Il commissario Kostas Charitos indaga ai tempi della pandemia

Raccontava Petros Markaris, tre anni fa ospite del Locarno Film Festival, che a un certo punto, mentre si trovava impantanato nella sceneggiatura della serie Anatomia di un delitto, capì di voler scrivere la storia di una famiglia tipo greca.

L’idea lo arrovellava, gli trapanava i pensieri. Così ipotizzò di raccontare la saga di un dentista, di sua moglie e della figlia. Ragionandoci meglio, preferì però cambiare mestiere. Era il 1993 e nacque così il commissario greco Kostas Charitos, con la signora Adriana grande cuoca e la giovane Caterina. Al gruppo familiare negli anni si sono poi aggiunti amici, la ragazza si è laureata in Giurisprudenza, si è sposata con il medico Fanis, è nato il piccolo Lambros, gioia di nonno Kostas.

Avventura dopo avventura, l’autore è diventato il giallista più famoso della Grecia, e questo ha anche un po’ offuscato il suo importante passato di sceneggiatore per Theo Angelopoulos e per film importanti come Lo sguardo di Ulisse (sul cui set morì Gian Maria Volonté) o L’eternità e un giorno, Palma d’oro a Cannes.

Il libro di Markaris sulla sua esperienza come sceneggiatore per Theo Angelopoulos

La scelta del genere tuttavia non ha mai distolto Markaris dalla sua antica passione politica e sociale. Non c’è episodio in cui le indagini di Charitos non si ritrovino ad affrontare – volta a volta – la corruzione o la crisi economica, i maneggi intorno all’Olimpiade di Atene 2004 o i problemi che portarono il Paese alle soglia della Grexit.

Il nuovo romanzo del commissario Kostas Charitos

Nell’ultimo La congiura dei suicidi non poteva quindi mancare la pandemia, peraltro già presente nel precedente Quarantena. L’autore greco è stato infatti uno dei primissimi a fare del Covid argomento letterario. Questa volta torna in tema, e il virus non fa solo da “contorno” per descrivere poliziotti in mascherina, ma è il movente stesso alla base dei delitti, nonché dei suicidi del titolo.

C’è un commovente apparentamento anagrafico fra l’autore ottantacinquenne e le prime vittime che Charitos incrocia nel libro: tutti suoi coetanei e oltre, vogliono lasciare un messaggio ai più giovani, incitarli alla rivolta contro un governo e un sistema che li sta affamando e contro il quale loro, ai tempi di dittatura e Colonnelli, avevano agito anziché lasciarsi passivamente sopraffare.

È come un lascito ideale, da parte di uno scrittore politicamente mai acquiescente (e al momento, stando alle sue dichiarazioni, pesantemente negativo sul nostro futuro).

A fronte dei vecchietti che firmano le loro lettere d’addio “Viva la congiura dei suicidi!”, ci sono poi i più giovani, che nella lotta contro i vaccini si presentano come “I combattenti del 2021”.

Nel caso Matteo Bassetti leggesse il libro di Markaris, potrebbe tirare un sospiro di sollievo: in Grecia gli infettivologi per fiction non vengono solo minacciati ma fatti fuori con spranghe o piloni di cemento. Non che La congiura dei suicidi sia un mero manifesto pro vax. Il commissario sulle motivazioni di chi non vuole vaccinarsi indaga, ne approfondisce le motivazioni, ascolta gli argomenti di chi ragiona sulle scarse informazioni legate agli effetti collaterali futuri.

D’altra parte, Kostas oltre che un poliziotto è un nonno (molto ligio: ogni volta che in pandemia va a trovare il nipotino si cambia completamente d’abito), usa l’arma della ragionevolezza anche a fronte dell’esaltazione, e gli tocca naturalmente mediare fra un ministro che vuole tutto-subito e una realtà molto più sfaccettata. Dove c’è chi, esattamente come in Italia, rischia di chiudere negozi e ristoranti. E chi, invece, su tutto questo si arricchisce.

In mezzo, ci sono le indagini, inframmezzate dagli sms che in Grecia equivalevano alle nostre autocertificazioni, dal lockdown, dagli assalti ai camion che trasportano i vaccini e dalle tensioni in casa per l’iper lavoro del medico. C’è anche il consueto uso del vocabolario, cui Charitos ricorre a ogni storia: in questo caso, quello che vuole approfondire è naturalmente il lemma virus, “s.m. inv. dal latino virus, veleno”.

E c’è un suggerimento (auto-promozionale?) dell’amica di famiglia Mània, psicologa: “Quando non riuscite a trattenere il nervosismo, vi consiglio di guardarvi un film. Ma solo commedia e polizieschi: niente drammi. Le commedie ci fanno ridere, mentre con i polizieschi sei preso dalla trama e dimentichi i tuoi guai”.