Quando la calligrafia diventa arte

A posteriori il percorso artistico di Giuseppe Gep Caserta era segnato fin dall’inizio. “Sono cresciuto nel colorificio di mio padre”, racconta.

Topolino di Gep Caserta

Al Mompracem festival, Caserta che negli anni si è specializzato nell’arte antica (“ma rivisitata in chiave contemporanea”) della calligrafia, sarà protagonista con laboratori per i bambini e una mostra (dal 2 al 5 maggio all’Asilo Ciani): una selezione di otto dei suoi lavori di calligrafia che lo scorso dicembre sono stati esposti in una personale a Rho, la sua città .

Pinocchio di Gep Caserta

Ho scelto quelli che mi sembravano più adatti ai bambini, più legati al tema della fiaba”. Come Pinocchio, Topolino, il simbolo della pace, Dante, “più una nuova opera che ho realizzato circa un mese e mezzo fa: il volto di Yoda. Sono un grande appassionato di Star Wars”.

Gep, lei ha iniziato come musicista hip hop. Com’è arrivato alla calligrafia?

“In realtà ho cominciato con i graffiti negli anni Novanta, quindi mi sono affacciato anche al mondo musicale. La calligrafia è un’evoluzione della street art da cui sono partito”.

Come funzionano i laboratori?

“I bambini, i ragazzini ma anche gli adulti se vengono stimolati a compiere attività manuali rispondono con entusiasmo. Forse perché in un’epoca di computer, smartphone e così via si scrive a mano sempre meno. Nei laboratori usiamo un calamo in bambù che ho realizzato io stesso e la china, un’esperienza del tutto nuova”.

Al Mompracem userà calamo e china per far scrivere ai bambini il loro nome?

“Sì. E quasi sicuramente farò scrivere un breve testo di Gianni Rodari”.

Nelle scuole la scrittura a mano si sta perdendo?

“Ho un figlio che frequenta la quinta elementare e posso dire che la calligrafia non viene più insegnata. Per carità, lo capisco, le insegnanti hanno i loro programmi da seguire e non possono dedicare tempo a questo genere di attività. Oltretutto la didattica a distanza durante la pandemia ha avuto un suo peso sui bambini delle prime classi delle elementari”.

C’è qualcosa che i suoi piccoli studenti le hanno detto e che le è rimasto impresso?

“Una volta una bimba mi ha detto una cosa dolcissima: “Vorrei poterti tenere sul comodino per farmi compagnia”. Tanti mi dicono: “A casa non facciamo mai niente di simile. Se mi sporco con i colori i miei genitori si arrabbiano”.

E invece nei suoi laboratori ci si può macchiare.

“Certo! Senza esagerare, ovvio”.

Ha fatto proseliti in questi anni?

“Una ragazza che ha fatto l’Accademia delle Belle Arti e che adesso insegna arte alle medie. Ogni tanto mi chiama ancora per chiedermi consigli. L’ho sentita qualche tempo fa per un murales che voleva far fare ai suoi ragazzi”.

Nelle sue opere compone figure usando le parole. Come le sceglie?

“Se sono opere commissionate decide il cliente. Altrimenti faccio le mie ricerche. Per esempio, per realizzare una calligrafia di Sant’Agata – i santi mi affascinano molto – sono andato a studiare la sua storia: è la patrona di Catania, la protettrice degli infermieri, delle donne con tumore al seno. Mentre per un omaggio a Bob Marley ho usato il testo di una canzone e così via”.