Da principessa a schiava a madre di Leonardo

E se vi dicessero che Leonardo da Vinci, il simbolo del genio italico nel mondo, era italiano solo a metà? Che sua madre, Caterina, era una schiava approdata con un barcone da chissà dove, che non sapeva né leggere e né scrivere, e che a stento parlava la nostra lingua?

Lo sostiene nel suo libro Il sorriso di Caterina. La madre di Leonardo (Giunti editore, 528 pagg., 19 euro) il filologo e storico Carlo Vecce, docente all’università di Napoli “L’Orientale” e autore di diversi volumi dedicati al genio del Rinascimento.

Una schiava arrivata a Firenze dal Caucaso

Una scoperta rivoluzionaria, che sta facendo discutere gli storici di tutto il mondo. L’ipotesi che la madre di Leonardo fosse una schiava circolava già da qualche anno negli ambienti accademici.

Carlo Vecce, che ha dedicato gran parte della sua vita a studiare la figura e la storia di Leonardo, ha trovato la conferma. Nel corso delle sue ricerche si è imbattuto in un documento conservato presso l’Archivio di Stato di Firenze e datato 2 novembre 1452.

Si tratta dell’atto di liberazione della schiava Caterina da parte della sua padrona Ginevra d’Antonio Redditi, moglie di Donato di Filippo di Salvestro Nati.

La donna, due anni prima, aveva ceduto la sua schiava a un cavaliere fiorentino, perché la usasse come balia per suo figlio.

Nel documento si precisa che Caterina era di origine circassa, una delle più antiche popolazioni del Caucaso. L’atto di liberazione è stato redatto e firmato dal notaio Piero da Vinci. Sì, proprio il padre di Leonardo. All’epoca, il futuro autore della Gioconda aveva solo sei mesi, essendo nato il 15 aprile del 1452.

Un percorso a ritroso alla scoperta della verità

Ho cominciato a seguire a ritroso tutti gli attori della storia di Caterina, tutti quelli che hanno incrociato la loro esistenza con la sua“, spiega Vecce nel suo libro.

Partendo da Leonardo e da suo padre Piero da Vinci, lo studioso è risalito al nonno Antonio; a Ginevra, la proprietaria della schiava, e al marito di lei, Donato. “Ogni storia intrecciava alla precedente, e da ogni storia si ramificavano le storie di tutti gli altri esseri che avevano mescolato insieme le loro vite, il sangue, il sudore, lo sperma e condiviso pane e vino, dolore, gioia e speranza, e generato figli e generato per un’umanità futura“, scrive Vecce. Che spiega: “Donato è la chiave“.

Donato di Filippo di Salvestro Nati era un avventuriero fiorentino che da quarant’anni viveva a Venezia, all’epoca porto di approdo delle schiave circasse, che venivano portate fin qui nei barconi salpati da Costantinopoli.

Donato possedeva una bottega che si reggeva sulla manodopera femminile. È lui che acquista Caterina come schiava, la fa lavorare nella sua bottega e poi la porta con sé a Firenze quando decide di tornarsene nella sua città.

Il viaggio di Caterina

Il mio viaggio a ritroso è continuato lungo le rotte del Mediterraneo”, spiega Vecce, “cercando di fare le stesse tappe che devono aver scandito il viaggio di Caterina: da Venezia a Costantinopoli, da Trebisonda alle colonie genovesi del Mar Nero, da Matrega alla foce del Don. Ho cercato di vere di persona i luoghi che era possibile vedere, ma ho scoperto che il mondo oggi ha molte più barriere e muri del mondo di Caterina. La parte più bella del viaggio resterà per sempre un sogno impossibile“.

Molti luoghi, infatti, sono inaccessibili a causa della guerra che sta devastando le sponde settentrionali del Mare D’Azov. “In questo viaggio i documenti non soccorrono più“, continua Vecce, “restano le voci di chi vi aveva vissuto, i nomi riportati nei documenti, le stesse voci e gli stessi nomi che sentiva Caterina“.

La morte tra le braccia del figlio

Sono anche gli stessi nomi e le stesse voci che risuonano in ogni capitolo del libro, un vero e proprio romanzo dove i personaggi più importanti della vita di Caterina raccontano in prima persona le vicissitudini della mamma di Leonardo, facendoci scoprire un mondo lontano nel tempo, ma per molti versi ancora attuale.

Svelandoci il suo passato di principessa circassa, la sventura dell’essere catturata in battaglia e fatta schiava, trasportata in catene lontano dalla sua terra verso un mondo nuovo, dove non si vive più a contatto con la natura ma nei palazzi delle città.

Messa incinta, poi data in prestito come balia e infine liberata quando ormai suo figlio Leonardo è nato già da sei mesi.

Caterina lo allevò per i primi dieci anni della sua vita. Nel frattempo, sposò Antonio Butti, detto Attaccabrighe, e diede alla luce altri cinque figli. Poco prima di morire, raggiunse Leonardo a Milano e visse con lui per un periodo.

Sarebbe morta qui, tra le braccia di suo figlio, nel 1494.