Nanni Moretti raccontato alla mamma

Tante, troppe cose Giovanni Bogani non aveva raccontato alla madre quando era ancora in vita. Non per ostilità o distrazione. “Mamma era una donna ansiosa. Ho dovuto tenerla all’oscuro di molti viaggi che ho fatto per lavoro. Se avesse saputo che ero lontano migliaia di chilometri sarebbe andata nel panico”.

Una volta, mi racconta, riuscì a stare via una settimana intera fingendo di essere a due passi da casa. “Ogni giorno mi chiamava: ‘Passi a cena che ho preparato questo o quest’altro?’. E io a inventare scuse fantasiose. Ma ce l’ho fatta, non ha mai sospettato nulla”.

Bogani è un giornalista e uno scrittore. Come giornalista, si occupa di cinema, cultura e spettacoli per il quotidiano La Nazione. Come scrittore, oltre che di cinema, scrive (anche) di sé.

Il suo ultimo libro, Altri Attimi. Finché avrò forza di ricordare, che ha presentato di recente al Cortinametraggio 2023, è il secondo capitolo di una trilogia cominciata con Ancora un attimo, per favore. Una straordinaria vita qualunque e che si chiuderà prossimamente con un nuovo libro di cui ha già deciso il titolo: Facciamo la pace.

Gli attimi cui fanno riferimento i due titoli hanno a che fare con la storia della sua famiglia, di sua madre soprattutto: “Perché ho capito quanto fosse importante quando ormai con c’era più. Dopo un conflitto adolescenziale andato avanti anche quando di anni ne avevo trenta, quaranta, cinquanta, ho voluto tornare bambino per raccontare un amore non detto”.

Anche se si tratta di una sorta di memoir in forma di brevi racconti in cui l’infanzia, i genitori si mescolano ai viaggi e agli incontri avvenuti nel corso dei decenni per lavoro o per passione, spesso per entrambe le ragioni, Bogani lo definisce “un romanzo”. “Perché la mente mente. Spesso siamo convinti di ricordare episodi vissuti in passato che, in realtà, non sono veri o appartengono a qualcun altro. Il neurologo Oliver Sacks raccontò in un libro di aver scoperto che il ricordo di un bombardamento su Londra quando era bambino non era suo ma di suo fratello. In quel momento non poteva essere in città, perché era già stato sfollato”.

Tra gli attimi che Bogani racconta nel libro molti sono incontri che non aveva mai condiviso con sua madre.

Come quello con Francesco Guccini che ricorda, “scoprii prima come poeta che come cantautore perché avevo letto i testi delle sue canzoni prima di ascoltarle. Ero un ragazzino quando mi avventurai a Pavana, sugli Appennini, per andarlo a trovare. Lui mi insegnò un giro di blues sulla sua chitarra, un regalo meraviglioso”.

E, anni dopo, con Umberto Eco. “Nel 1980, quando uscì Il nome della rosa, lavoravo come commesso nella storica libreria Marzocco a Firenze. Era il bestseller dell’anno e arrivarono migliaia di copie del libro, quintali di carta da spostare. Lo odiai immediatamente. Tempo dopo, però, lessi un altro suo libro, Diario minimo, e mi innamorai”.

Mai, però, avrebbe pensato di ritrovarsi con lui a cena a Nuova Delhi. “Ero in India, per tenere una conferenza all’Istituto italiano di cultura e scoprii che il giorno successivo il relatore sarebbe stato Umberto Eco. Andai a sentirlo, ovviamente. Al termine ci parlammo e accadde qualcosa di incredibile: cominciò a trattarmi come se fossimo colleghi. Andammo a cena insieme, lui col sigaro, un bicchiere di whiskey in mano, era rilassatissimo. Al contrario, io ero febbricitante: mi trovavo seduto accanto all’uomo che più di tutti mi aveva insegnato nella vita”.

Nel libro non potrebbero mancare personaggi cinematografici. Bogani, da vera “bestia da festival” ha incontrato centinaia di attori, attrici, star come Sharon Stone, registi e così via. Spesso più di una volta.

E ha intervistato Nanni Moretti. Un incontro speciale per diverse ragioni. Intanto perché chi lavora come giornalista nel mondo dello spettacolo sa quanto sia difficile ottenere un faccia a faccia con Moretti.

Bogani non solo ci è riuscito ma, nel libro, rievoca un episodio divertente. “Ero andato al cinema a vedere Bianca. Il giorno dopo, la ragazza con cui stavo all’epoca, mi disse: ‘Mi piacerebbe vedere Bianca’. A quel punto avevo due possibili risposte: ‘L’ho visto meno di 24 ore fa, direi che basta’. Oppure: ‘L’ho visto meno di 24 ore fa, ma per Nanni Moretti questo e altro’. Scelsi la seconda. Lo dissi mentre eravamo in fila davanti al cinema e, appena pronunciate queste parole, notai un tipo alto e magro vicino a noi con un’espressione compiaciuta”.

Era Moretti che Bogani avrebbe incontrato successivamente – e in modo “ufficiale visto che si trattava di un’intervista – proprio poche ore dopo essere stato lasciato da quella stessa ragazza. E in quell’occasione accadde un altro “miracolo”: “Moretti che di solito non presta grande attenzione al prossimo, dovette notare che ero sconvolto. Mi prese sottobraccio: ‘Stai bene? Vieni che andiamo a prendere un caffè’”.

Nel libro c’è anche un capitolo intitolato Avatar. Ma James Cameron non c’entra nulla. È un appunto recente, del 2022. Bogani era proprio al Cortinametraggio quando, durante una cena, un ragazzo gli raccontò che negli Stati Uniti stavano mettendo a punto un sistema di intelligenza artificiale che collezionando tutte le tracce che lasciamo in rete, dai social media alle email, dai video alle ricerche fatte su Google, è in grado di creare ologrammi di ciascun individuo che, oltre ad assomigliare all’originale, possono interagire come doppi senzienti.

Fotocopie virtuali con cui sarà possibile dialogare e condividere ricordi. Anche piccole banalità che non avrebbero ragione di trovare posto in un libro.