La lettura è “sovrana” con Anna Bonaiuto

La voce – bassa, calda, speziata di tante sigarette – è quella che al pubblico dei Dialoghi di Pistoia legge la storia de La sovrana lettrice, ossia della Regina Elisabetta, che scopre l’esistenza dei libri e il gusto della lettura, preferendolo ai noiosi impegni di corte.

La voce appartiene ad Anna Bonaiuto, 72 anni, molto cinema (premiato con il David dell’Amore molesto o la Coppa Volpi di Venezia per Dove siete? Io sono qui) e teatro, con qualche incursione nella televisione, dove l’abbiamo vista ultimamente nei panni della pm della serie Il Re con Zingaretti o in quelli di Giuliana Saladino, mentore di Letizia Battaglia, in Solo per passione.

Sono molto felice di questa lettura perché in questi momenti di angoscia qualcosa di intelligentemente leggero fa piacere, e Bennett – scrittore di grande ironia e spirito d’osservazione – è un campione. Inoltre, ama molto le donne, racconta come siamo aperte al cambiamento, accoglienti, empatiche: non avrebbe mai potuto scrivere un Sovrano lettore”.

Secondo lei, la Regina lo ha letto?

Sì, però non ne parlerà mai, come non ha parlato per il film The Queen. La sua classe si tiene fuori dai commenti del mondo.

Bennett ci sta tutto in una lettura?

Ho dovuto fare qualche taglio per arrivare a un’ora e un quarto di lettura. Io leggo molti audiolibri e so che dopo un certo tempo l’attenzione cala.

La lettura in presenza però è diversa dagli audiolibri.

Sì, perché il mio corpo, la mia persona, le mie pause sono concreti. Mentre quando faccio un audiolibro devo tener presente che se hai davanti a te la pagina con l’occhio puoi riagganciare le parole che magari ti sei perso, se ti sei distratto.

Quindi è un compito difficile quello della lettrice.

Il testo più complicato che ho letto è La strada di Swann: i pensieri di Proust sono lunghi trenta righe, con parentesi e digressioni. Quando hai davanti la pagina, i segni -parentesi, virgole – ti aiutano. Se invece devi restituirli solo con la voce è complesso, ti aiuti con il levare, il battere, il chiudere dei toni. Ma devi sempre cercare di entrare il più possibile nello spirito dell’autore, di restituirne la musica e l’armonia. Senza prevaricarlo, ma mettendoci comunque dentro quello che senti e lasciando a chi ascolta il diritto di interpretare.

Non è che è venuta anche a lei la voglia di scrivere un libro?

Uno lo avrei anche in mente, ma sono pigra. Avrebbe a che fare con l’infanzia. Però, come mi dicono in casa editrice, l’infanzia non tira. Non vorrei comunque raccontare me stessa per vanità, parlerei della fatica delle donne, di come tutto il dolore cominci da bambine. Però bisogna sapere perché si scrive, per chi: non basta prendere la penna.

Lei è una lettrice accanita?

Soprattutto dei libri di carta. Anche se capisco l’utilità degli audiolibri quando viaggi, o magari sei solo in ospedale. Sul comodino adesso ho Crossroads, l’ultimo di Franzen, che è sempre geniale anche se stavolta un po’ pesantone.

I Dialoghi di Pistoia quest’anno sono dedicati al tema del narrare. Secondo lei, quanta importanza ha oggi – in tempi di televisione, social, mondo digitale – il racconto orale?

È fondamentale. La comunicazione oggi va a una velocità spaventosa, è fatta di frammenti rapidi che si susseguono. Mentre la narrazione è preziosa nel suo usare i tempi lunghi del racconto. La dice anche La regina di Bennett: la lettura non è un hobby per il tempo libero, è il bisogno di ascoltate qualcuno che ti narra una storia. È nata così la cultura, pensiamo a Omero e agli aedi. E poi dal narrare nasce il teatro, che è raccontare qualcosa a un altro che ascolta. Ma ce lo dicono anche le incisioni rupestri, che narravano per immagini la vita di allora, la caccia ai bisonti.