Splendori e miserie di Vittorio Caprioli

«Vittorio amava piacere, e ci riusciva sempre con la sua simpatia, con qualche bassezza, la chitarra e canzoni napoletane raffinate, alla Murolo, scherzava sul suo en bon point, era un attore eccezionale, inconsueto». (Franca Valeri, Bugiarda no, reticente, Einaudi)

Se devo pensare a un concetto di eleganza maschile, quella innata, tutta napoletana, che prescinde dagli abiti e dalle pose, penso subito a Vittorio Caprioli. Anche quando, in Arrangiatevi (1959, Mauro Bolognini), interpreta il pappone-faccendiere Pino Calamai in doppiopetto gessato e camminata da macrò, molla un ceffone – «E stai silenzio!» – alla sua protetta Marisa in arte Tiberia, che ovviamente Peppino De Filippo chiama Siberia. Caprioli aveva questo modo tutto suo di porgersi, con uno stile leggero, che all’apparenza era solo garbatissimo, eppure mal celava una cultura non sfoggiata, che gli permetteva di mescolare uno stile surreale e insieme, come appunto ricorda Franca Valeri, che è stata sua moglie e collega per anni, «con qualche bassezza» che, appunto, gli permetteva di interpretare un Pino Calamai semplicemente perfetto. O come quando riusciva in uno sketch, facendo da spalla a Walter Chiari, a prendere in giro il politicamente corretto prima che fosse inventato.

Un giorno, in una tournée, facevamo una passeggiata, Nora, Vittorio e io. Vittorio comincia a fare un personaggio, non saprei adesso chi, certamente un idiota, certamente surreale, certamente irresistibile perché Nora e io eravamo alle lacrime per quanto ci faceva ridere. Al ritorno gli abbiamo detto: «Adesso lo scrivi e lo metti nello spettacolo».

«Cosa?»

«Quello che facevi per strada. Geniale».

«Non mi ricordo. Com’era»

 La verità è che Caprioli era uno che si poteva permettere tutto, l’alto e il basso: solo che l’alto non te lo faceva mai pesare, e il basso era comunque a un livello altissimo, alla Molière, mai cialtronesco. E lo dimostra in quello che è sicuramente il suo film da regista più bello, Splendori e miserie di Madame Royale, del 1970, scritto con Enrico Medioli (Rocco e i suoi fratelli, Il Gattopardo, La prima notte di quiete) e Bernardino Zapponi (Profondo rosso, Telefoni bianchi, Fellini Satyricon, Il Marchese del Grillo). La storia è quella di Alessio, (un Tognazzi più bravo che mai) ex boy di Wanda Osiris, adesso corniciaio, che per colpa di Mimmina, la figlia di un suo ex amante (che gliel’ha mollata in fasce e che Alessio ha cresciuto come fosse figlia sua), si trova ricattato da un poliziotto e costretto a fare da informatore: anzi, da spia. Alessio, che nel suo tempo libero organizza feste en travesti vestito, appunto, da Madame Royale, si muove nel sottobosco gay romano dell’epoca, tra incontri clandestini nelle saune, o nelle notti del Colosseo: un mondo che confina con l’illegalità e la malavita non per vicinanza morale, quanto per costrizione sociale. Quel giro descritto da Caprioli (che si ritaglia un ruolo minore, il tramviere ciociaro che la sera diventa la petulante Bambola di Pechino) con sguardo delicato, mai ammiccante, è obbligato a vivere nell’ombra per una mera questione di sopravvivenza. Relegati ai margini della società cosiddetta civile, nel film i gay sono gli unici personaggi positivi. I veri orchi, gli schifosi, sono gli eterosessuali, i privilegiati. Da Mimmina, che diventa arma di ricatto nei confronti del povero, delicato Alessio, al commissario, interpretato da Maurice Ronet, amato da Chabrol e Malle (Ascensore per il patibolo).

È  Ronet, il commissario, il vero criminale della storia, molto più spregiudicato e crudele dei ladri, dei falsari e dei ricettatori che Alessio è costretto a tradire per salvare Mimmina dalle grinfie della legge. Fin dall’inizio inizia un gioco di seduzione col povero Alessio che ha del pretesco. Ammicca, fa le smorfiette come un’adolescente in calore, appena può lo tocca, gli appoggia la mano sul braccio, sulla spalla, gli fa gli occhi dolci, gli sorride languido. Il risultato è che il film, che un magistrato vietò ai minori di anni diciotto perché embè, ci sono gli omosessuali, vede il trionfo morale di un mondo costretto in un limbo di vergogna. Quando Alessio va in giro a raccogliere informazioni per conto del suo amato commissario, è nel mondo gay che trova aiuto e solidarietà: ebbene sì, anche per fare la spia. È il Paradiso etero, quello che lo minaccia di morte, che lo guarda in tralice, lo sfotte, e che alla fine gli presenterà il conto nelle mani di un assassino dalla faccia da lupo. Splendori e miserie di Madame Royale è un capolavoro drammatico, e noi sappiamo che nessun dramma può essere raccontato meglio da chi è capace di far ridere e, soprattutto, di ridere:

Il mio amico avvocato, più volte citato, è venuto a trovarmi. Era sconvolto, e non poteva essere per la mia influenza.

«Cosa c’è Mario? Cos’è successo?»

«È morto Stalin».

Lui era un comunista di vecchia data, tesserato.

Vittorio si è chiuso in bagno, il cordoglio di Mario lo faceva ridere.