La vita a venire di Joyce Lussu

Per la sua straordinarietà non volle mai essere un’eccezione. Perché Joyce Lussu, da partigiana, scrittrice, traduttrice, rivoluzionaria e donna, non pensava che i propri talenti dovessero diventare un punteggio per accedere ai diritti, come privilegi riconosciuti solo agli uomini.

La sua rarità non è mai stata beneficio per sé stessa, ma un esempio di biografia a servizio dell’avvenire, di un’umanità più giusta. Delle minoranze e degli sfruttati, degli oppressi e delle donne, tutti da portare sulla stessa linea, per cominciare il nuovo corso della Storia.

Per questo motivo, La Sibilla. Vita di Joyce Lussu, biografia scritta da Silvia Ballestra (2022, Laterza, 248 pp.), non si manifesta come il semplice ritratto di una singola esistenza, anzi, a dispetto delle poche pagine che la compongono sa contenere destini incrociati, intere bibliografie, ricordi e profezie.

Soprattutto si trasforma e rinnova l’occasione per i più giovani di confrontarsi con un passato recente, distorto da un presente sempre più teso a semplificare: il Novecento.

La casa non è il posto delle donne

Nata poco prima della prima guerra mondiale, già dall’infanzia Joyce Lussu, nata Salvadori, si scontra con la brutalità del fascismo; le violenze subite dal padre e dal fratello maggiore Max da subito la costringono ad una riflessione radicale che traccerà l’intero corso della sua esistenza, non solo a porsi “di fronte a ciò che è barbarie e a ciò che invece è civiltà“, ma a considerare il suo ruolo da donna antifascista: “Noi donne eravamo rimaste a casa, in relativa sicurezza; mentre i due uomini della famiglia avevano dovuto buttarsi allo sbaraglio, affrontare i pericoli esterni, la brutalità di una lotta senza quartiere. E giurai a me stessa che mai avrei usato i tradizionali privilegi femminili: se rissa aveva da esserci, nella rissa ci sarei stata anch’io“.

Da contraffattore di documenti a Marsiglia durante il regime di Vichy a recluta del servizio militare britannico per lettura dei codici segreti, ma anche membro del Cnl con nome in codice Simonetta, Lussu non oppone mai il sesso come esenzione dai pericoli e dall’azione.

Avventure e incontri

Un particolare che contribuisce a disegnare nelle pagine di Ballestra un profilo contemporaneo, un melting pop di lingue, tradizioni e libertà, da far diventare La sibilla un vero e proprio romanzo di avventure che non hanno bisogno di nessuna concessione della potenza creativa: la fuga da Parigi con l’avanzata dei nazisti è l’apocalisse di Suite francese di Irène Némirovsky, così come la Napoli degli alleati fotografa la miseria e le macerie di La pelle di Curzio Malaparte.

E da grande racconto, alle fughe, operazioni segrete e stravolgimenti politici, si affiancano affollate gallerie di personaggi: se da studentessa ad Heidelberg, rimprovera Karl Jaspers di non prevedere nell’ascesa di Hitler la degenerazione del nazionalsocialismo, con Benedetto Croce litigherà per tutta la vita sul ruolo della donna, la guerra e soprattutto il marxismo.

Ma c’è anche l’incontro con Giuseppe Modigliani e sua moglie Vera e il piano di evasione per portarli in salvo dalla Francia alla Svizzera, le poesie di Nazım Hikmet che decreteranno la nascita del “sistema Joyce di traduzione“, la fuga organizzata dalla Turchia della prima moglie Munevver.

Il rapporto con Emilio Lussu 

E su tutti Emilio Lussu, capitano della Brigata Sassari durante la Grande Guerra, fondatore del Partito Sardo d’Azione e del movimento Giustizia e Libertà, ma soprattutto amico e marito, complice nella clandestinità e legame a distanza, compagno di una telepatia che li fa rincontrare di città in città dopo lunghi periodi di assenza, senza accordarsi.

Se “la grande quercia” nell’Italia repubblicana metterà le sue radici a Roma, per partecipare alla vita democratica, Joyce Lussu inizia ad intraprendere viaggi, irripetibili esperienze ma con la consapevolezza di un puntuale ritorno: “La più grande gioia era di raccontarle a Emilio. Forse, come Sinbad il marinaio, cercavo le avventure solo per poterle raccontare. Era ancora un modo di ritrovarmi con Emilio, per parlare da pari a pari, di discutere insieme la vita che ciascuno inventava autonomamente, al di fuori delle grigie ipoteche che la società tentava d’imporre al nostro consorzio“.

Una vita e un secolo, il Novecento

Una biografia che ne intreccia altre e tesse la Storia dell’ultimo secolo, diventando una coralità che non lascia indietro nessuno, soprattutto nelle difficoltà, così Ballestra arricchisce lo sfondo chiamando le testimonianze di studiose, registe e ricercatrici, una pluralità di menti e punti di vista, tesa a ribaltare l’unica immagine dell’eroe nella Resistenza: maschio e senza paura.

Perché La sibilla non sia solo il libro su una donna, ma una storia di donne, come Maria Biasini, vissute agli argini delle voci immediatamente riconoscibili ma che hanno saputo fare la differenza nella lotta e nell’urgenza.

Joyce Lussu si impone con facilità nelle pagine come esempio di coerenza e forza, soprattutto quando relegata a quota di minoranza, ma Ballestra della sua sibilla ne esalta lo spirito d’analisi, degna di una voce politico-intellettuale senza arrampicate sociali e senza rendite di posizione, capace di tracciare dal presente le conclusioni di un futuro, non solo prossimo.

Contro l’amnistia e il “perdono”

Se nell’armistizio dell’8 settembre non riesce a gioire intuendo che la guerra è tutt’altro che finita, sarà la prima ad obiettare sull’amnistia di Togliatti nel dopoguerra e sui tentativi di insabbiamento delle stragi fasciste, i riposizionamenti e gli occultamenti, causa delle sue ulcere: “Non avevamo tempo di storicizzare, dovevamo costruire l’Italia, anche se poi non ci siamo riusciti perché c’è stata una restaurazione dopo la liberazione“.

Sarebbe riduttivo definire La sibilla di Silvia Ballestra un semplice libro biografico: in meno di trecento pagine scorre in velocità la potenza di un secolo, breve e irripetibile, tra pagine da romanzo di avventure e ricerche nelle biblioteche dei documenti, tra analisi politiche, incontri e scoperte di poesie eschimesi, soprattutto interrogativi dell’autrice su come condurre il metodo di selezione tra vita privata e pubblica.

Tutti importanti tasselli che si dispongono per formare la straordinarietà di una donna libera da qualsiasi preconcetto e limite d’azione. E il successo di questa operazione è l’unica eccezionalità che anche Joyce Lussu avrebbe concesso.