The Pembrokeshire Murders, la sporcizia del Male

“La città di Milford Haven, nel Pembrokeshire, è situata sull’omonimo estuario e ha una popolazione di circa 13.000 abitanti. Nella prima metà del XX secolo era un fiorente paese di pescatori. Ora è più famoso come porto dall’ampio pescaggio che offre strutture alle grandi petroliere che scaricano petrolio greggio nelle raffinerie che si raggruppano intorno all’Haven. Ospita tenute di proprietà comunali tra cui quella conosciuto come The Mount. Il Mount Estate si trova ai margini di un bosco, alla periferia di Milford Haven, vicino a un’area conosciuta come Steynton. La tenuta è un labirinto di case a trama fitta intervallate da una serie di passeggiate e vicoli interconnessi. I bambini giocano liberamente in questa zona relativamente priva di criminalità.

Quella gradevole sera primaverile del 6 marzo 1996, la luce stava svanendo rapidamente e la vita di cinque ragazzi stava per cambiare per sempre mentre camminavano nei campi vicino a Milford Haven.” (The Pembrokeshire Murders – Catching the Bullseye Killer, di Steve Wilkins con Jonathan Hill, SerenBooks)

Se c’è una cosa che tendiamo sempre a sottovalutare, è come spesso la narrativa (scritta o meno), tenda a falsare i serial killers. O gli assassini in generale. Intendiamoci, non si tratta di bigottismo. Hannibal Lecter, per esempio, non potrebbe essere più affascinante di quello che è, e non ci trovo assolutamente niente di male nel dipingerlo colto, poliedrico, competente e affascinante. Ma è Hannibal, appunto: non esiste. Lecter è il vampiro, è il licantropo, il mostro sotto il letto e dentro gli armadi. La realtà, come sappiamo tutti, è molto meno fascinosa: è sporca, è cattiva, e soprattutto, fa male. Molto. E la verità è che spesso il Male non è neanche banale: fa solo schifo, è sporco dentro e fuori. Tendiamo a idealizzarlo, troppo frequentemente, perché abbiamo bisogno di esorcizzarlo in tutti i modi possibili, o semplicemente perché siamo cretini (una possibilità che tendiamo troppo spesso a trascurare). Prendiamo John William Cooper, uno dei due serial killer gallesi (quelli di cui siamo a conoscenza, naturalmente). Non è che gli manca il fascino: è proprio che fa schifo. E’ un essere umano vomitevole. Cattivo, sporco, dispotico, violento, attaccabrighe. E manco a volergli dare la scusa dell’indigenza: a un certo punto della sua vita vince novantamila sterline (ben mezzo milione di oggi in valuta britannica) che decide, siccome è John William Cooper, di frusciarsi al pub in birra e scommesse. Se c’è una cosa che accomuna ogni tipo di gentaglia è che sono convinti di meritarsi sempre il meglio dalla vita: e siccome la vita gli aveva servito una fortuna, a un certo punto Cooper, finiti i soldi, decide che la vita e la società gli devono il resto. E comincia con le rapine, e visto che si trova, ci mette vicino anche stupri e omicidi. Ovviamente, non va in galera per quello, ma solo per rapina e furto con scasso: all’epoca, nel 1998, la scientifica non aveva abbastanza mezzi tecnici per incastrarlo per gli stupri e gli omicidi. La Polizia lo incastra solo qualche anno dopo, avvalendosi dei test del Dna. Il male non solo non è intelligente, è anche ciuccio e presuntuoso.

Questo è, in sostanza, la storia raccontata nella serie di questa settimana: The Pembrokeshire Murders, appunto. Ve lo dico subito, è una serie bellissima e di alto livello, come solo i sudditi di Sua Maestà (ovviamente mi riferisco all’idolo di tutti noi, il Principe Filippo, incontrastato sovrano dei fancazzisti di tutti i tempi e di tutti i luoghi) sanno fare. Certo, è una serie che vive sull’ understatement: niente colpi di scena, niente musiche incalzanti, zero enfasi. Che Cooper sia colpevole lo sappiamo da subito, e lo leggiamo sul volto dell’ispettore che riapre il caso (DCS Steve Wilkins, coautore del libro sull’inchiesta), interpretato incredibilmente bene -mi si conceda di aggiungerla io, l’enfasi- da Luke Evans. Lui e il suo team di investigatori lavorano contro il tempo e soprattutto contro il budget, a dimostrazione che Sanità e Sicurezza non contano più nulla, quando c’è da spenderci soldi veri. Se il team Ottawa incastra Cooper (Luke Evans, già in Marcella e 24 Hour Party People) è perché riescono a fare le nozze coi fichi secchi, visto che i test del Dna costano e pare che le risorse per ingabbiare serial killers e stupratori debbano essere limitate. Vabbuò, come diceva De Sica, lasciàm poerdere, e guardiamoci The Pembrokeshire Murders. Consigliatissima.