La prima personale in Italia dedicata a JR, artistar francese diventato famoso nel mondo per i suoi progetti che uniscono fotografia, arte pubblica e impegno sociale, è ospitata nelle suggestive sale delle Gallerie d’Italia di Torino, recentemente riqualificate e adattate a spazio museale (meritano, da sole, una visita). JR – Deplacé.E.S., fino al 16 luglio, grazie alla curatela di Arturo Galansino e con la collaborazione con la Fondazione Compagnia di San Paolo, ha il doppio merito di “musealizzare”, e dunque indagare in maniera sistematica, la parabola artistica di un creativo contemporaneo che, pur con alcune notevoli eccezioni (ad esempio i “solo show” che gli ha dedicato la Galleria Continua, la prima a credere nel suo talento), predilige gli spazi pubblici per esprimersi.
“La mia arte è effimera“, ci ha detto “per questo è importante esporre anche in musei e gallerie: perché rimanga un segno, un documento. Oltre a ciò che rimane ovviamente nella nostra testa“.
Arte pubblica in spazi museali
La sfida di questa mostra che lascia il pubblico a bocca aperta (perché JR è bravissimo a catturare il nostro sguardo con immagini iconiche e indimenticabili) sta tutta nell’ “imbrigliare” i progetti fotografici di JR, pensati en plein eir, quasi tutti di grandi dimensioni, spesso realizzati grazie a performance coinvolgendo le comunità locali, negli spazi di un museo, ampi ma comunque chiusi.
Eppure, questa mostra che occupa tutti i 4mila metri quadrati delle Gallerie d’Italia di Torino riesce nell’intento di testimoniare tanto l’abilità tecnica dell’artista francese capace, attraverso una squadra che negli anni è diventata sempre più numerosa, di trasformare la fotografia in una nuova forma d’arte che mescola lo scatto alla Land Art, quanto di spiegare come l’attivismo di JR sia il cuore del suo progetto creativo.
JR, artista e attivista
Ex ragazzo di banlieue, è nato da genitori tunisini e ha vissuto a Montfermeil, un sobborgo di Parigi, ha un precoce talento creativo: trova una macchina fotografica nella metropolitana e comincia a usarla per documentare i graffiti dei suoi amici, nel suo quartiere.
Quando nel 2005 scoppiano nelle periferie della capitale francesi le rivolte più feroci, i suoi lavori finiscono sul New York Times. Senza avere una propria formazione accademica, JR riesce a imporsi prima sulla scena alternativa poi attirando l’attenzione di critici e gallerie grazie al suo stile straordinariamente originale, come dimostrano anche le opere esposte a Torino.
JR, oggi nemmeno quarantenne, fin dagli inizi della sua carriera ha puntato su progetti di arte pubblica che avessero il maggior impatto possibile sulla gente comune. È accaduto anche quando la committenza era di quelle da far tremare i polsi come quando, nella primavera del 2019, venne invitato dal museo del Louvre a realizzare uno dei suoi allestimenti fotografici nel cortile principale e lui, con un gioco ottico di rara raffinatezza prospettiva, riuscì a “far sparire” la celeberrima Piramide agli occhi dei passanti.
Innamorato della poesia del quotidiano (illuminante, a questo proposito, il documentario che ha firmato con la grande regista della Nouvelle Vague Agnès Varda e che gli è valso una candidatura all’Oscar nel 2018), JR non è un artista-attivista di facciata: molti i progetti sociali che sostiene, come la mensa per persone in difficoltà alla Madeleine di Parigi e, da anni, una scuola nella favela di Rio.
In mostra tutte le contraddizioni del presente
A margine della mostra torinese, dove è possibile osservare uno accanto all’altro gli interventi più significati degli ultimi anni dedicati ai rifugiati (a Torino l’arista ha fatto anche una perfomance-installazione che ha coinvolto 2000 persone in piazza San Carlo) JR ha posto l’accento sulle complessità e sulle contraddizioni del presente: “Nel 2022, il numero di persone costrette a fuggire dal proprio luogo di residenza a causa di persecuzioni, guerre, violenze e violazioni dei diritti umani ha superato la minacciosa soglia dei 100 milioni. Questa emergenza è ora aggravata dalla carenza di cibo ed energia, dall’inflazione e dalle crisi legate al clima. In molti Paesi dell’Africa, del Medio Oriente, del Sud America, alle porte dell’Europa, le popolazioni sono costrette ad abbandonare le proprie case per assicurarsi la sopravvivenza altrove. La guerra in Ucraina ha provocato il più improvviso e uno dei più grandi esili forzati dalla Seconda guerra mondiale. Questa geografia della delocalizzazione forzata costituisce luoghi off-limits che ricevono un’eccessiva attenzione mediatica e sono allo stesso tempo invisibili“.
Valeriia, Thierry, Andiara, Angel, Jamal, Ajara, Moise e Mozhda sono i nomi e i volti dei bambini che incarnano queste migrazioni forzate e che troviamo riproposti nei significativi progetti esposti alle Gallerie d’Italia: ingrandendo il loro ritratto su enormi teloni, durante performance collettive organizzate nel cuore del loro transitorio ambiente, JR restituisce a questi bambini-simbolo un’identità che è stata loro privata.
Vediamo in mostra foto e video scattate sulla Piazza dell’Opera di Lviv in Ucraina, nei campi di Mugombwa in Ruanda, a Mbera in Mauritania, a Lesbo, in Colombia: vediamo i corpi di questi bambini che corrono, con il loro sorriso ribelle, per conquistare il loro posto nel mondo, osserviamo la loro forza vitale mentre si ostina a resistere contro il dramma dell’esilio e delle privazioni. Spiega ancora JR: “Al servizio di qualcosa di più grande, la mia arte crea tensione tra il visibile e l’invisibile per resistere alla banalizzazione delle prospettive”.
Quando si esce dalla mostra, quella tensione permane a lungo, sulla pelle.