Consigli di lettura per chi non ha ancora capito che cosa sono gli NFT

Da qualche mese gli NFT sono diventati così popolari che basta una battuta vagamente memorabile su un podcast per far scattare il: “Facciamone un NFT”.

La sigla sta per Non Fungible Tokens, ovvero gettoni crittografici registrati su una blockchain che rappresentano un bene digitale acquistabile in cripto-valuta e non interscambiabile in quanto unico.

In teoria, un NFT può identificare qualunque cosa (e in un certo senso è proprio così) ma il fenomeno è diventato di moda solo negli ultimi mesi, grazie alla crypto art. Opere digitali e, quindi, per loro natura riproducibili all’infinito che vengono rese uniche da questa tecnologia: il file continua a circolare in rete, chiunque può vederlo, scaricarlo, duplicarlo, ma l’NFT, che equivale al certificato di autenticità e di proprietà dell’opera, è uno solo. “Un po’ come la banana di Cattelan”, dice Andrea Concas, esperto di arte e innovazione, fondatore e CEO della startup Art Rights, piattaforma per la gestione e certificazione delle opere d’arte con tecnologia blockchain.

Si riferisce a Comedian, una banana attaccata al muro con il nastro adesivo esposta a Miami nel 2019 e venduta per 120mila dollari. “Il valore, evidentemente, non sta nella frutto, che si deteriora nel tempo, quanto nel certificato di proprietà dell’opera”.

Nel suo libro, Professione arte (Mondadori Electa), pubblicato di recente, Concas dedica un capitolo alle nuove tecnologie applicate al mondo dell’arte. Tema che ha approfondito in un ebook per Piemme, intitolato proprio Crypto arte. “Attenzione”, spiega “a non confondere arte digitale e crypto arte. La prima esiste dagli anni Sessanta e veniva acquistata su un dispositivo di archiviazione fisico, un dischetto, una chiave USB e così via, mentre la seconda è legata alla tecnologia della blockchain e alla cripto valuta”.

Domenico Quaranta, critico d’arte contemporanea e autore di Surfing con Satoshi. Arte, blockchain e NFT, uscito lo scorso giugno (Postmedia Books) riassume la cronologia dei passaggi principali che hanno portato al NFT craze, la moda degli NFT: “Il 19 febbraio 2021, la vendita dell’animazione nota come Nyan Cat. La gif di un gattino con il corpo a forma di biscotto che vola creando una scia con i colori dell’arcobaleno è stata ceduta dal suo creatore per 300 Ethereum, equivalenti a quasi 600mila dollari. Poi, l’11 marzo, l’asta da Christie’s per l’NFT di Everydays. The First 5000 Days. Un collage digitale di 5000 illustrazioni del graphic designer e animatore americano Mike Winkelmann, noto come Beeple, che ha chiuso a circa 69 milioni di dollari, la terza quotazione più alta, finora, raggiunta da un artista vivente, dopo Rabbitdi Jeff Koons e Portrait of an Artist di David Hockney”.

Nell’arco di una manciata di mesi, quella che era una nicchia per appassionati del settore o per investitori in cripto valute è diventato un campo da gioco per player storici come Christie’s, appunto, ma anche Sotheby’s che, da poco, ha aperto una sede nel mondo virtuale Decentraland, e Phillips che, ad aprile, ha battuto all’asta il suo primo NFT per oltre 4 milioni di dollari.

Le ragioni di questa accelerazione ? Secondo Concas, in parte andrebbe imputata alla “pandemia che ha dato un forte impulso allo sviluppo del digitale e ha privato musei e gallerie di uno spazio fisico”.

Ma alla base”, dice Quaranta, “c’è anche una convergenza di interessi: quello delle case d’asta per il denaro dei crypto ricchi e quello di alcuni crypto investitori intenzionati a dimostrare in maniera eclatante il valore delle criptovalute e l’efficacia degli NFT”.

Comunque sia, l’effetto è stato anche quello di mettere in discussione il ruolo di critici e curatori che hanno sempre avuto il potere di decidere che cosa è arte e che cosa non lo è. “Gli NFT attribuiscono ai collezionisti e alle “cordate” di artisti che si collezionano a vicenda, il compito tradizionalmente affidato a gallerie e musei”.

