Antonio Manzini senza Rocco Schiavone

Tutti i particolari in cronaca anni fa era un’espressione fra parentesi. Lo era quando, nel 1970, Ettore Scola titolava così il suo film: Dramma della gelosia (tutti i particolari in cronaca). Antonio Manzini – in pausa da Rocco Schiavone – ha cancellato le parentesi e ne ha fatto un titolo secco in cui avvolge il suo ultimo romanzo, dove più che di gelosia, intesa come quella che porta Marcello Mastroianni a uccidere Monica Vitti, si tratta di ossessione.

Il riferimento a Claude Chabrol

C’è, nel libro, un’altra suggestione che arriva dal cinema, mondo che Manzini ha a lungo frequentato come attore e sceneggiatore (ha firnato fra gli altri il Come Dio comanda di Gabriele Salvatores). È Ucciderò un uomo, bel film di Claude Chabrol dove un padre persegue caparbiamente la vendetta nei confronti dell’uomo che – sia pur per errore – ha investito suo figlio e l’ha ucciso.

E c’è poi il richiamo musicale di Da Ponte e Mozart, quando Bartolo nelle Nozze di Figaro canta “La vendetta, oh, la vendetta! / È un piacer serbato ai saggi. / L’obliar l’onte e gli oltraggi / è bassezza, è ognor viltà”.

Il protagonista del romanzo

Carlo Cappai l’oltraggio non l’ha dimenticato. L’ha serbato nel cuore, custodito nella rabbia. Una rabbia celata a tutti, come il luogo in cui l’uomo lavora: l’archivio del tribunale di Bologna (la città non è esplicitata, ma chi la conosce la ritrova in ogni strada e tortellino).

Qui, in un seminterrato con solo un’opaca e zozza finestrella, gli avvocati scendono a consultare faldoni, e di lui nessuno si accorge. Ma Cappai, giorno dopo giorno di una vita meticolosa al minuto, ciò che avviene intorno a sé lo “sente”.

Sono le urla che avverte uscire da quelle carte polverose e che chiedono Giustizia. Anche l’archivista un tempo “cercava Giustizia e trovò la legge”, come il bandito cantato da De Gregori.

Un’assoluzione ingiustificata

Avvenne quando la sua amica del cuore, ragazza come lui, fu uccisa da un fascista di famiglia ben inserita durante una manifestazione, e il colpevole – nonostante la deposizione di Carlo, testimone oculare – fu assolto, perché così succede negli intrighi complici di magistratura, forze dell’ordine, notabili.

Da allora, a ogni assoluzione indebita nascosta nei suoi archivi lui presta ascolto. E non solo.

Finché Luigi Sesti, il colpevole mai condannato, torna in città. La vendetta, appunto, è un piacer serbato ai saggi. Salvo che a volte saggio non è solo chi credevamo.

Il giornalista e l’archivista

All’altro capo del caso, in un racconto che procede parallelo, c’è un giornalista, Walter Andretti. Trasferito dallo sport alla nera, Andretti sembra il prototipo del reporter senza ingegno né impegno. In realtà è lui l’unico a “vedere” Cappai, e sarà lui il depositario del racconto dell’archivista.

La giustizia o la legge?

Alternate fra narrazione in prima e in terza persona, si snodano così le tre parti del romanzo, incastonate in un prologo e un epilogo che non sono puramente formali.

Linguaggio pulito, colpi di scena ben dosati, nessun indulgere – come purtroppo ultimamente capita a molti autori di noir – in divagazioni fra il metaforico e il moraleggiante: in Tutti i particolari in cronaca non è necessario cercare di svelare l’intrigo, quanto seguire la storia di quello che si presenta come un uomo senza qualità e che man mano rivela il senso di una vita.

Ponendo sempre la domanda che, anche se non inedita, resta cruciale: la Giustizia o la Legge?