Perché dovevamo aspettarci la guerra in Ucraina

Un ex comico ebreo diventato presidente di una nazione dopo aver raggiunto la popolarità interpretando un presidente immaginario in una serie televisiva viene accusato di essere un nazi-fascista dal presidente (despota?) della vicina superpotenza che invade quel Paese, convinto che sarà una guerra lampo, tanto più che l’esercito nemico è pieno di checche (Mi dissocio dal termine, ma è quello che userebbe il presidente-despota).

Sembra la trama di un romanzo di Gary Shteyngart. Titolo perfetto: Absurdistan. Che, ops, lo scrittore russo naturalizzato americano, ha già usato per il suo secondo romanzo, uscito in Italia per Guanda nel 2006 e in cui si raccontava di un giovane americano di origini russe, obeso e appassionato di rap, che, durante un viaggio nell’ Europa dell’est, finisce per rimanere bloccato in una piccola repubblica dell’ex impero sovietico dove, nel frattempo, scoppia una guerra civile scatenata da due fazioni religiose.

Dall’inizio del conflitto in Ucraina, Shteyngart, ha postato i suoi commenti su Facebook. Nonostante la rabbia e lo shock per quello che sta accadendo, il tono è lo stesso dei suoi romanzi, sarcastico e surreale. In un post, per esempio, annuncia di voler contribuire al boicottaggio di Putin, smettendo di bere vodka importata dalla Russia. “Considerato quanta ne consumo, dovrebbe bastare a mettere in crisi uno dei tre settori industriali della nazione”.

Non ha perso il senso dell’ironia…

Ma è vero! L’ho fatto sul serio. Adesso, ci sono ottime vodke americane. Anche quelle ucraine sono molto buone, ma non è facile trovarle in commercio negli Stati Uniti.

In un post successivo annunciava un sit-in di protesta il 28 febbraio a New York. Com’è andata?

Molto bene! C’era parecchia gente, abbiamo cantato canzoni. Ce n’è una molto divertente, inventata dagli ucraini, sul pene di Putin che, invece di essere grosso come vorrebbe la propaganda, è minuscolo… (Canticchia). La stanno cantando ovunque nel mondo, ho visto online anche alcuni mariachi nelle strade di Los Angeles.

Da scrittore satirico qual è la sua opinione sull’attuale presidente ed ex comico ucraino Zelens’kyj?

La gente non dovrebbe sottovalutare i comici. L’ironia è soltanto un altro modo per parlare di tragedie. Dietro la satira c’è sempre la rabbia nei confronti dello status quo. E guardi come si sta comportando Zelens’kyj in questi giorni: ancora adesso usa l’umorismo di quando in quando. La comicità, a volte, è proprio ciò di cui abbiamo bisogno per fronteggiare la tirannia.

Nel 2015 lei si sottopose a un curioso esperimento: si isolò in una camera d’albergo per una settimana a guardare solo la Tv russa per capire gli effetti della propaganda di Putin. Lo raccontò in un articolo pubblicato sul New York Times che, letto oggi, fa impressione. Viene da chiedersi: come abbiamo fatto a non capire prima che questa guerra sarebbe scoppiata?

In Russia è in corso da molti anni un progetto di indottrinamento di massa, simile a quelli che il fascismo e il nazismo praticarono in Europa nel secolo scorso. Tutti i programmi hanno lo stesso obiettivo: disumanizzare specifici gruppi di persone, dai ricchi moscoviti agli omosessuali, proprio come facevano Hitler e Mussolini. Ma, soprattutto, alimentano la rabbia verso gli ucraini che vengono descritti come un popolo di nazi-fascisti.

Da cui la necessità dell’invasione.

Putin sostiene che la Russia è intervenuta per denazificare l’Ucraina. L’ironia di tutto questo è che il presunto presidente nazista, Zelens’kyj, è un ebreo che è cresciuto parlando il russo, non l’ucraino.

Ha continuato a guardare la Tv russa dopo quell’esperimento?