E se è impossibile, oggi, prevedere quali saranno a lungo termine gli esiti di questo incontro-scontro tra sistema tradizionale e crypyo arte, “di certo”, spiega Concas, “si tratta di una sfida nuova: bisognerà trovare nuovi metodi di valutazione, fruizione, esposizione”.

In Italia, Sonia Belfiore, curatrice e project developer che collabora con molti giovani artisti, di recente ha curato Travel Diary, la prima mostra di crypto art in Italia (visitabile attraverso la creazione di un avatar), per conto di Snark.art, una piattaforma che si pone l’obiettivo di fare da ponte tra il mercato tradizionale e quello degli NFT.

L’arte ha sempre risposto prontamente alle innovazioni tecnologiche”, racconta Belfiore. “Molti movimenti artistici sono nati all’interno delle grandi rivoluzioni scientifiche, come la fotografia. Gli artisti sono tali perché usano i linguaggi contemporanei. Che oggi sono big data, intelligenze artificiali e blockchain”. Aggiunge che “sarebbe interessante utilizzare la blockchain per frazionare l’acquisto delle opere”.

Un procedimento chiamato tokenizzazione e che consiste nella conversione di un bene in tanti gettoni, uno per acquirente. In questo modo un’opera da 100 milioni di dollari potrebbe, per esempio, essere spacchettata in 100 milioni di token del valore di 1 dollaro l’uno.

Non tutti gli NFT, però, come si diceva all’inizio, sono opere d’arte. Possono essere oggetti (digitali) da collezione, meme, clip, carte virtuali come quelle dei migliori tiri a canestro messi in vendita dalla NBA. Il fondatore di Twitter, Jack Dorsey, ha venduto il suo primo tweet per circa tre milioni di dollari.

In quanto certificati di autenticità e proprietà, gli NFT possono essere applicati a qualunque cosa: musica, brand”, dice Concas. E, a questo proposito, in estate dovrebbe arrivare Genies Marketplace, un negozio digitale legato a Genies, mondo virtuale già popolato da avatar di personaggi noti come Rihanna, Cardi B, Justin Bieber.

Che si tratti di arte o no, questo sistema di certificazione ha suscitato anche parecchi dubbi e critiche. Fausto Spoto, professore di Informatica all’Università degli Studi di Verona, pone l’accento sulle questioni tecniche. “Al di là del fatto che parliamo di un mercato molto speculativo, per cui è sconsigliabile a chiunque non sia un esperto di investire in NFT, ci sono blockchain affidabili e altre che non offrono altrettante garanzie”.

E anche sul fronte legale, secondo Spoto, non mancano le incertezze: “In Italia, una legge di due anni fa ha stabilito l’equivalenza fra contratto scritto e transazione su blockchain. Ma in caso di controversie nella compravendita fra Paesi diversi, le cose si complicano: se acquisto qui un NFT realizzato negli Stati Uniti, quale legge si applica?”.

Che sia addirittura una truffa lo pensa David Gerard, un giornalista australiano esperto di beni digitali. Secondo lui, gli NFT sarebbero stati creati dagli speculatori che sfrutterebbero l’ingenuità di creator e artisti solo al fine di legittimare le criptovalute (e guadagnare).

Infine, c’è la questione ambientale. La tecnologia per “coniare moneta digitale” e NFT assorbe grandi quantità di energia elettrica, prodotta, a sua volta, per lo più da combustibili fossili. Artisti come Joanie Lemercier e Memo Atken hanno effettuato ricerche e denunciato il problema. Un segnale di responsabilità sociale secondo Concas che spiega, però, come siano “già allo studio diverse soluzioni per ridurre i consumi di energia e per il passaggio a fonti rinnovabili”.

Mentre non è d’accordo sul modo in cui la discussione è stata impostata Quaranta: “Parliamo di inezie all’interno di un problema reale che riguarda l’industria del digitale. I server di Google e Facebook, l’intelligenza artificiale, l’infrastruttura di Amazon inquinano tanto e più delle blockchain. Demonizzare un artista per un NFT mentre si parla con Alexa è ridicolo”.