Quando anche i santi si arrendono al climate change

La tempesta Vaia sta per abbattersi su Veneto, Trentino-Alto Adige e Friuli Venezia Giulia, quando Blaise Panafieu (personaggio immaginario), editor e nipote di Yves Panafieu (personaggio vero e grande studioso di Dino Buzzati) arriva nel bed and breakfast di Villa Buzzati, a San Pellegrino di Belluno, per studiare il contenuto di un misterioso quaderno che la nipote dello scrittore, Valentina (altro personaggio vero, Valentina Morassutti è la pronipote dello scrittore e gestisce per davvero il bed an breakfast) dice di aver ritrovato nella biblioteca. Potrebbe trattarsi del manoscritto originale al quale Buzzati si era ispirato per il suo ultimo, misterioso, libro: I miracoli di Val Morel.

Parte così Il cuore buio dei miracoli (Ronzani editore), l’ultimo romanzo di Alessandro Mezzena Lona, scrittore, giornalista, ex responsabile delle pagine culturali del quotidiano Il Piccolo di Trieste, vincitore, nel 2013 del Premio Grado Giallo Mondadori con il racconto Non credere ai santi.

Alessandro Mezzena Lona

Un omaggio tra realtà e fantasia all’opera di Dino Buzzati, scrittore che lo ha accompagnato con i suoi libri per tutta la vita. “Buzzati è uno dei mie grandi amore letterari. Ma ci sono mille modi di leggere un libro. Il messaggio che volevo trasmettere con Il cuore buio dei miracoli è che stiamo ‘allegramente’ distruggendo il pianeta e correndo verso il baratro”.

Quindi lei è un “apocalittico”?

Di natura, in realtà, sono ottimista e mi viene da dire che ce la possiamo fare. Anche se un altro mio amore letterario, Jonathan Franzen, nel libro La fine della fine della terra sostiene che ormai è troppo tardi. Sarebbe un peccato distruggere un pianeta così bello… Ma è pure vero che alcuni dicono che la Terra si libererà di noi e andrà avanti per conto suo. Ne La coscienza di Zeno, Italo Svevo, altro autore che amo, immaginava che un uomo più malato degli altri si sarebbe arrampicato in cima alla Terra con un ordigno di potenza inaudita e che dopo la distruzione gli esseri umani avrebbero vagato nello spazio sotto forma di atomi… E mi viene anche in mente un altro libro, Il grido di Antonio Moresco, in cui diceva, in sostanza, che non si può ridere di tutto solo per lasciarsi ogni problema alle spalle…

In Buzzati la vena ambientalista era forte?

Il primo libro di Buzzati che ho letto, Il segreto del bosco vecchio, racconta proprio la lotta tra Procolo, il tutore del ragazzino che ha ereditato il bosco vecchio e la natura. Procolo vorrebbe abbattere gli alberi, perché non coglie la meraviglia panteista che lo circonda. Ma morirà assiderato durante una tempesta. La natura in qualche modo lo elimina.

Quando lo ha letto?

A 14 anni. Allora non capii del tutto il senso della storia ma, negli anni, ripensando a Il segreto del bosco vecchio e ad altre pagine di Buzzati, mi sono reso conto che anche se era un uomo borghese, inquadrato, ligio alle regole, dentro di sé aveva una scarsa “empatia” verso gli umani, almeno quelli che non rispettano la natura.

Ricordando il suo primo incontro con le pagine del libro di Buzzati lei parla di un “metafisico formicolio del mistero”. Mi spiega meglio?

Sono nato nel 1958, a quell’epoca non si prestava grande attenzione ai lettori adolescenti. Il primo libro che mio padre mi ha dato da leggere è stato I viaggi di Gulliver, che, per un ragazzino, è un po’ complicato. L’incontro con Buzzati mi ha rivelato l’esistenza di una letteratura “alta” ma anche capace di creare un corridoio parallelo per l’immaginazione, di storie non realistiche che ti fanno ragionare sulla realtà. Buzzati diceva che si possono scrivere storie non noiose – una lezione che veniva dal giornalismo – ma senza solleticare le pulsioni più basse dei lettori.

La descrizione degli alberi distrutti dal passaggio di Vaia è incredibilmente emotiva. Per caso la sua vicinanza con la natura, il bosco, si deve in qualche modo al fatto che suo padre era un botanico?

Mio padre era un uomo molto severo, un uomo di un altro tempo, che non mi ha mai fatto sconti. Ma aveva due aspetti affascinanti. Intanto, una grande passione per la lettura, era un frequentatore di negozi di libri. Una parte della mia ormai sterminata libreria l’ho ereditata da lui.