No, per carità. Ogni tanto dò un’occhiata al sito di uno dei network. Ma è sempre la stessa merda, la stessa propaganda, gli stessi discorsi, uguali parola per parola. L’invasione la chiamano “operazione speciale”, roba di questo genere. E ogni volta che qualche idiota qui in America, dice: “è un conflitto che riguarda entrambi i lati” o stupidaggini del genere, i media russi le riprendono immediatamente la loro propaganda. La differenza è che la disinformazione ha funzionato piuttosto bene nel 2014, durante la crisi in Crimea, e persino meglio durante le elezioni americane o la Brexit… Ma oggi è molto più difficile. Mi ricordo, per esempio, che dopo l’annessione della Crimea, subii attacchi da parte di troll russi. Succede anche oggi ma è come se non avessero bevuto abbastanza caffè, sono mezzi addormentati, deboli. Probabilmente, anche gli hacker sanno che l’attacco questa volta non ha speranza di successo.

Ha detto che l’annessione della Crimea, agli occhi dei russi, ha reso Putin  il leader più potente degli ultimi cent’anni.

C’è un sacco di machismo in Russia, l’immagine della super potenza alla conquista del mondo è alla base del mito nazionale. In parte è una reazione alle umiliazioni subite negli anni Novanta. Ma, alla fine, la Russia si è fottuta da sola, concentrando il potere nelle mani di oligarchi e criminali. L’economia dovrebbe essere in pieno sviluppo in un Paese con un grande sistema universitario e, invece, non è successo nulla del genere. Lei usa cellulari russi? Che prodotti, che tecnologie esportano nel mondo? Nessuna. E questo nonostante, ci siano un sacco di persone intelligenti in Russia. Che, però, o hanno scelto la carriera militare, perché l’esercito era la priorità, oppure se ne sono andati a lavorare all’estero. Oggi, tutti darebbero qualunque cosa per andarsene. La guerra in Ucraina è molto più difficile da giustificare, tantissimi provano un senso di vergogna per quello che sta accadendo.

I suoi libri sono tradotti in russo?

Avevano cominciato a farlo ma, poi, si sono fermati. I diritti del mio ultimo romanzo sono stati comprati da un editore russo ma il libro non è uscito. Credo abbiano paura. Absurdistan suscitò parecchie critiche, molti mi hanno accusato di essere un traditore della patria per avere preso in giro l’Europa dell’Est mentre me ne stavo negli Stati Uniti. Diciamo che non ho mai goduto di una grande popolarità in Russia.

A maggio esce in Italia sempre per Guanda il suo nuovo romanzo, il titolo in inglese è Our Country Friends. In un’intervista recente in cui parlava del libro, ha detto che vivere in un mondo nel quale accadono continuamente fatti orribili e non esiste via di fuga, deve tradursi in un diverso modo di scrivere. In che senso?

Sono cresciuto a Leningrado in una piazza dominata da una gigantesca statua di Lenin, sono andato via prima del crollo dell’Unione sovietica, sono tornato in Russia molte volte per vedere come il Paese si stava trasformando, molti autori satirici usano il passato per parlare del presente, io, per farlo ho scritto una storia ambientata nel futuro… Tutto questo per dire che oggi, a differenza di qualche anno fa, le cose cambiamo così velocemente che credo sia il momento di lasciar perdere la fantascienza e cogliere quello che accade nel momento in cui accade. Che è quello che ho fatto nel mio ultimo libro che parla dei primi giorni della pandemia ed è stato scritto nei primi giorni della pandemia.

Dal suo punto vista, ovvero di uno, cito le sue parole, che è stato educato dai suoi genitori ad aspettarsi il peggio e che ha imparato a pensare in termini apocalittici, come immagina l’evolversi della guerra?

Gli ucraini continueranno a combattere. Moriranno tante persone, purtroppo, perché credo che la guerra durerà a lungo. Migliaia di ucraini e di soldati russi, ragazzi di neppure vent’anni che pensano di partire per un’esercitazione e vengono mandati in guerra contro un Paese verso il quale non provano nessun sentimento ostile, che non capiscono perché quegli altri, che parlano la loro stessa lingua, gli sparano addosso. Ma il lato positivo è che la messa in scena è finita e adesso sappiamo chi stiamo fronteggiando e siamo consapevoli che ci sono forze in America che potrebbero fare lo stesso qui. Perché tutti i fascismi sono connessi fra di loro. Ci sono movimenti in Europa, anche in Italia, che sono stati creati dal Cremlino. Siamo tutti insieme in questa guerra.