipotizzare, attingendo alla tracce scritte, in particolare alle lettere.

E chissà se è per questo che, consciamente o no, l’autrice ha scelto la forma del romanzo epistolare. Perché è nello scambio di lettere tra Nannarel e il suo “spasimante” Maggiore Franz Armand d’Ippold che affiora un po’ alla volta la storia della sua rinuncia e la frustrazione di donna dei suoi tempi.

Una confessione scatenata da una semplice, ingenua domanda: Per quale motivo aveva scelto di smettere di comporre e di esibirsi come pianista?