Il legame tra democrazia e lettura secondo Azar Nafisi

Cosa ce ne facciamo della letteratura, o meglio: come potremmo vestirla di utilità. Ecco una delle domande fondamentali che si abbatte sul mondo contemporaneo: senza più tempo da dedicarci, con l’imperativo di non perdere ritmo e l’imposizione del vantaggio personale, leggere storie ormai, con sentenza, è stata archiviata come attività non necessaria.

Se non è materia di studio per un test di ingresso universitario o oggetto di fatturato per case editrici e festival, a cosa potrebbe mai servire?

È da questa panoramica poco incoraggiante che comincia l’indagine de La repubblica dell’immaginazione (2014, ripubblicato in formato tascabile da Adelphi, traduzione di Mariagrazia Gini con le illustrazioni di Peter Sìs) di Azar Nafisi, che sì, vuole essere un saggio letterario, con l’analisi di tre opere della cultura americana –  Huckleberry Finn di Mark Twain, Babbitt di Sinclair Lewis e Il cuore è un cacciatore solitario di Carson McMullers – ma riesce ad annodare e destreggiarsi tra racconto biografico, senza peccare di egotismo, e critica politica, senza riserve, proprio agli Stati Uniti.

Perché Nafisi, scrittrice e anglista, lascia Teheran e tutte le censure del regime iraniano, ma diventando cittadina americana, non rinuncia a quella posizione di solitudine, testimonianza e denuncia a cui ogni scrittore dovrebbe saper rispondere. “Amo gli Stati Uniti più di qualsiasi paese al mondo”, scrive citando James Baldwi, “ed esattamente per questa ragione insisto sul diritto di criticarli, sempre”.

Leggere in Occidente

Così, se la crisi politica ed economica è grave, occorre cercare una via d’uscita oltre la lettura dei titoli di borsa: “Qualcosa di più profondo sta sconquassando il paese: una visione mercenaria e utilitaristica insensibile al vero benessere della gente, che taglia fuori l’immaginazione e il pensiero, che marchia come insignificante la passione per la conoscenza”.

E senza questa volontà non ci può essere immedesimazione e cambio del punto di vista, formazione di una critica personale, ragionare e trovare delle soluzioni differenti. In poche parole, spiega Nafisi: “La conoscenza immaginativa è indispensabile per la formazione di una società democratica”. Tutto comincia ascoltando e leggendo le narrazioni degli altri, se l’Occidente perde questo esercizio rinuncia ad allenarsi come detentore della democrazia.

La crisi del consumo culturale

Superando i tagli ai programmi, le riserve delle nuove generazioni sui classici – tra diffidenza e limitazioni del politicamente corretto, nonché l’incoscienza sull’esistenza di Tocqueville – e la chiusura di librerie (ma anche “musei, teatri, centri per le arti dello spettacolo, accademie di belle arti e di musica”), Nafisi riattraversa tre opere narrative come un percorso di riappropriazione: un ritorno all’immaginazione che gli Stati Uniti stanno mettendo in secondo piano.

La repubblica che più di ogni altra si è resa indipendente da un impero per poter esercitare la propria autonomia e diversità, sembra aver dimenticato gli outsider, gli Huckleberry Finn e l’anticonformismo: il rifiuto di una casa, il posto sicuro, in un mondo crudele che non fa sconti a nessuno.

Tre libri per capire l’America di oggi

Al contrario, il Paese sembra investito dalla medietà di George F. Babbitt, personaggio schiacciato dal dovere borghese e dalla routine quotidiana, che vede passare la sua vita adattandosi alla morale del guadagno, alla quantificazione del materialismo: “Stanno babbittizzando il sistema delle scuole pubbliche americane”, continua Nafisi, “l’apprendimento è visto sempre più come il mezzo per arrivare a un fine, come uno strumento per la creazione di posti di lavoro”.

E se si guarda alla solitudine corale, perdente e dimenticata, de Il cuore è un cacciatore solitario, la scrittrice individua la necessità per la società di rimettersi in ascolto del prossimo, sorpassando il timore nei confronti delle diversità.

Da Teheran a Washington

Se Leggere Lolita a Teheran aveva sottolineato i timori della dittatura nei confronti della pluralità, che da sempre vive e prospera nella letteratura, La repubblica dell’immaginazione è il giusto ribaltamento ed analisi che Nafisi mette in campo: in un sistema che non pone divieti al sapere, in cui nessuno rischia la pena di morte per trovare un testo di Nabokov, come è possibile che si sia rinunciato alla cura attiva della cultura, diventando un Paese che “non tiene ai libri”, ma che anzi li ritiene un lusso?

Alternando i capitoli alle illustrazioni di Peter Sìs – che per Adelphi ha pubblicato il poema persiano, La conferenza degli uccelli per immagini, un altro incredibile testo sull’importanza della consapevolezza democratica – Azar Nafisi dà l’opportunità di compiere un viaggio a più dimensioni nelle radici della cultura americana, aprendo le porte alla propria biografia (e sulla vita dell’amica Farah Ebrahimi, a cui il libro è dedicato), ragionando sulla lenta e mai scontata costruzione della democrazia.

Uno studio da chi ha imparato da pochi anni a chiamare “casa” Washington, ma che non dimentica le fiabe e i racconti da bambina ascoltati dalla voce del padre, e sa allineare Primo Levi, Iosif Brodskij e Gertrude Stein.

Un libro che non ha paura di spingere il lettore ad andare un po’ più in là, spostare le convinzioni e proporre nuove letture. Perché “questo fermento, questo turbamento della quiete, è una responsabilità, e una necessità, degli scrittori”.

E questo Azar Nafisi lo sa fare molto bene.