Il romanzo di esordio del divo Tom Hanks

Per anni Tom Hanks è stato la punta dell’iceberg. Da Il codice da Vinci di Dan Brown a Il miglio verde di Stephen King, passando per Forrest Gump di Winston Groom, fino a diventare Geppetto per Pinocchio di Carlo Collodi, ha prestato il proprio volto alla letteratura per trasformarsi in immagine.

E anche quando non ha recitato per una trasposizione cinematografica, il corpo di Tom Hanks ha incarnato il nuovo romanzo americano che viaggiava dalle pagine delle sceneggiature alle sale: Philadelphia (1993) di Jonathan Demme, Sully (2016) di Clint Eastwood e The Post (2017) di Steven Spielberg, solo per citarne alcuni.

Dallo schermo alla carta

E se l’attore non ha esaurito affatto la voglia e la forza di interpretare il punto finale di un lungo percorso di scrittura, trasformandosi ogni volta in personaggio, negli ultimi anni ha iniziato a sperimentare un nuovo circuito, tutto a ritroso: dalle immagini alle parole.

Dopo la raccolta di racconti, suo esordio letterario, Tipi non comuni (Bompiani, 2017, traduzione di Alessandro Mari), lancia la sfida al genere romanzesco, consegnando Nascita di un capolavoro del cinema (Bompiani, 2023, sempre tradotto da Alessandro Mari).

Come fare ironia sull’industria del cinema

Un libro nato per sfuggire alla noia dell’attesa tra un set e l’altro, che sa bilanciare i diversi registri linguistici, cambi di scena – andando avanti e indietro nel tempo – e l’alternarsi delle ambientazioni.

Un soggetto ideale per una futura produzione di Robert Zemeckis, viene da suggerire. Ma Tom Hanks dà prova di aver divertito prima di tutto sé stesso, senza pensare troppo al pubblico: sviluppando la storia di come un fumetto di contro-cultura anni Settanta, La leggenda dell’incendiario, possa trasformarsi nel film hollywoodiano Guerriera Insonne del regista contemporaneo Bill Johnson, da scrittore ironizza sulla produzione cinematografica, commenta lo stato dell’industria del ventesimo secolo, vizi e ossessioni degli addetti ai lavori.

Invece di impelagarsi in articoli di critica – come Martin Scorsese qualche anno fa con la Marvel, sul New York Times I Said Marvel Movies Aren’t Cinema. Let Me Explain – l’attore con eleganza racconta in commedia: “Niente spazio. Niente viaggi nel tempo. Niente tiranni malvagi. Niente mantelli. Niente nomi stupidi. Nomi veri. Va bene, forse nomi in codice“.

Una galleria di addetti ai lavori

Con profonda indulgenza, forse eccedendo, Tom Hanks mostra, come un bar sotto il mare, i prototipi che popolano la lavorazione di un film: divi del momento e vecchie guardie, tecnici e attrezzisti, ma soprattutto i motori dell’ingranaggio, produttrice e tutto fare.

Prepara la pagina, lascia che un personaggio entri in scena e gli concede spazio, dettagli per ogni carattere, non sollecitando immediatamente le conclusioni sulle azioni. Non ha fretta, come un ottimo montatore, riconosce il momento per fermarsi, concedersi del tempo in più su un particolare, per poi accelerare.

Per questo dalla velocità di alcuni dialoghi sembra riemergere il dinamismo delle commedie di Peter Bogdanovich, in particolare Rumori fuori scena (1992).

Un mix di dramma e romanticismo

E se si diverte a mischiare fumetti ad appunti di lavorazione, lettere a pagine di sceneggiature, alla commedia sa alternare generi differenti: il dramma dei veterani della seconda guerra mondiale, di chi torna dal fronte e non riesce a inserirsi di nuovo nella società che aveva lasciato – la storia di Bob, zio del disegnatore de La leggenda dell’incendiario – e la linea romantica.

Come in alcune delle sue interpretazioni più memorabili per il grande schermo – Insonnia d’amore (1993), C’è posta per te (1998) – l’amore per Tom Hanks è una coincidenza in aeroporto, un’epifania mista a una conversazione brillante – “gooonnng!” – un incontro senza sofferenze, al massimo un cercarsi in un quartiere di Albuquerque, ma senza episodi di stalking.

L’amore secondo Tom Hanks

Del resto l’amore è una corsa: senza un minimo di affanno che gusto c’è? Uno stile che richiama la voce e i tempi comici di Nora Ephron, regista e amica dell’attore, che fu tra le prime a suggerirgli di dedicarsi alla scrittura: “Disse che avevo la mente da scrittore, ma non la disciplina“, eppure con il tempo Hanks ha saputo trovare la costanza, anche con l’esercizio della brevità del racconto. E se la prima opera, Tipi non comuni, si apriva con una dedica alla sceneggiatrice, scrittrice e regista morta nel 2012, con non poca commozione si ritrova tra i personaggi secondari, una Nora, sorella del disegnatore Robby Andersen: una compagna di giochi e un’osservatrice attenta.

Che il cinema della nuova era abbia iniziato ad andare stretto, come un vestito fuori misura, ai protagonisti di un tempo, potrebbe regalare qualche sorpresa alla letteratura di questi anni, perché Tom Hanks senza pretendere un nuovo corso da bestsellerista, recupera il piacere che dovrebbe essere sempre uno dei centri d’interesse per l’arte: il gusto di raccontare storie. Dal grande schermo alle pagine di un libro. E viceversa.