Volete sapere la verità sul mondo della lotta a mani nude?

Chi vincerebbe tra Bruce Lee e Chuck Norris? Sono più efficaci gli attacchi del karate oppure le difese del judo?

Posto che nessuno – ma non c’è bisogno di dirlo – avrebbe la benché minima chance contro il Tocco della morte del Kung-Fu: solo alcuni degli interrogativi e delle dubbie certezze di un paio di generazioni del Novecento davanti al fascino misterioso delle arti marziali sbarcate in Occidente grazie a film per il resto dimenticabilissimi come Con una mano ti rompo, con due piedi ti spezzo oppure Cinque dita di violenza.

Poco si sapeva e ancora meno si capiva di quelle tecniche esotiche e così ogni opinione era legittima, almeno fino a una dolorosa smentita.

Il giudizio universale calò sul mondo delle arti marziali il 12 novembre del 1993 quando, a Denver, si tenne il primo evento della UFC – Ultimate Fighting Championship.

Alla McNichols Arena si sfidarono otto uomini provenienti da altrettanti stili di combattimento all’interno di una gabbia ottagonale e con pochissime regole: l’evento fu una triste rivelazione per sette di loro ma, per il mondo, fu l’alba delle moderne Mixed Martial Arts, o MMA.

Uno sport oggi globale e ricchissimo che si basa proprio sull’ibridazione di diverse tecniche di combattimento, in piedi e a terra, in cui si può vincere per KO, per leva articolare oppure per strangolamento. Ed è proprio grazie ai campioni delle MMA che oggi sappiamo quali tecniche sono efficaci nella realtà e quali vanno invece bene soltanto per le coreografie di un film.

Un vantaggio non da poco rispetto a 40-50 anni fa, ma la confusione è ancora tanta e i bivi particolarmente infidi, visto che le conseguenze di un “fraintendimento” possono essere molto dolorose.

Proprio per fare luce sugli equivoci, tecnici e non solo, che ancora circondano il mondo del combattimento a mani nude, Federico Tisi ha scritto La forza tranquilla – Lezioni sul combattere, appena uscito per i tipi di Giunti.

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Quarantotto anni, di origini mantovane, Tisi è il pioniere italiano del brazilian jiu-jitsu, disciplina lottatoria nella quale ha collezionato diversi allori internazionali e che oggi insegna nella sua accademia con sedi in tutti Italia.

La Forza Tranquilla non è una autobiografia né tantomeno un manuale tecnico quanto piuttosto un libro sapienziale con vaghi tratti di memoir nel quale l’autore indaga l’arte del combattere affrontando, oltre agli aspetti tecnici, atletici e pratici, anche quelli psicologici, morali e didattici.

Il libro si articola in quattro sezioni: La mente che combatte; Il corpo che combatte; Il gesto del combattere; Imparare a combattere. E in una ventina di capitoli infarciti di ricordi, aneddoti e citazioni che affascineranno il neofita e suoneranno probabilmente molto familiari al praticante.

Dopo aver illustrato cosa, come e quanto sia necessario allenare a seconda degli obiettivi che ci si pone, Tisi, avvalendosi del supporto di un paio di psichiatri, approfondisce i temi della paura e della violenza, della disciplina e della motivazione e, in sostanza, della stessa natura umana sempre in bilico tra regole e istinti.

Federico Tisi

Poi c’è la sezione dedicata al combattimento vero e proprio con una disamina approfondita e mai pedante dei concetti di spazio e tempo, attacco e difesa, lunga, corta e media distanza, e una rassegna delle tecniche fondamentali di pugni, calci, proiezioni e sottomissioni.

Infine, la parte destinata alle dinamiche di apprendimento contiene riflessioni per nulla scontate sulla figura chiave dell’insegnante e sulle sue degenerazioni, sulla differenza tra scuola e squadra e sui rischi che si corrono nel fare confusione tra le due.

Se la prosa di Tisi è efficace nel commisurare ironia e franchezza, il grande merito dell’autore è quello di rifuggire la retorica che spesso circonda il mondo marziale, smascherando, anzi, le ipocrisie e le bugie edificanti con le quali si cerca di rimuovere gli aspetti più inquietanti del combattimento.

La Forza tranquilla non ha la pretesa di insegnare a tavolino come combattere né tantomeno come vivere, ma coltiva l’ambizione non banale di essere una guida per chi voglia addentrarsi per la prima volta nel mondo del combattimento.

O per chi ci sia già dentro ma abbia smarrito la via.