Il sesso e la carne secondo Franco Branciaroli

Il teatro lo calca da più di cinquant’anni e nella sua carriera ha dato voce ai drammaturghi più grandi, da Shakespeare a Calderón de la Barca, da Ibsen a Goldoni.

Nell’ultima stagione sta recitando le parole di Nathalie Sarraute ed è protagonista con Umberto Orsini di Pour un oui ou pour un non, tutto giocato sugli estremi cui possono condurre i fraintendimenti verbali o di pura intonazione (un po’, spiega, come spesso succede con i messaggini e le grandi litigate che possono nascere per un punto interrogativo dimenticato o un senso non compreso).

È anche per questo – perché “la frequentazione con i capolavori dell’umanità che ho ripetuto centinaia di volte poi mi è entrata nel cervello” – che ha deciso di scrivere. E così, a 74 anni, Franco Branciaroli debutta come romanziere con La carne tonda.

A pubblicarlo è Aragno: specializzato in testi compilati più per ragioni accademiche che di vendite, a differenza di altri colleghi l’editore non si è spaventato quando si è trovato a leggere queste pagine scritte in prima persona: un monologo che ospita tante voci e tante storie, denso di sesso in accezioni variabili, di scatologia, di cocktail e pranzi.

Quello però cui l’autore tiene in modo speciale è che se ne apprezzi lo stile. Uno stile che probabilmente sarebbe piaciuto a Giovanni Testori, con cui l’attore ha avuto una lunga frequentazione, scrittore che ha costruito ottime opere impastando lingua e potenti neologismi fatti di lettere e carne.

Oggi, invece, la lettura più apprezzata, stando alle classifiche, è quella che scivola via con troppa facilità, osserva Branciaroli. “A leggere sono le donne e tante si accontentano di stili molto basici: per loro, il mio è un linguaggio un po’ impegnativo. Non è questione di contenuti sessuali, visto per esempio il successo che hanno avuto tutte quelle Sfumature. Il fatto è che qui c’è uno stile che se non sei un lettore appassionato e che si diverte ti può risultare ostico”.

Come ostica può diventare l’impresa di trovare il libro. La carne tonda non ha una distribuzione forte, meglio prenotarlo o andare sul sito della Feltrinelli, mentre “Amazon mette condizioni capestro: dovresti garantirgli un numero di copie impensabile per noi”.

Ipotizzando allora di trovarlo e quindi di aprirlo, che cosa si scopre? Pochi tocchi autobiografici, come il racconto della nascita nelle risaie, e di un mondo vissuto da bambino, “che è il mondo della carne, ormai plastificata”.

Alcune descrizioni della “Milano che non conta”. In particolare, quelle ambientate nel Bar Basso dove “ho passato anni: quando si poteva fumare era un luogo erotico, con tutte le boiserie, i lampadari di cristallo, le vodke Martini portate in un secchiello di ghisa con dentro un alambicco di ferro… L’aperitivo durava due ore, non mangiavi ma bevevi e basta, uscivi sconvolto. Adesso fanno gli apericena, e io non ci vado più”.

Molta carne. Da apprezzare con il bollito, ma da gustare anche sia nella versione “tonda” di una gravidanza ultimo step, sia in quella “frolla” delle vecchiette concupite dal portinaio.

In mezzo, tante citazioni. Più o meno riconoscibili. Rabelais, per esempio, con cui Branciaroli condivide una visione ghiotta del sesso: “Nella galleria d’arte moderna il mio protagonista fa la cacca e si pulisce il culo con una gallina, e in Gargantua Rabelais fa un elenco di cose morbide e al primo posto c’è il papero”.

Altro riferimento: il portinaio, ispirato da Auto da fé di Elias Canetti. E poi Lolita, che l’attore aveva interpretato per Luca Ronconi. “Il finale della Carne tonda, che sfiora la pedofilia, è l’inversione di quello di Nabokov. Per Humbert Humbert la scoperta che Lolita è incinta è una catastrofe, perché così svanisce la bambina. Per me no, anzi”.

Lunga ed erotica scorre la scena. Ma, anche se un giorno dal libro si traesse uno spettacolo o un monologo, l’autore non teme censure: “Il mio libro è prosciutto tagliato a fette, una pornografia grassa, salvata da una comicità grottesca, non è per épater qui épater là. C’è sesso e ci sono risate, è questa la libertà, la mia gioia nello scrivere: godevo nel dare una sberla e rovesciare le attese. E la scrittura mi ha anche rincuorato un po’ da questo anno di terribile sofferenza che quasi mi ha portato alla depressione».

Così la notte, a televisore spento perché tutto ciò che era spettacolo gli dava la nausea, con un quadernone e alcune penne (il computer non lo sa usare), Franco Branciaroli ha dato vita alla sua Carne tonda e a quella libertà che “se fai l’attore è un po’ repressa, perché dipendi da scelte altrui. Mentre se scrivi un romanzo sei il padrone del mondo”.