La sharing economy dell’inconscio

Cosa succederebbe se tutti noi cominciassimo a condividere con gli altri non solo tutti i nostri ricordi, ma anche la nostra coscienza? Quali conseguenze potrebbero esserci per le nostre vite e il mondo in cui viviamo?

Nel romanzo La casa di marzapane (Mondadori, 384 pag., 22 euro) la scrittrice americana Jennifer Egan immagina una società dove i like dei social network sono stati superati da una tecnologia che consente a chi la utilizza di accedere a qualsiasi ricordo abbia mai avuto e di condividerlo con il resto degli utenti in cambio dell’accesso ai loro ricordi.

Tutto questo accade in un’epoca molto vicina alla nostra, nel 2025, grazie all’intuizione di un guru della tecnologia, Bix Bouton, ricchissimo proprietario della società Mandala, che a quarant’anni si sente svuotato, teme di non avere più talento né idee e, poiché le persone che lo circondano gli dicono solo quello che vorrebbe sentirsi dire, un giorno decide di unirsi in incognito a un gruppo di discussione universitario formato da professori della Columbia. Per non farsi riconoscere, si traveste da studente con tanto di dreadlock, le treccine che portava quando, ancora ventenne, non immaginava quale futuro di successo avrebbe avuto.

Bouton partecipa così a una discussione stimolante. Ascolta gli studiosi parlare di esperimenti per estrapolare la memoria degli animali e condividerla con gli esseri umani.

Siamo in grado di caricare su un supporto esterno le percezioni degli animali”, gli spiega una di loro, “utilizzando dei sensori cerebrali. Per esempio, posso acquisire una parte della coscienza di un gatto e poi vederla con un casco per la realtà virtuale, come se io fossi il gatto. In sostanza, questa cosa ci aiuterà a capire quello che percepiscono gli animali, e come, e quello che ricordano… come pensano, insomma.

Bix Bouton va via infervorato dalla speranza, sente nascere dentro di sé l’ispirazione per tornare a creare. Sul treno della metropolitana, però, incontra una giovane donna che era presente alla riunione e deve continuare a fingere di essere un’altra persona. Finisce così per scendere a una fermata diversa dalla sua. Cambia percorso e si ritrova nel luogo dove da studente aveva visto un giovane annegare. Spinto dal desiderio di ricostruire i dettagli di quell’incidente, Bouton sente che deve trovare un modo per rendere i ricordi ricercabili e di nuovo fruibili.

Nasce così Riprenditi l’inconscio, una macchina a forma di cubo dove le persone caricano la propria memoria e la mettono in comunione con gli altri.

È un successo: la gente inizia a usare la macchina per investigare sulle cose che non potrebbe sapere altrimenti. I figli ormai cresciuti di un uomo scomparso riescono a vedere un giorno importante della vita del padre e a capire che cosa stava pensando prima di sparire.

Una donna rivede se stessa a sei anni attraverso gli occhi del genitore nel giorno in cui lui, dopo una strana avventura in una fattoria di marijuana, aveva deciso di stravolgere la sua vita divorziando. La ragazza, che aveva subito le conseguenze di questa decisione, finalmente trova una risposta alle sue domande su che cosa era successo quel giorno di tanto importante da indurre in suo padre un tale cambiamento.

Riprenditi l’inconscio dilaga. Tutti, o quasi, sono disposti a cedere la propria memoria alla “coscienza collettiva per rivisitare i propri ricordi, rammentare quello che hanno dimenticato oppure conoscere i ricordi degli altri.

Gli effetti positivi sono sotto gli occhi di tutti: persone scomparse vengono ritrovate, ladri e molestatori vengono arrestati grazie ai ricordi delle loro vittime, malattie come l’Alzheimer e la demenza senile vengono curate.

Ma c’è un prezzo da pagare, ed è altissimo: “Non ci si ferma mai lì. Il collettivo funziona come la gravità: quasi nessuno riesce a resistergli. Alla fine, si cede su tutto. E il collettivo, per questo, è sempre più onnisciente“, afferma Chris, uno dei personaggi contrari a questo meccanismo che sta seducendo e imprigionando tutti allo stesso modo in cui la casetta di marzapane in mezzo al bosco e le lusinghe della strega cattiva avevano finito per imprigionare Hansel e Gretel, prima che entrambi riuscissero a scappare.

Jennifer Egan racconta le conseguenze di questo nuovo “mondo” attraverso un via vai di personaggi i cui percorsi di vita si intersecano nel corso di decenni. Alcuni di loro li avevamo già conosciuti nel suo romanzo più famoso, Il tempo è un bastardo, per il quale nel 2011 ha vinto il premio Pulitzer per la narrativa.

Ma niente paura: questo nuovo romanzo non è un sequel, non è necessario aver letto il primo libro per capire il secondo. La casa di marzapane è un libro autonomo e a tratti ipnotico dove alcuni personaggi ci conquistano e altri hanno l’effetto di respingerci.

Tutti, però, ci mostrano come la tecnologia possa cambiare l’esperienza umana e ci spingono a chiederci quanto siamo disposti a cedere alle nuove tecnologie e, soprattutto, se siamo onesti nei nostri rapporti con gli altri e con noi stessi.