Dante: a little more conversation

Incontro Dante Alighieri a Cinecittà. Il posto l’ha scelto lui, dice che da tempo voleva vederlo. Giriamo senza incontrare nessuno, lui apre le porte e anche se non c’è mai stato, pare conoscere tutto, mi racconta i film girati, gli attori e soprattutto i registi. Tanto che gli chiedo come faccia a sapere e lui risponde che è colpa o merito di Fellini.

E che altro le racconta Fellini?

«Bugie, tantissime, dice che avrebbe voluto fare un film su di me, ma non trovava mai i soldi».

Si è spiegato come mai lei ha condizionato l’immaginario cinematografico ma poi c’è poco su di lei e la Commedia nei film?

«Potrei dirle che son troppo trama, che forse ero il secondo progetto di tutti, poi il terzo e il quarto, se devo credere a Fellini, ma anche Kubrick mi ha detto così. Godard direbbe che la mia lingua insieme a Ovidio, Leopardi e Virgilio, sia affluita direttamente nelle immagini di Rossellini e Fellini. Magra consolazione. Poi, ora, il cinema italiano si è accartocciato nelle dimensioni di un salotto: spazio per una sola famiglia, vano cottura e un tavolo attorno cui litigare. Come si può chiedere a questi registi di fare spazio a tre mondi diversi?».

Ma tra quelli girati ne ha visto qualcuno?

«Volevo vedere quello di Manoel de Oliveira, ma il mio amico Monicelli mi ha detto di no, e io faccio tutto quello che mi chiede Mario».

E tra i suoi declamatori invece?

«Vittorio Sermonti senza dubbio. Poi Carmelo Bene e Vittorio Gassman, imitazione di Gigi Proietti compresa».

Ha escluso Roberto Benigni, che la legge e cita ovunque.

«Lo so, la Benigna, come lo chiama il mio amico Paolo Poli, mi danneggia come e più della scuola italiana, è il mio argomento di discussione preferito con Manzoni».

Potrebbe apparirgli in sogno e dirgli di smettere.

«Ho un bonus di apparizioni che vorrei giocarmi con Spielberg per un film come si deve, e non posso sprecarle per gli ammonimenti, altrimenti dovrei apparire a un mucchio di persone. Pensi ai professori di lettere che mi leggono con gli accenti sbagliati, quelli che mi leggono con gli accenti giusti ma non mi capiscono, quelli che fanno finta di leggermi, quelli che mi vogliono attualizzare e mi danneggiano anche di più. Una Divina tragedia».

E dei poeti che mi dice?

«Poco».

Ha visto Amanda Gorman?

«Sì. Ero con Ezra Pound e Roberto Bolaño, ma non posso riferirle i commenti altrimenti per la giurisdizione di Cancel culture i loro versi sarebbero vietati per sempre».

E nella classificazione dei poeti di Bolaño lei dove si metterebbe?

«Tra gli efebi, come Borges».

E Petrarca?

«Frocione».

E Bocaccio?

«Lui è fuori dalle categorie di Bolaño, trabocca eterosessualità pur facendo poesia. Avrebbe agito diversamente con Beatrice».

Ma quindi lei la conosceva veramente a Beatrice?

«È stata la prima cosa che mi ha chiesto Massimo Troisi. Sì, la conoscevo, ma non l’ho amata mai».

Non ancora, c’è sempre tempo per l’amore.

«Eh no, s’è messa con Jimi Hendrix e ora non vuole sentire altro che Foxy Lady».

Una malafemmina.

«Me l’ha detto anche Totò. Con lui mi diverto molto, detto tra noi: è stato il miglior poeta italiano, ha modificato la lingua, ed è anche l’unico che ha attinto senza paura da me per i suoi film».

Certo, Totò al Giro d’Italia e Totò all’inferno, si è chiesto come mai un comico?

«Perché tra comici ci si riconosce. L’inferno è un capolavoro comico che la scuola italiana racconta male, non a caso in Harry a pezzi mi usa anche Woody Allen».

Se è per questo la cita anche Elvis Costello.

«Lo so, e non si pone domande come quella di Venditti».

Se lei sia un uomo libero o un servo di partito?

«Sono un poeta quindi sono servo del verso e inseguo la libertà della parola. Uno che riscrive a suo piacimento l’aldilà in pieno medioevo come lo definirebbe?».

Si figuri che per me il medioevo comincia quando quegli stronzi dei romani uccidono Archimede, quindi Venditti è colpevole anche di quello, oltre che delle canzoni brutte che adesso scrive. Ma c’è qualcosa dell’Italia di oggi che le piace?

«No. Per me il medioevo è il vostro, senza scomodare neanche Barbero».

Ah, lo conosce?

«Me l’ha fatto vedere Eco».

Ma quindi seguite l’editoria italiana?

«No, Umberto sta cercando di capirne la strategia, come nel Pendolo, gli piace decifrare enigmi».

A proposito di enigmi, non posso non chiederle di Dan Brown.

«Il vero inferno è stato leggerlo».

Nemmeno la trasposizione cinematografia le è piaciuta?

«Ho rimpianto i tempi in cui Ron Howard era semplicemente Richie Cunningham».

Dante guardava Happy Days?

«Non mi perdevo una puntata, ho imparato più da Fonzie che da Virgilio».

E oggi che guarda?

«Le serie tv come tutti. Sa, in fondo la Commedia era una serie tv, o come mi ha detto Dino Risi: il primo film a episodi della storia».

E come mai Risi non ha mai pensato di girarlo?

«Mi ha detto: senza un ombrellone, un sorpasso o Peppino di Capri che sfizio c’è?».

Però c’erano i difetti come ne I mostri. Ma il suo film italiano preferito?

«Il Sorpasso, che domande, sembriamo io e Virgilio, solo che noi abbiamo più comparse e camei di grandi attori».

Invece di comparse che giocano a fare i grandi attori adesso il mondo ne è pieno. C’è qualcuno che le interessa?

«Michel Houellebecq».

E come mai?

«Ha ancora immaginazione, poi gli svolgimenti non reggono il pensiero iniziale, ma almeno prova a scavalcare la normalità».

E un italiano?

«Patrizia Valduga, mi ha fatto scoprire inferni e paradisi della carne finora inesplorati. Solo Andrea Pazienza mi aveva turbato così, tra l’altro citandomi: utilizzò “la bocca sollevò dal fiero pasto”, solo che “quel peccator” si sdoppiò, c’erano due donne che amoreggiavano, baciandosi a sud dei loro corpi, una soluzione alla quale non avevo pensato».

Restando ai mondi inesplorati, segue la politica italiana?

«La vostra crisi di governo a gennaio mi ha fatto perdere tutte le nuove uscite di Netflix».

È ironico?

«Naturalmente, non potevo perdermi Fran Lebowitz per un Draghi, sa, noi qua, come per i vecchi satellitari, possiamo scegliere solo una fascia oraria per collegarci».

Immagino che invece la domenica siate tutti collegati per l’Angelus di papa Francesco.

«In verità credo che abbiano eletto l’argentino sbagliato, e da quando Maradona è arrivato qui da noi ne ho avuto conferma».

E i due papi?

«Il film? Non l’ho visto».

No, dico i due papi veri.

«Guardi hanno scelto questo bipolarismo degno del contemporaneo: il pensiero recluso e l’immagine accattivante sui social».

Non la sento convinto.

«Io sono per il kolossal, sempre».

Ma lei ora dove torna: paradiso, purgatorio o inferno?

«Il posto che li riassume in pochi chilometri quadrati: Miami».