2034: la Terza guerra mondiale esplode in mare (come quella in Vietnam 70 anni dopo)

Quando, a marzo di quest’anno, il romanzo è uscito negli Stati Uniti, la rivista Wired gli ha dedicato un intero numero monografico dal titolo Una storia della prossima guerra mondiale.

2034 (pubblicato in Italia da Sem: 297 pagine, 18 euro) è un thriller che vale la pena di leggere non perché predica il futuro, ma soprattutto per gli avvertimenti che contiene. Siamo nell’anno 2034, come da titolo, e un cacciatorpediniere americano nel Mar cinese meridionale intercetta uno strano peschereccio cinese. Da questo incipit (che ricorda un po’ l’incidente del Golfo del Tonchino che nel 1964 diede inizio alla guerra del Vietnam) parte un’escalation militare che porterà a un conflitto armato tra Stati Uniti e Cina e in breve si trasformerà nella Terza guerra mondiale.

Insomma, il classico meccanismo dell’effetto farfalla (Può il batter d’ali di una farfalla in Brasile provocare un tornado in Texas?) rivisto in chiave geopolitica. Perché – e non intendiamo spoilerare un bel niente – il peschereccio del Mar cinese meridionale provoca una serie di conseguenze che riverbereranno fino a Teheran e Mosca, oltre che naturalmente a Washington e Pechino e ben presto l’azione si svilupperà tra Taiwan e Bandar Abbas, dal Mar glaciale artico (che nel 2034 non sarà più tanto glaciale) a Delhi, San Diego, Shanghai…

A rendere interessante la lettura sono anzitutto i due autori: James Stavridis è stato comandante di cacciatorpediniere della US Navy e poi, primo ammiraglio nella storia, comandante supremo delle forze Nato in Europa; Elliot Ackerman è uno scrittore di best seller con alle spalle otto anni nei Marines e nelle forze speciali americane (decorato per le sue missioni in Afghanistan e Iraq) e con un anno di esperienza alla Casa Bianca ai tempi di Barack Obama.

Due signori, insomma, che conoscono bene ciò di cui scrivono, anche perché 13 anni, il tempo che ci separa dal 2034, sono niente nello sviluppo, per esempio, delle nuove armi tattico-strategiche. Non è un caso certamente che un ruolo centrale nel conflitto lo abbiano l’intelligenza artificiale e soprattutto la tecnologia quantica, in grado di superare le performance di qualunque computer oggi al mondo e di fatto azzerare le funzionalità di tutti dispositivi elettronici che ci circondano.

Non è un segreto che Stati Uniti e Cina stiano investendo moltissimo in questi settori e che ci siano esperimenti già avanzati in corso: esperimenti che non si allontano dallo scenario descritto dai due autori che raccontano di armi in grado di spegnere qualsiasi sistema di difesa da una parte all’altra del globo. E se uno si appassiona a immaginare dove porterà lo sviluppo tecnologico (nel settore degli armamenti, ma non solo) qui trova buon pane per i propri denti.

Ma, anche senza andare così a fondo, il romanzo è godibilissimo, con una bella struttura da techo-thriller alla Tom Clancy: un gruppetto di protagonisti che, pedine che si muovono spesso inconsapevoli su una scacchiera invisibile, alla fine salverà il pianeta e lo riporterà a un nuovo equilibrio.

I personaggi sono molto “americani” e dunque rassicuranti, dai grandi attori politici (in Russia ci sarà ancora Putin, mentre l’America ha il suo primo presidente donna) agli ufficiali sul campo: c’è il pilota di caccia Chris “Wedge” Mitchell, con il nonno che faceva parte della mitica squadriglia delle Pecore nere comandata da Pappy Boyington durante la Seconda guerra mondiale, mentre suo padre aveva combattuto in Viet Nam. L’iraniano è un ex Guardiano della rivoluzione, che non si fa problemi a torturare i prigionieri, mentre l’ammiraglio cinese Lin Bao è uno stratega freddo, tanto goloso di M&Ms quanto colto, capace di citare con naturalezza la storia di Aristodemo alle Termopili.

Molto più intrigante è il racconto geopolitico nel quale si sviluppa il thriller, tutto giocato su quella che gli studiosi chiamano “la trappola di Tucidide”: l’espressione è stata coniata una decina di anni fa dal politologo americano Graham Allison che ha analizzato le tensioni tra gli Stati e la possibilità che sfocino in una vera e propria guerra: possibilità che si moltiplicano quando una nuova potenza emergente tenta di sostituire una potenza già consolidatasi come egemone.

È esattamente quanto sta avvenendo tra Usa e Cina, e infatti la Trappola di Tucidide viene spesso citata dagli studiosi in questo contesto. Ma non è detto che necessariamente debba scattare: 2034 va letto come un monito, un “vaccino contro il disastro”, per dirla con Wired. Molte previsioni del libro sono certamente credibili (certo, nel romanzo Kabul torna nelle grinfie dei talebani nel 2030: noi sappiamo che è successo molto prima), ma si tratta comunque di fiction. E gli autori non smettono di ricordarcelo grazie a un’ironia molto americana.

Nel 2034 ci sarà un sommergibile nucleare statunitense che si chiamerà Michelle Obama, mentre per la portaerei cinese (in effetti circola voce che nei cantieri Jiangnan, alla foce dello Yangtze, sia in costruzione una nave che dovrebbe avvicinarsi alle classe Nimitz a propulsione nucleare della US Navy, con ponti di volo piatti e catapulte per consentire il trasporto di aerei più pesanti) è stato scelto un rimando assai colto: Zheng He, come l’ammiraglio dell’epoca Ming che trasformò il Pacifico occidentale in una specie di Mediterraneo asiatico.

Ma il nome più intrigante è quello del cacciatorpediniere americano da cui inizia tutta la storia, il John Paul Jones. Non conosco ammiragli o eroi dei marines che si chiamino John Paul Jones. Conosco però il bassista dei Led Zeppelin.

Non prendiamo dunque la storia troppo sul serio, ma divertiamoci.