Adania Shibli sceglie un “episodio” per raccontare la “Storia”

Scorre come una macchina da presa sui binari di un carrello, la scrittura di Adania Shibli. Perché se c’è una cosa che i palestinesi hanno imparato a loro spese è che la storia continua anche custodendo gli archivi e la memoria, la grande narrazione e le biografie comuni: l’occupazione di un popolo non inizia con la privazione fisica della libertà, ma eliminando un passato e un punto di vista.

Se non si può raccontare da dove si proviene, è impossibile costruire una voce per il futuro. E nell’ultimo romanzo, Un dettaglio minore (La Nave di Teseo, 2021, traduzione di Monica Ruocco), i particolari trascurabili e le minuzie che potrebbero trarre in inganno un falsario d’arte compongono la struttura centrale, occupando quasi l’intera inquadratura della pagina.

La ricerca di una “verità” possibile

L’unico modo per raggiungere la verità o la definitiva dimostrazione che una verità esiste” è recuperare e catturare quelle storie comuni e anonime, così ricorrenti da poter appartenere a tutti. Nessun esercizio di giornalismo di inchiesta, bensì un progetto molto più ambizioso: affidare alla letteratura la possibilità di raccontare un episodio che riassuma la Palestina dagli anni quaranta ad oggi.

A un anno dalla fine della guerra arabo-israeliana del 1948, un ufficiale dell’esercito israeliano, nel deserto del Negev, cattura, stupra e uccide una giovane beduina, unica superstite del gruppo che la sua pattuglia ha sterminato, “nulla fuori dall’ordinario, soprattutto se paragonato a quanto accade quotidianamente in un posto dominato dal tumulto di un’occupazione militare e dalle continue uccisioni” eppure sarà proprio la coincidenza di una data, il 13 agosto, a far sì che, anni dopo, una palestinese si rimetta sulle tracce del delitto, nel tentativo di restituire finalmente alla vittima voce e pensieri.

L’ufficiale israeliano e la detective palestinese

Spaccando la narrazione, Shibli affida la prima metà del libro alla soggettiva dell’israeliano, seguendone metodicamente il rituale della pulizia personale, l’ossessione per gli insetti e la ricerca maniacale di beduini nel deserto.

Domina nella seconda parte l’ininterrotto monologo interiore dell’improvvisata detective palestinese, sovrastata da paure, timori di uscire da comportamenti personali preassegnati e attacchi di panico.

La scrittrice Adania Shibli

Ma in entrambi i casi, Shibli non interviene con note di giudizio sulla condotta dei suoi protagonisti, lascia che siano semplicemente le azioni a parlare per loro, non lasciando nemmeno i nomi per poterli identificare.

Come in due infiniti piani sequenza, la scrittrice registra i riti che i personaggi ripetono in modo instancabile: la medicazione della gamba dell’ufficiale, la chiusura delle tende per non essere vista all’esterno della donna.

Il deserto e la paura

È la paura – parola ripetuta più volte nel romanzo – la grande protagonista di Un dettaglio minore, anche se declinata in maniera completamente opposta. Se il terrore per i beduini determina lo stupro e il delitto per l’israeliano, è il panico che muove la detective a superare il checkpoint sotto falsa identità e spingersi nell’area C, il deserto del Negev, per trovare la verità.

Tracciando dei continui legami tra le due sezioni del libro – apparizioni di cani, odore di benzina, la scritta su un muro “Non vincerà il cannone, ma l’uomo” – Shibli focalizza la scrittura e le descrizioni sul territorio, non un comune fondale per l’azione, ma causa scatenante del conflitto tra due popoli che sembra non avere fine.

Si perdono continuamente, l’ufficiale e la detective, nel loro percorso: ingoiati e smarriti dalle dune del deserto, oppure senza riferimenti tra la toponomastica palestinese e poi israeliana.

Se un luogo anni prima aveva conosciuto strade panoramiche e villaggi, dopo è reso irriconoscibile dalle mura di cinta alte otto metri e l’asfalto nero delle autostrade. Anche questa riscrittura del passato, sottolinea Shibli, è una sottrazione alla narrazione del popolo palestinese: come la mancanza di archivi per tracciare il delitto, se non dell’esercito israeliano, la storia ha subito una cancellazione arbitraria, che non lascia spazio alla sua controparte.

Un racconto senza giudizi soggettivi

Crea e sa sostenere una tensione continua Shibli nel suo romanzo, Un dettaglio minore, inchiodando al giudizio i personaggi con la ripetizione di gesti, e mai lasciando che la scrittrice possa insinuarsi nel merito, con una propria opinione personale.

Che sia la storia a parlare, non quella degli archivi con libero accesso e ripetuta dai depliant dei musei, ma quella dei bossoli lasciati nelle dune del deserto, che parla attraverso gli umori delle lenzuola e i capelli bagnati di benzina.

Particolari trascurabili che aspettano solo di essere raccolti.

(La scrittrice Adania Shibli avrebbe dovuto ricevere il premio LiBeraturpreis alla Fiera del libro di Francoforte, riconoscimento che è stato annullato dopo l’attentato terroristico di Hamas e l’avvio del nuovo conflitto nella Striscia di Gaza)