Il futuro degli assolutismi etici

C’è chi scrive pensando alle federe per cuscini da salotto e chi ha l’ambizione di scostare il velo di Maya. A parità di tessuti, gli autori contemporanei prediligono senza dubbio una letteratura d’arredamento: attenta ai dettagli d’interni, alle ripetitive dinamiche di relazione e famigliari, riposante per gli occhi, preferibilmente da alternare ai gialli e al blu pastello delle camere da letto.

Uno specchio che riflette soltanto una umanità egoriferita, mancando di qualsiasi analisi o interesse per il mondo che la circonda: una vaga scenografia da fiction, in cui tutte le città si somigliano e i dialoghi sono affidati a un algoritmo de Gli occhi del cuore.

Eppure, anche tra gli italiani, c’è chi ha preferito raccogliere la sfida distopica lanciata da Lo smeraldo di Mario Soldati e La decima vittima di Elio Petri: mettere a servizio la scrittura per giocare e scommettere sul futuribile, immaginare i mondi possibili partendo dalle deformazioni del presente, osservare i sintomi per prevenire una diagnosi. Del resto, come ripete Jean-Luc Godard: occorre “saper vedere prima di saper leggere”.

Salvatore Setola con il suo primo romanzo, Vegan holocaust (Eretica 2021, pp. 166), si è schierato per certo con la minoranza: ha scelto di osservare la contemporaneità per ideare struttura e dinamica di un universo prossimo.

Finiti i sovranismi e fallita la vittoria del nazionalismo, nel 2089, gli stati europei si apprestano – nuovamente, come in un eterno ritorno – a riunirsi in nome di un assetto duraturo e democratico, la FEA: Federazione Europea Antispecista.

Con qualche scarto di “maturità” rispetto al ventunesimo secolo: il suffragio universale è bandito, la società divisa in tre classi mobili – biomigliori, bioimperfetti e bioperdenti –  categorie che tengono conto delle performance per rating aziendale, ma soprattutto della completa adesione all’etica ecofriendly e vegana.

La promessa è la stessa di quella contenuta nella costituzione americana di Jefferson: il diritto inalienabile e innato alla ricerca della felicità, da trovare nell’assenza di corruzione del corpo e della mente, in quanto “La purezza è efficienza. L’efficienza è merito. Il merito è felicità.”

In un’opera di fiction che non ha paura di camminare sul confine della saggistica, fondersi in più voci, monologhi post mortem, e di mischiarsi con forme diverse –  schede artistiche, spiritual e frammenti di manoscritti –, si compone il panorama dell’Europa di fronte al disastro ambientale e all’Apocalisse.

E Setola con pazienza cuce gli spettri dei nuovi assolutismi etici per adattarli a un futuro prossimo: il desiderio della carne proibita che si fonde con l’erotismo dei night club – tanto da ricordare un racconto di Kurt Vonnegut de La colazione dei campioni in cui il cinema porno è sostituito da quello culinario – la ricerca disperata di un linguaggio esautorato da qualsiasi minaccia di violenza, ma anche il rassicurante marchio ecologico che basta di per sé a fugare qualsiasi dubbio di speculazione da multinazionale.

Un mondo in cui lo spirito europeo fa tacere facilmente il dissenso spacciandolo per fake news, attraversa un nuovo nazismo pensando di combatterlo e cancella con manovre economiche il passato e la memoria dei paesi africani, come la Nigeria raccontata dal signor Fela, sapendo che il capitalismo è la vera bestia senza patria che cantava Fela Kuti.

Più il futuro diventa oscuro e difficilmente interpretabile, più lo spazio che occupa la distopia si dilata per restituire una risposta alle angosce, gli incubi e i condizionali delle vite sospese.

Da La strada (2006) di Cormac McCarthy, un periodo apparentemente controllato e pacifico, il ritorno al genere è segnato in serie tv, romanzi e film. E se l’Italia ha seguito la corrente, qualche assolo personale l’ha registrato: il film E noi come stronzi rimanemmo a guardare (2021) di Pierfrancesco Diliberto e il romanzo – poi traslato al cinema – La terra dei figli (2016) di Gipi. Occasioni che non hanno l’arroganza di rovesciamenti rivoluzionari, quanto almeno il desiderio di qualche sussulto per spirito critico.

Così Salvatore Setola, con il suo esordio in narrativa, si muove tra le guide e letture di Ray Bradbury, George Orwell e Aldous Huxley: un primo esperimento che, al netto di qualche eccessiva permanenza nel territorio filosofico a discapito dell’azione, conserva l’ambizione e riesce a portare il lettore fuori dagli usci di casa, un metaverso da realtà aumentata, in un mondo che pericolosamente assomiglia al presente, trascinato in un possibile e spietato futuro che non sembra più così lontano.