Chi mi conosce sa quanta antipatia nutra per un certo ambiente, diciamo così, letterario. Non è una questione, come dire, politica. Non ho niente contro gli scrittori e gli intellettuali in genere: giurin giurello. È solo che molti di voi non possono neanche immaginare quanto siano noiosi alcuni di loro: ho passato cene intere con tavolate di scrittori e poeti senza che nessuno, mai, dicesse una cosa tipo questo libro qua, l’hai letto?, oppure ti consiglio questo film, è veramente bello. Intendiamoci, la mia non è prosopopea, è solo che non mi piace annoiarmi, tutto qui. Mi scoccio di scocciarmi, ecco, forse perché sono una persona così, un po’ terra terra, e quando mi trovo a passare del tempo con qualcuno che ha un nuovo libro o un nuovo film in uscita, e mi tocca sentirlo parlare per ore di soldi e di arcinemici (non ne avete idea, tra gli intellettuali gli arcinemici sono più frequenti che nel mondo Marvel), io mi scoccio. Ora, quando dico questa cosa, in genere salta su quello che ribatte che non posso pretendere che uno sia sempre gradevole o interessante, che l’uomo è una cosa e l’opera è un’altra e yadda yadda yadda. E lì io me ne esco con il mio jolly di sempre: Le lettere di Groucho Marx (Adelphi).
A T.S. Eliot: Caro T. S., la sua fotografia è arrivata in ottimo stato e spero che questa lettera la trovi nelle stesse condizioni. Non credevo che lei fosse così bello. Se non le hanno ancora offerto il ruolo di protagonista in qualche film sexy, ciò è da attribuire solo alla stupidità dei responsabili del casting.
Non c’è dubbio che Groucho sapesse, o sperasse, che le sue relazioni epistolari venissero un giorno pubblicate. Quello che mi interessa sapere è che fosse, o si sforzasse di essere una persona, se non divertente, quanto meno gradevole.
A Peter Lorre: Sei sparito piuttosto misteriosamente l’altra sera, ma credo dipenda dalla vita criminale che meni nei film.
Per come la vedo io, i libri non si scrivono: si pensano. E non si smette mai di pensare, nemmeno per un momento. Ora, una cosa è se ci interessano, come scriveva Umberto Eco, le lettere di Ian Fleming in cui il giovane agente non ancora troppo segreto scriveva: “Vorrei baciarti sulla bocca, sul seno, sulle regioni più basse”. O se venisse alla luce che Manzoni a letto era un birichino e le sue due mogli sono morte sfiancate dalla sua satiriasi. Chi se ne frega. Come dice Eco, sono forme di feticismo. Ma mi piace pensare a Julius Henry Marx che prende carta e penna e non rinuncia a essere Groucho, che in quel caso finisce col coincidere, almeno in parte, con Julius.
A Goodman Ace: Ieri sera da Chasen’s ho visto Joe Di Maggio senza la sua tenuta da baseball. Un po’ scriteriato, mi pare. E se divampasse una partita in piena notte? Col tempo che perderebbe a mettersi in tenuta, addio partita.
Dice, ma faceva il buffone con i suoi amici, è normale. E invece no. Quando la Warner Brothers minaccia di far causa ai Marx che stanno girando Una notte a Casablanca (Archie Mayo, 1946) per via del fatto che il loro Casablanca (Michael Curtiz) è uscito qualche anno prima, invece di farsi prendere da smanie avvocatesche, Groucho brandisce carta e penna e comincia a prendere per culo la Warner Brothers e i suoi avvocati:
Non riesco proprio a capire il vostro comportamento. Anche se intendete rispolverare il vostro film, sono sicuro che col tempo lo spettatore medio imparerà a distinguere Ingrid Bergman da Harpo. Io non so se ci riuscirei, ma di sicuro mi piacerebbe provarci.
E ancora:
Voi sostenete di essere i proprietari di Casablanca e vietate a chiunque di usare questo nome senza il vostro permesso. Ma come la mettiamo con “Warner Brothers”? È vostro anche questo? Probabilmente avete il diritto di usare il nome Warner, ma Fratelli? Professionalmente, noi siamo fratelli da molto più tempo di voi.
Queste lettere, che Groucho continuava a spedire, finirono col mandare nel pallone l’ufficio legale della Warner, che alla fine si arrese. Non a cavilli legali o minacce di cause milionarie, ma alle sincere prese in giro di Groucho. Come vedete, qui c’è tutta la differenza tra il voler apparire una persona intelligente e gradevole e l’esserlo davvero. E lo so: non possiamo tutti essere Groucho Marx, e soprattutto non posso esserlo io, e la cosa mi deprime molto. Però uno può sempre provarci. Non è solo questione di scrivere, o di come scrivere: è come, e cosa si pensa.