Sterminata quanto?

Circa diecimila libri.

Come li ha catalogati?

Per letterature nazionali e ordine cronologico. Ma è una continua lotta per tenere l’ordine.

Edizioni rare di Buzzati?

Ho tutte le prime edizioni dei suoi libri e anche quelle nuove.

Scusi, abbiamo divagato. Tornando alla botanica?

Senza dubbio mio madre mi ha trasmesso anche l’amore per la natura, le piante. Inoltre, mio nonno era un entomologo. Piante e insetti li trovo straordinariamente affascinanti. Penso, per fare un esempio, alla cosiddetta pianta timida, la Mimosa sensitiva, che si chiude quando la accarezzi. Osservando le piante, gli animali, gli insetti capisci che c’è un mondo oltre al nostro.

È stato sui luoghi dell’uragano Vaia?

Sì. E gran parte dei racconti che riporto nel libro sono storie vere che io ho un po’ ammantato di mistero, trasformato in allegoria. Come il fatto che gli animali selvatici fossero usciti dal bosco e si fossero avvicinati alle case per cercare riparo. E vera è anche la storia di Sergio, uno dei personaggi, che assiste allo sradicamento di un grande albero, strappato dal suolo come un tappo di sughero.

Come ha lavorato a questa mescolanza di realtà e finzione?

Sono partito da I miracoli di Val Morel di Buzzati, un libro bizzarro, completamente diverso da tutte le sue opere precedenti. Buzzati era un non credente e, infatti, nel libro santa Rita compie dei miracoli assurdi, perché le situazioni che descrive sono fuori dalla realtà. In più, come scrivo nel libro, man mano che si avanti nelle pagine de I miracoli di Val Morel, la figura della santa si affievolisce, come se fosse travolta dall’assalto del mistero. Da lì ho iniziato a fantasticare. E quando, nel 2018, c’è stato il disastro di Vaia, il mondo fantastico di Buzzati e la “cronaca” si sono incontrati. Ho capito che, pur senza volerlo, I miracoli di Val Morel era stato un libro profetico. Come se Santa Rita, davanti alla follia degli uomini contro la natura, dicesse: “Io non ci sarò ad aiutarvi”.

Buzzati stesso ha in qualche modo spiegato le ragioni che lo avevano portato a scrivere I miracoli di Val Morel?

In realtà, no perché è morto non molto tempo dopo. Infatti, in Dino Buzzati: un autoritratto, raccolta di interviste purtroppo ormai introvabile, non a caso, non ne parla. I miracoli di Val Morel era nato come opera pittorica. E il libro precedente Poema a fumetti, nel quale rileggeva in chiave moderna il mito di Orfeo ed Euridice, era, appunto, a fumetti. Una scelta, allora, assolutamente fuori dagli schemi che lasciò tutti basiti. Del resto, lui stesso disse di essere un pittore prestato alla letteratura e non viceversa.

Ma perché proprio Santa Rita?

Tra i martiri cristiani è uno dei personaggi più misteriosi. La Chiesa ne costruì a posteriori l’immagine, facendo di lei un simbolo della rinuncia femminile, della difesa della famiglia, dei figli. Falsando quasi certamente la verità sulla sua vita. Ma credo che l’interesse di Buzzati verso di lei nascesse anche dal fatto che la santa è molto presente nel territorio bellunese, ci sono diverse statue a lei dedicate.

Ma i “prestiti” da Buzzati suo nel libro non si fermano a I miracoli di Val Morel.

No. Ce ne sono tantissimi. Il personaggio di Adelaide Anfossi l’ho modellato sulla Laide di Un amore. Mi è sembrato giusto darle la possibilità, visto che la storia è ambientata ai giorni nostri, di poter esprimere le sue idee sul rapporto con gli uomini, sulla “gestione” del proprio corpo in un modo che negli anni Cinquanta sarebbe stato impossibile.

Dei libri di Buzzati sono state fatte diverse versioni cinematografiche. La sua preferita?

La più riuscita in assoluto, secondo me, è Il deserto dei tartari di Valerio Zurlini.

Un’opera meno nota di Buzzati che consiglierebbe? Un racconto?

Il grande ritratto, di cui non si parla mai. È la storia di uno scienziato che costruisce una macchina nella quale imprigiona il ricordo di una donna amata. Una storia modernissima, che anticipa tutta una serie di romanzi ispirati all’Intelligenza artificiale.