Il tempo della poesia/2

Ecco il secondo articolo della nostra rubrica dedicata alla poesia. Tortuga ha chiesto a Gisella Genna, giornalista e poeta (sotto la sua biografia), di scegliere ogni volta per noi un paio di testi di un autore che lei ama e che le piace condividere (e chissà che vi venga il desiderio di scoprirne di più). Dopo Milo De Angelis, tocca a Cristina Campo.

Come promesso, solo le poesie, senza commento.

 

 L’autrice 

Cristina Campo, nome d’arte di Vittoria Guerrini (Bologna 1923, Roma 1977), è stata una poetessa, scrittrice, traduttrice e critica letteraria italiana. Si è dedicata alla scrittura di saggi, fiabe, epistolari e alla traduzione dei testi di autori come Simone Weil, Hugo von Hofmannsthal, John Donne, W. C. Williams, Juan de la Cruz, Virginia Wolf, Emily Dickinson e altri.

Nel 1956 esce la sua prima raccolta di poesie Passo d’addio (All’insegna del Pesce d’Oro), seguita dai saggi Fiaba e mistero e altre note (Vallecchi 1962), Il flauto e il tappeto (Rusconi 1971) e Diario bizantino e altre poesie, apparso sulla rivista Conoscenza religiosa, diretta da Elémire Zolla (La nuova Italia, 1977). Presso Adelphi sono uscite le raccolte postume Gli imperdonabili (1987), La tigre assenza (1991), che comprende tutte le poesie e traduzioni poetiche, edite e inedite, Sotto falso nome (1998), Lettere a Mita (1999), Caro Bul (2007), Il mio pensiero non vi lascia (2012).

 

 Le poesie scelte 

Elegia di Portland Road (da La tigre assenza, 1991)

Cosa proibita, scura la primavera.

Per anni camminai lungo primavere
più scure del mio sangue. Ora tornano sul Tamigi
sul Tevere i bambini trafitti dai lunghi gigli
le piccole madri nei loro covi d’acacia
l’ora eterna sulle eterne metropoli
che già si staccano, tremano come navi
pronte all’addio…

                      Cosa proibita
scura la primavera.

Io vado sotto le nubi, tra ciliegi
così leggeri che già sono quasi assenti.
Che cosa non è quasi assente tranne me,
da così poco morta, fiamma libera?

(E al centro del roveto riavvampano i vivi
nel riso, nello splendore, come tu li ricordi
come tu ancora li implori).

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(Da La tigre assenza, 1991)

È rimasta laggiù, calda, la vita,
l’aria colore dei miei occhi, il tempo
che bruciavano in fondo ad ogni vento
mani vive, cercandomi…

Rimasta è la carezza che non trovo
più se non tra due sonni, l’infinita
mia sapienza in frantumi. E tu, parola
che tramutavi il sangue in lacrime.

Nemmeno porto un viso
con me, già trapassato in altro viso
come spera nel vino e consumato
negli accesi silenzi…

                             Torno sola
tra due sonni laggiù, vedo l’ulivo
roseo sugli orci colmi d’acqua e luna
del lungo inverno. Torno a te che geli

nella mia lieve tunica di fuoco.

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Gisella Genna è nata nel 1973 a Milano, dove vive e lavora. Giornalista e docente, si occupa di moda. A marzo 2020 è uscita per Interno Poesia la sua prima raccolta in versi Quarta stella. Si sono occupati della sua poesia blog letterari e riviste cartacee e online tra cui La Lettura – Corriere della Sera, la Repubblica, Atelier, La dimora del tempo sospeso, Carteggi Letterari, Il Rifugio dell’Ircocervo, Rai Poesia, Inverso, e altri.