La vita agra degli aspiranti scrittori di successo

Cambiò il paesaggio, il colore del cielo e il ritmo dei giorni: anche se erano sopravvissuti “gli acciottolati lombardi, le carraie in pietra chiara e i ciottoli del Ticino”, l’Italia, convertendosi alla logica del boom economico, aveva deciso di percorrere un’altra strada. Modificando la marcia dallo stile militare alla cadenza delle scale mobili e dei tram, adattandosi subito a un’altra musica e un altro stile, simile al battito tropicalista di Andare, camminare, lavorare di Piero Ciampi.

Produrre e portare risultati, demandando alle segretarie, spiando i colleghi, addomesticando e addomesticandosi al padrone. Non un’interruzione da poco per l’umanità che usciva “dai ruderi, dalle chiese, dalle pale d’altare, dai borghi”, come ricordava Pier Paolo Pasolini, eppure, come descriverebbero ancora oggi i giornali e gli analisti: un cambio necessario, che non si poteva evitare. Anche la cultura non è dispensata dal tenere il passo, anzi la transizione impone un rapido corso per inserirsi al meglio nel ciclo produttivo. 

Così Luciano Bianciardi compila nel 1967 in sei comode puntate sulle pagine del settimanale ABC, un libretto d’istruzioni per rubare i segreti del mondo editoriale, una breve ed efficace scuola – come i tempi della produzione impongono, s’intende – per diventare intellettuale anche se completamente privo di talento. Non leggete i libri, fateveli raccontarepubblicato per la prima volta nel 2008 da Stampa Alternativa ed edito nuovamente nel 2022 da Neri Pozza – è il tentativo meno gotico e più brillante di giocare a creare mostri come Mary Shelley con Frankenstein.

Luciano Bianciardi (1922 – 1971)

La creatura di Luciano Bianciardi deve rispondere a delle caratteristiche precise: privo di scrupoli, con nessuna velleità artistica, ma semplicemente l’ambizione della carriera, il Nostro – come il suo istitutore usa chiamarlo – deve abitare la sfumatura e il non definito regno dell’apoliticità, ammiccando, per l’occasione, alla nostalgia monarchica se in territorio meridionale.

L’importante è non “dichiararsi fascista: è provato ormai che il fascismo, commercialmente, non rende”, e se il centrosinistra, come ultima possibilità gli va anche bene, sarebbe necessario aggiungervi “un po’ più di spirito della frontiera, alla Kennedy”, consiglio che sembra aver accolto il partito democratico italiano decenni dopo, disperdendo l’antica radice ideologica. 

Dalla politica all’arte, così come dalle mete di viaggio ai giudizi sulle persone, fondamentale per il nuovo intellettuale è saper confezionare un’opinione con la certezza che realizzi un effetto: luoghi comuni per ottenere consensi, ribaltamenti soggettivi per mostrarsi.

Da piano aziendale, niente deve essere lasciato al caso: l’istruzione può sì attestarsi sulla sufficienza – “Nessuna persona seria e pratica vuole oggi formarsi: basta informarsi”. Lo ripeterà in altri termini anche Carmelo Bene, anni dopo, parlando della stampa – ma per il percorso universitario deve seguire indirizzi diversi e perdersi. La scrittura, un impegno secondario e sporadico, il vincolo del matrimonio necessario, ma solo se con una donna più grande ed ex amante di scrittori, pronti ad inserire il Nostro in case editrici e circuiti intellettuali. 

Luciano Bianciardi a Milano negli anni Sessanta

Come il nuovo regime economico va a sostituire il metodo scientifico, Bianciardi segue una scrittura essenziale e diretta, ricca di esempi concreti, per descrivere il vuoto che si sta per lasciare alle spalle: nel 1967 lo scrittore ha già lasciato la sua Kansas City, Grosseto, l’ambiente culturale della provincia – secondo Carlo Cassola –  che doveva sostituire quello decadente delle grandi città, per Milano. 

È stato già licenziato da Feltrinelli, tradotto gli americani e scritto La vita agra. Bianciardi abita un oltre in cui la delusione ha lasciato il posto all’irrisione, dove ogni cosa non lascia che presagire il confezionamento di un prodotto in scatola, soprattutto per l’arte.

Del resto, Andy Warhol e i suoi Campbell’s Soup Cans insegnano. Anche un manoscritto inedito – come descrive nel capitolo finale – seguirà un iter da barattolo: messo a votazione, approvato e specialmente pubblicizzato.

Con conversazioni che ricordano l’episodio La musa de I mostri di Dino Risi – “Com’è il titolo? Ah sì, il traghetto, il traghetto. Questo passaggio del lago, che è anche simbolico, con la gerla piena di sigarette, gli spalloni, che poi sarebbero le idee veramente europee, trafugate qua da noi, come un furto, una cosa proibita” – Bianciardi precisa che l’ufficio stampa serve solo per raccogliere ritagli dei giornali, ma la vera diffusione dei libri è affidata alle cene, al whiskey e ai salotti. All’abilità dei Nostri/Mostri che li abitano.

Una guida per il nuovo mondo, Non leggete i libri, fateveli raccontare, una panoramica segreta che entra negli uffici, salotti letterali e camere da letto non con l’utopico intento di poter cambiare le cose, ma se il mondo culturale non può essere rivoluzionato, tanto vale riderne.