Se Elena di Troia potesse parlare

L’età preferisce non dirla (però, volendo, su Google si trova). Sostiene Marilù Oliva che anche nel mondo dell’editoria esiste un rifiuto nei confronti delle “diversamente giovani”, un maschilismo di fondo, “come se un’autrice a 50 anni valesse meno di un uomo e non avesse senso puntare su di lei”.

A riprova, invita a ipotizzare nomi di donne che hanno debuttato dopo i 40, come successo per esempio a Maurizio De Giovanni o Roberto Costantini. No, Elena Ferrante non vale: l’uso dello pseudonimo ne ha fatto un caso a prescindere, e poi lei l’ambiente lo frequentava già da tempo.

Bolognese, Marilù in realtà il primo libro – Repetita, storia di un serial killer che uccide riproponendo alcuni assassini del passato – lo ha pubblicato abbastanza presto, nel 2009, e in primavera il romanzo tornerà in libreria con Solferino.

Prima, c’erano stati diversi rifiuti “salutari” che – ripete spesso ai suoi allievi del corso online di scrittura avanzato – hanno fatto un gran bene, perché a rileggerli quei manoscritti davvero non valevano la pena, “erano testi leggeri e rischiavo di rimanere etichettata nel genere chick lit”.

Dopo aver bazzicato per un po’ il crime, vincendo anche un premio Scerbanenco con Questo libro non esiste, ultimamente la Oliva scrive invece storie ambientate nel mondo classico. Due anni fa ha pubblicato L’Odissea raccontata da Penelope, Circe, Calipso e le altre (che sta per essere tradotto anche in Grecia), l’anno scorso L’Eneide di Didone.

La storia e la mitologia greco romana sono evergreen che continuano ad appassionare i lettori?

Non è una moda, il fascino che ha esercitato la mitologia nei millenni è indiscutibile. La troviamo anche nelle opere, per esempio, di Dante o Pavese, nelle tante riscritture fatte nel corso degli anni. Questo ha molto a che vedere con la formazione del nostro immaginario. Noi veniamo da lì.

Noi europei?

Non solo. Pensiamo alle animazioni di Miyazaki: nella sua Città incantata la protagonista arriva in questa città con i genitori, che si abbuffano e si trasformano in maiali.

Come i compagni di Ulisse colpiti da Circe, la maga di cui racconta anche nella sua Odissea. Perché in questa riscrittura ha reso protagoniste le donne?

Con Omero sono stata fedele alla storia al 100 per cento, Virgilio l’ho un po’ reinterpretato dal punto di vista femminile.

Non proprio un dettaglio: Didone, anziché uccidersi, salpa verso la futura Roma al posto di Enea.

Ma racconto esattamente tutto ciò che succede nell’Eneide.

Il punto di vista femminile, dicevamo. Lei si è occupata anche di scrittura di genere…

Le donne di Omero erano speciali per la loro epoca, ed è come se fossero state insabbiate in una narrazione troppo maschio-centrica. Così, le ho fatte parlare.

La guerra di Troia è stata collocata nel 1250 avanti Cristo, non proprio tempi di femminismo.

Allora le donne servivano per procreare o per il piacere degli uomini. Nell’Iliade lo si vede benissimo: da una parte le concubine (Elena) che fanno scatenare la guerra, dall’altra le mogli (Ecuba, Andromaca) che vivono solo all’ombra dei mariti. Nell’Odissea è tutto sovvertito.

In che modo?

La prima volta che troviamo, Ulisse ci si presenta come il toy boy della ninfa Calipso, che da sette anni lo tiene prigioniero. Lui è un frignone, si consuma i giorni sugli scogli piangendo di nostaglia. Ma a Calipso non frega niente: l’importante è averlo tutti le notti nel suo talamo. In più, nell’Odissea le donne governano sui luoghi in cui vivono, come Circe che detiene il sapere su pozioni, oppure Penelope che per vent’anni ha saputo mantenere il potere per il suo uomo assente: una grande politica, che ce la fa grazie alla sua intelligenza.

E poi ci sono le dee.

Sì, come Atena. È bello che sia una femmina la dea dell’intelligenza. Ed è anche dea della guerra, ma non quella feroce di cui si occupa Marte, quella strategica che si decide fra i comandanti: interessante che in questi spazi esclusivamente maschili sia padrona una donna.

Lei è anche insegnante di lettere, in un Istituto tecnico. Ai ragazzi racconta tutto questo? Oppure sono storie troppo “vecchie” per loro?

Alcuni colleghi tolgono Dante dal triennio, oppure I promessi sposi: pensano che al tecnico non serva. Sbagliano. Soprattutto lì, c’è bisogno di bellezza, perché questa è l’ultima possibilità che i ragazzi avranno di usufruire gratuitamente di letteratura. E una volta che superano lo sforzo della lettura, cui non sono abituati, sono loro i primi ad appassionarsi, si ricordano tutti i nomi, le caratteristiche, le differenze.

Quali differenze?

Quando affronto l’Iliade, faccio sempre vedere il film Troy per individuare che cosa ha di diverso rispetto a Omero. Per esempio alcune pacchianate come la cuginanza fra Achille e Patroclo: mai che si adombri l’omosessualità. I ragazzi rispondono sempre con entusiasmo e meraviglia.

Continuerà a occuparsi di antichità come scrittrice?

Per De Agostini pubblicherò un libro sulla diversità nel mito, creature straordinarie che sembrano diverse ma in realtà sono persone speciali.