Roma, la città eterna di Franco Cordelli

Roma, descritta da Franco Cordelli, è una trama per Christopher Nolan. In Tao 48raccolta di racconti, edita da La nave di Teseo, 2022 – lontana dall’essere semplicemente una geografia di indirizzi, è l’unica dimensione in cui passato, presente e futuro possano rincontrarsi in un solo gesto, azzerandosi.

La coordinata spaziale, che dà il titolo a ogni sezione, è il dato certo da cui partire e fissare un appuntamento tra ricordi lontani, teorie e visioni. Perché “il tempo è un accordéon”, un “serpente”, una forma d’inganno che “si tendeva e distendeva, a suo piacimento”.

Ed è con la stessa assoluta arbitrarietà e scrittura borgesiana che Cordelli riattraversa la sua biografia: scompone e accelera, cambia l’ordine, nasconde e sottrae capitoli che devono restare invisibili per formare una mappa di epifanie, congiunzioni di avvenimenti, in apparenza, lontani ed estranei. “Tutto questo significava il passaggio fulmineo dal principio alla fine, dal primo amore all’ultimo – e ritorno, naturalmente.” E se il tempo, nella sua circolarità, come un urobòro che si morde la coda, è una variabile che riflette e distorce in modo inesatto le sequenze, Cordelli da critico – e in questo caso, soprattutto, da alchimista – si serve dell’arte per ritrovare il baricentro e l’esatta collocazione degli eventi.

Se il film Il ragazzo dai capelli verdi rimette sullo stesso asse infanzia, giovinezza e maturità, è a Miranda ed Elena, personaggi femminili con echi shakespeariani, che si affida per interpretare segni tra ambiguità ed equilibrio, oppure quando “la visione era come un sogno”, per sconfiggere l’incantesimo della confusione tra “le epoche, le situazioni, gli avvenimenti, le persone”.

Tra corridoi di ospedali che si aprono e riavvolgono come i lunghi carrelli de L’anno scorso a Marienbad e la panoramica dei tetti di Roma che ricorda le sequenze de Il braccio violento della legge – come suggerisce il suo autore –  Tao 48, sia per evocazione che per scrittura, si presenta come forma mista, un ibrido perfettamente bilanciato tra letteratura e cinema.

Cordelli riesce a proiettare su carta la psiche e l’eros dei personaggi di Claude Lelouch, a far attraversare le spiagge come Anouk Aimée e Jean-Louis Trintignant – “La spiaggia, alle loro spalle, era tutta bianca, compatta, morbidissima. Si voltò e poté distinguere le orme dei loro piedi, che si erano avventurati nel deserto e nel silenzio” –  e a ritagliare spazi dalla superficie di ritratti per amici, madri, nonni, e soprattutto donne.

Franco Cordelli

Reminiscenza che non cede mai il passo ad una facile indulgenza. Ma è soprattutto per la corsa sfrenata, andando avanti e indietro nel tempo, che la scrittura di Franco Cordelli può essere letta come i crittogrammi e frasi palindrome di Amy Adams in Arrival di Denis Villeneuve: la capacità di saper leggere attraverso il tempo, spostandosi con la velocità di una cravatta che copre la faccia sbattuta dal vento.

Eternamente diviso, in viaggio, in questo andare e tornare, Tao 48 è una narrazione che non appartiene ad una sola lettura, ma presenta più stratificazioni – proprio come gli scavi archeologici di Roma – a partire dal titolo: dal simbolo del cammino e dell’energia che muove l’Universo all’acronimo di Terapia Anticoagulante Orale, trattamento a cui l’autore si sottopone mensilmente. Tutto è doppio, tutto ha più di un’interpretazione.

E mentre il tempo si riavvolge sulla trama personale, i racconti con forza centripeta investono anche la storia che appartiene a ognuno e soprattutto alla città: c’è l’omicidio di Marta Russo in Tre orologi, il delitto di via Carlo Poma, il rapimento di Moro e l’omicidio di Giovanna Reggiani in Tor di Quinto, a ribadire che le strade “sono sempre così: vuote, non vi sono che anime perse, marinai di terra” e che il rapporto – confidenziale, intimo e corale – tra chi abita Roma e la morte è in quella messinscena che appartiene agli “attori prodigiosi”: “solo chi recita la morte può dirsi romano”.