L’addio di Malaussène ai suoi lettori

Il suo futuro lo ha deciso un professore. Che, quando lui aveva 15 anni, gli consigliò: “Altri direbbero che sei un bugiardo attaccabrighe, io dico che tu hai immaginazione, e allora utilizzala per scrivere un romanzo, smettila con le str…ate. Nel prossimo trimestre, ogni settimana mi dovrai portare dieci pagine e alla fine avremo un libro. Lo scriverai sempre con un dizionario aperto vicino a te“.

L’ultimo capitolo della saga

Sono passati più di sessant’anni da allora, Daniel Pennac ne ha appena compiuti 79, e continua a scrivere, sempre con il dizionario vicino. Continuerà anche adesso che ha concluso la saga di Malaussène, il “capro espiatorio” che nacque con Il paradiso degli orchi nel 1991 e che conclude la sua esistenza letteraria con Capolinea Malaussène.

Il premio Chandler alla carriera del Noir in Festival

Pennac è arrivato a Milano in toccata e fuga: ha prima incontrato gli studenti universitari dello Iulm, poi ha ricevuto il Premio Chandler alla carriera, che il Noir in Festival assegna ogni anno. Se qualcuno solleva dubbi su che cosa c’entri lui con il mondo del noir, lo scrittore prima fa una digressione sull’inutilità dei generi letterari: “Sono concetti commerciali, nella realtà anche Dostoevskij ha scritto un noir con Delitto e castigo, così come ha fatto Edgar Allan Poe con La barrique di Amontillado»”.

Poi, elenca tutte le volte che il suo protagonista Benjamin si è trovato coinvolto nel crimine. E con lui i membri della sua famiglia allargata, a cui l’autore è molto legato perché “ho passato la vita a circondarmi di un gruppo elettivo: più l’atmosfera intorno è pesante, più sento il bisogno di consolidare la famiglia“.

Le origini e la vita dello scrittore

Nato a Casablanca, Pennacchioni (questo il vero nome) nella realtà ha una moglie – Minne – anche lei scrittrice, di libri per bambini e di un lavoro sulla medicina giapponese. “Mi sento un po’ come il tenente Colombo“, dice restando in tema di polizieschi ed evocando il personaggio interpretato da Peter Falk, che cita continuamente la moglie ma non la mostra mai.

Della famiglia Pennac fa parte anche la figlia Alice: “È una musicista, ma l’altro giorno mi ha fatto proprio arrabbiare vincendomi a scacchi”. Aggiunge lo scrittore: “Le donne della mia famiglia sono entità individuali e autonome. Con mia moglie vivo da quarant’anni, andiamo d’accordo e ho sempre l’impressione che lei sia qualche metro sopra di me. Ma non dipendiamo l’uno dall’altra“.

Un’immagina dal film “Il paradiso degli orchi”, del 2013

Oltre che autore – mestiere che continuerà a fare anche dopo Malaussène – Pennac è stato professore, e una ricetta per la scuola lui l’avrebbe: “Ci vogliono più professori, motivati e ben pagati: in una democrazia la scuola dovrebbe essere al primo posto. Se quando è caduto il Muro di Berlino, nel 1989, avessimo fatto sì che gli studenti di tutta Europa ogni anno potessero passare un mese in un altro Paese dell’Unione, immaginate che cosa sarebbe potuto diventare il corpo elettorale europeo? Ma è stata privilegiata l’Europa economica rispetto a quella culturale, e se ne vede il risultato“. Restando alla politica europea, “l’Italia ci ha sempre preceduto di cinque anni, penso a Berlusconi e poi a Sarkozy. Ma più della politica italiana a me piacciono gli italiani“.

La sua filosofia

Una cosa che invece proprio non apprezza è la “società mercantile di oggi, dove si esiste solo a partire da ciò che si consuma. La Rete inoltre è diventata una grandiosa macchina individualistica, mentre a torto la gente pensa che il web o lo smartphone siano un’esperienza collettiva. Questo ha conseguenze per esempio sul disinteresse che si vede in Francia nei confronti del voto elettorale. E poi sul fatto che l’individualismo si afferma anche in politica. Pensate all’America: hanno votato per Obama, che era Batman, e quattro anni dopo hanno eletto il Joker“.