Stephen King pubblica la sua prima favola… nera, ovviamente

C’era una volta uno scrittore horror che aveva promesso di scrivere una favola. E alla fine Stephen King lo ha fatto: ha preso in prestito quello che poteva dai racconti che conosciamo – da Tremotino ai Tre porcellini, fino a Star Wars e Hunger Games – e ha messo la propria firma su una fiaba che mescola elementi che sembrano usciti dai Fratelli Grimm con la sua vena macabra.

È nato così Fairy Tale, un romanzo che porta la parola “fiaba” nel titolo e che è uscito in contemporanea in Italia, Stati Uniti e Canada il 6 settembre per Sperling & Kupfer (trad. di Luca Briasco, 688 pag.).

Un’inquietante “favola oscura” che abbraccia due mondi, con tanto di giganti mangiatori di uomini, zombi elettrici, duelli all’ultimo sangue, un sovrano crudele, una bella principessa e un principe dai capelli biondi che, però, prima di piombare in un mondo dove incontra addirittura il grillo parlante, era castano.

È lui il protagonista e la voce narrante del libro, Charlie Reade, 17 anni, eroe di football nel suo liceo in una cittadina dell’Illinois e dotato di un forte codice morale. Rimasto orfano di madre all’età di sette anni, ha promesso a Dio che l’avrebbe ripagato se suo padre fosse riuscito a ripulirsi dall’alcol. E mantiene la parola, anche se è un voto che gli pesa parecchio.

Un giorno, tornando a casa dagli allenamenti di baseball, Charlie sente gli ululati di un cane provenire da una vecchia casa in stile vittoriano che i bambini del suo paese chiamano la “Psycho House“. Una di quelle dimore che ai bambini fanno paura solo a guardarle o, per dirla con Charlie, “molto simile a quella dove Norman Bates viveva con la madre imbalsamata”.

Il ragazzo vorrebbe proseguire per la sua strada, ma ha fatto una promessa a Dio. Senza contare che quel cane, un pastore tedesco che i suoi amici gli hanno descritto come “mostruoso”, pesante come minimo cinquanta chili, con la bava alla bocca e gli occhi rossi, non smette di ululare. Allora Charlie si fa coraggio, scavalca il cancello e trova il temibile proprietario della dimora, Howard Bowditch, a terra con una gamba rotta perché è caduto da una scala, e il suo pastore tedesco, Radar, talmente vecchio che solo a guardarlo si capisce che gli resterà poco da vivere.

Charlie chiama aiuto, diventa un eroe e finisce su tutti i giornali: “Mi attribuirono il merito di averlo salvato… Ma non è così che stanno le cose. Fu Radar a salvarlo, con quei latrati carichi di desolazione”.

Quello che succede dopo è imprevedibile: l’anziano viene ricoverato e Charlie, sempre per rispettare la sua promessa a Dio, si offre di curargli il cane. Ed è durante questo lavoro che si accorge che dal capannone chiuso a chiave provengono strani rumori.

Ma non scoprirà subito che cosa li provoca. Prima di arrivare alla vera fiaba, Stephen King se la prende comoda, il tempo di farci affezionare a Charlie e a Radar. Solo allora, dopo avere scoperto i misteriosi retroscena della vita del signor Bowditch, e dopo avere finalmente aperto la porta del capanno, il ragazzo scoprirà dei gradini che conducono a un regno chiamato Empis, i cui abitanti soffrono di una malattia chiamata “il grigio” che lentamente e brutalmente trasforma i loro volti in cumuli deformi di pelle scolorita.

Charlie inizierà una ricerca che cambierà la sua vita e quella di coloro che incontrerà. Si avventurerà sempre più in profondità in questo nuovo regno dove conoscerà membri in esilio della famiglia reale, una principessa bionda senza bocca, nani cattivi e mostri, verrà imprigionato, costretto a lottare come un gladiatore, e ingaggerà un’epica battaglia tra il Bene e il Male, durante la quale scoprirà qualcosa che troppo spesso viene dimenticato, e cioè “che tutti i mondi sono magici. Ci abituiamo e basta”.