Michel Bussi, le roi du suspense, racconta i “segreti” del mestiere

Ho un ricordo preciso: nella mezz’ora che mi ci voleva per andare a prendere il latte alla fattoria, mi inventavo il seguito di una storia che avevo appena letto o di una serie tv che guardavo, come, per esempio, Bonanza. Mi divertivo anche a immaginare dei racconti di avventure o western, costruendoli capitolo per capitolo. Non li scrivevo, ma me li ricordavo a lungo, per mesi. Poi, me ne dimenticavo”.

Ai tempi di queste prime memorie, Michel Bussi – nato nel 1965 – aveva sei anni, viveva a Louviers, in Normandia, e mentre con la fantasia componeva già romanzi, non immaginava che prima di arrivare a fare di questo una professione avrebbe dovuto aspettare di superare i 40.

Così come non sapeva che tutt’altro sarebbe stato il genere che ne avrebbe fatto uno degli scrittori francesi più noti, uno da 10 milioni di copie vendute e traduzioni in 36 Paesi. È giallo, infatti, il colore del successo di questo autore che nella prima parte della sua vita è stato professore di geopolitica all’Università di Rouen.

Il flashback nell’infanzia fa parte del libro su La fabrique du suspense, che Bussi ha recentemente pubblicato. Pochi autori best seller resistono alla tentazione di svelare le origini del mestiere, e lo scrittore normanno lo fa con memorie, pagine recuperate da quaderni scolastici, insistenza sulla propria iniziale passione per quel jeu de mots che è caratteristico di tanta scrittura (letteraria ma anche giornalistica) francese.

Però, è naturalmente con i romanzi che il lettore si può divertire a ricostruire la “fabbrica della suspense” di Michel Bussi, a individuare – all’interno di intrighi ogni volta diversi – ricorrenze e trucchi.

L’ambientazione varia: il giallo può svolgersi Normandia (di preferenza), oppure in Corsica, a Parigi o nell’isola della Réunion. Ma c’è un filo conduttore che attraversa un po’ tutti i libri. Ha a che vedere con la sospensione dell’incredulità, una danza (preferibilmente macabra) con l’impossibile, che ti spinge fino a ipotizzare uno sforamento narrativo nel fantastico, per poi ributtarti a terra, alle prese con spiegazioni reali, per quanto improbabili.

Forse anche per questo quando gli è stato chiesto come mai nei suoi gialli non abbia mai dato vita a un proprio Maigret, a un commissario o a un investigatore cui affidare ogni volta nuove indagini, Bussi si è detto non interessato: il poliziesco dovrebbe seguire un filo logico nelle indagini, più di tanto non potrebbe cercare di fregare il lettore.

Il paragone – visto che il piccolo Bussi amava il cinema, e visto che l’amore è stato ricambiato da diverse serie tv – potrebbe piuttosto essere Viale del tramonto: un racconto in prima persona narrato da un protagonista morto. Stratagemma letterario o cinematografico, in ogni caso avvincente.

Ninfee nere, forse il più amato in Italia, ambientato nella Giverny dove visse Claude Monet, il gioco delle tre carte lo fa con altrettante donne e sfalsamenti temporali. Tempo assassino, che si svolge in Corsica dove anni prima avvenne un terribile incidente e dove la protagonista decide di tornare, flirta con l’aldilà e le apparizioni di fantasmi, salvo poi fornire una logica (per quanto ai limiti dell’inverosimile) spiegazione sulla madre morta-non-morta.

Se l’intreccio sembra di averlo già sentito, è perché ha ispirato la fiction L’ora della verità, con Mathilde Seigner e Caterina Murino, trasmessa su Canale 5. Così come una miniserie è stata tratta da Un aereo senza di lei, dove il tema dell’identità volatile fa precipitare, assieme all’aereo e a tutti i suoi passeggeri eccetto (forse) una bambina, ogni certezza.

Ancora un bambino, ancora il tema del doppio per il titolo più recente tradotto in Italia, Nulla ti cancella. In questo caso il mistero è quello di Esteban che, scomparso sulla spiaggia della Costa Azzurra, miracolosamente “pare riapparire” a distanza di dieci anni in Alvernia.

Dice lo stesso autore: “Mi piace portare il lettore sull’orlo del precipizio, mollarlo e riacchiapparlo all’ultimo momento”. E anche questa volta il gioco del precipizio non si limita a un singolo mistero da spiegare, coinvolge altre persone. Persone di cui Bussi non fornisce nomi ed età: siamo noi “pivelli” lettori a costruire un identikit, che regolarmente si rivelerà sbagliato, mentre la “fabbrica della suspense” procede armoniosamente, mattone su mattone.

In Nouvelle Babel, il nuovo romanzo uscito in Francia e non ancora arrivato in Italia, lo scrittore decide invece di spostarsi fuori dai confini, viaggiando da Rio a Samarcanda, dalla giungla birmana a un’isola in mezzo all’Atlantico, Tristan da Cunha. Una babele di luoghi e di assassinii, che andremo a scoprire.

Nel frattempo il professor Michel Bussi, geopolitico in aspettativa all’università ma sempre attento al mondo che ci circonda, ha seguito con partecipazione le presidenziali francesi. Interrogato da France Télévisions ha commentato che “la vita politica è molto più diversificata di quella che si è imposta al ballottaggio (…) un elettore di sinistra come me si è trovato davanti a un dilemma morale”.

Nessun dilemma invece come scrittore: “La prima richiesta che vorrei fare ai nuovi ministri della Cultura e dell’Istruzione, per non annoiare i ragazzi, è di eliminare tutti i classici dalla scuola e rimpiazzarli con autori contemporanei e viventi”.

Exit Flaubert, entri Bussi.