Quando si dice nati sotto una buona stella. Anzi due. 5 ottobre 1962: arriva in sala il primo film di James Bond, Agente 007 – Licenza di uccidere. 5 ottobre 1962: esce nei negozi il primo singolo dei Beatles, Love Me Do.
Un giorno, un film, un disco e un’epoca che si apre. Swinging 60s quest’epoca, gli anni Sessanta di Londra che idealmente si concluderanno con la separazione dei Fab Four nel 1970, la racconta attraverso la musica ma anche il cinema, la moda, l’arte, la cultura.
Fotografie, racconti e icone
Un libro di oltre 300 pagine allegramente fotografico, con illustrazioni colorate, copertine di dischi.
Anche ritratti di modelle mito, Twiggy e le sue sorelle. Quelle ragazze che – suggerisce Michela Gattermayer, curatrice della sezione fashion – facevano da collant(e) fra i diversi ambiti artistici, dal momento che andavano a letto con tutti: artisti, fotografi, musicisti…
E un’appendice “mitica”
In fondo, l’appendice Mitici & simbolici dedicata a oggetti e temi che hanno caratterizzato il decennio londinese.
A partire dalla Union Jack, “abusata” con ironia, come nella foto di Art Kane con gli Who che vi si avvolgono per dormire, per finire con gli After Eight, i poi modaiolissimi cioccolatini con menta nati nel 1962.
In mezzo, le creeper, cui Elvis aveva dedicato anche una canzone, Blue Suede Shoes. O il bowl cut: caschetto cortissimo sfoggiato da Glenda Jackson come da Mary Quant.
La minigonna di Mary Quant
La quale Mary Quant diventa ovviamente con l’invenzione della mini una delle massime cantrici dei Sixities. Apre un mondo nuovo: “Non avevo mai visto tante mutande di donna finché sono arrivato a Londra”, ricorda nostalgico Ricky Gianco, che in Gran Bretagna era andato ad aprire il concerto dei Beatles.
Mentre il designer Ossie Clark commenta “Una donna deve poter slacciare il top, sollevare la gonna e fare l’amore ovunque”. Come ovunque, a partire da Carnaby Street ma poi in tutta la città, la musica usciva dai negozi, la gente ballava per strada, il look giovane diventava simbolo rivoluzionario del mondo nuovo.
Una Londra in piena trasformazione
Sottolinea Gattermayer che a rendere possibile la trasformazione di Londra, reduce dalla distruzione della guerra e dal “sangue, fatica, lacrime e sudore” di Churchill, fu anche la scelta di iscrivere i “figli del popolo” non agli istituti tecnici dove (in Italia, per esempio) i genitori mandavano i ragazzi a imparare un mestiere, ma alle scuole d’arte. Da cui uscì un’inedita generazione artistica, che prese spazio nei più diversi ambiti.
Ogni capitolo una canzone
Firmato da Franco Dassisti e Michelangelo Iossa, nato da un’idea di Matteo Guarnaccia, scomparso prima di poter portare a termine il progetto, Swinging 60s divide i capitoli con i titoli delle canzoni, da War Is Over a Let It Be.
Ogni area ha un proprio narratore: Iossa per la musica, Dassisti per il cinema che tanto peso avrà anche in seguito e dove Blow-Up di Antonioni diventa “il film simbolo della Swinging London”, Gattermayer si occupa oltre che di moda di costume, Tiziana Cipolletti cura il mondo dell’arte prendendo il testimone da Guarnaccia che però è riuscito a firmare “La lezione delle scuole d’arte”.
La rivoluzione dei giovani
In apertura, tre prefazioni. Lo stilista Paul Smith racconta: “Succedevano di continuo cose nuove perché la generazione che stava nascendo ha improvvisamente goduto di una straordinaria libertà d’espressione”.
Shel Shapiro ricorda: “Di quei giorni rimpiango soprattutto l’innocenza di una musica che ci ha fatto innamorare diventando la nostra stessa ragione di vita. Una passione pura, senza finalità di business”.
E Roby Facchinetti ripensa: era l’estate dei suoi 20 anni, il 1964, e lui con la band I monelli suonava alla Stalla di Riccione, dove iniziarono ad arrivare “ragazzi inglesi con strane pettinature a caschetto, giacche dal taglio originale e mi raccontavano che a Londra stava succedendo una specie di rivoluzione”. Una febbre chiamata “londonite” stava contagiando l’Europa.