I destini incrociati di Simona Marchini e Roberta Betti

Una storia al femminile, fatta di coraggio e tavole del palcoscenico da tramandare attraverso le generazioni. La donna che riapriva i teatri, di Francesco Raniero Martinotti, presentato al Torino Film Festival, è la storia di Roberta Betti. Ma non è solo la sua. Come tutte le storie, comincia con una persona (Drusilla Foer) che racconta: “C’era una volta…”.

Drusilla Foer nel documentario “La donna che riapriva i teatri”

Due donne, due mondi lontani che si incontrano

C’era quindi una volta una donna che si chiamava Roberta Betti. Nella sua favola, il castello era in realtà un teatro, principi e principesse erano attori e attrici. I draghi da vincere erano le banche che di quella sala volevano fare un grande garage (come succede oggi con i cinema trasformati in centri commerciali o Apple Store).

A raccontare la storia del Politeama Pratese è anche Simona Marchini. E anche la sua è un’avventura che ha molto a che vedere con la favola.

L’ha raccontata in parte in un libro, Corpo estraneo. Figlia di un imprenditore romano, Alvaro Marchini, ex moglie di due mariti, il secondo dei quali era il capitano della Roma Ciccio Cordova, una figlia e il desiderio (“fallito” per ben quattro volte) di averne altri.

Simona è cresciuta in un ambiente completamente diverso da quello di Roberta Betti, la cui mamma faceva la sarta e il padre era stato contadino prima di staccare i biglietti al Politeama. Eppure, a entrambe è successo qualcosa che ha ribaltato la loro vita.

L’amore fortuito per il teatro

La Betti, morta nel 2020 a 89 anni, appassionata di musica ma delusa dai concorsi pilotati, un giorno con l’amica di tutta la vita Elvira Trentini mise su un’impresa di pulizie e – “donne volitive, imprenditrici e creatrici”, come le definisce la Marchini – decise di investire in questo teatro, il più grande di Prato dopo il Metastasio.

Così, quando, a causa dell’obbligo di rimettere a norma tutte le sale dopo l’incendio del cinema Statuto a Torino nel 1983, fu necessario ristrutturare anche il Politeama, con costi insostenibili dal proprietario, lei si lanciò in una complicatissima avventura di raccolta fondi.

La storia è nel film, basti dire che non solo ce la fece, ma riuscì anche ad avviare una scuola di musical. E qui entra in gioco Simona Marchini.

Il cui “colpo di teatro” della vita fu una vacanza in montagna dove, fra lacrime e risate, raccontava agli amici le proprie sventure sentimentali. Fra i presenti c’era il coreografo Don Lurio, che rimase folgorato, portò la Marchini riluttante dal regista Romolo Siena, il quale le fece un provino e la signora della Roma bene divenne Iside, prostituta che dal Raccordo anulare di Roma raccontava le proprie storielle nel programma A tutto gag.

La grande popolarità arrivò poi con la centralinista di Quelli della notte, versione romana e popolare della comicità di Franca Valeri.

Poi, c’è stato il teatro, di prosa e lirico, ci sono state tante regie, c’è adesso la Galleria d’arte che il padre aveva aperto e dove lei continua a ricevere artisti di fama ma anche molti giovani.

Rewind. Come fu che conobbe Roberta Betti?

Lei ed Elvira  mi vennero a vedere a teatro e diventammo grandi amiche. Roberta mi disse: “Noi si deve fare qualcosa insieme“. Così iniziamo a lavorare, feci degli spettacoli da lei e creammo la scuola di musical. Abbiamo collaborato per tanti anni, con affetto. Il Politeama era in origine il giardino di un palazzo nobiliare, che poi è stato coperto dall’architetto Pier Luigi Nervi, con un soffitto che si può aprire a vedere le stelle. È un teatro nato per amore, una storia bella, di sentimento.

Al centro Roberta Betti, protagonista del documentario “La donna che riapriva i teatri”

Adesso che la Betti è scomparsa, che ne sarà?

Io continuo a collaborare con la nuova signora che lo gestisce, e per ora abbiamo salvato anche la scuola di musical. Roberta ci teneva tantissimo al Politeama, insieme volevamo far circolare i saggi dei ragazzi, che sono spettacoli veri e propri.

Questo si vede anche nel film, dove gli allievi della scuola raccontano in musical proprio la storia della Betti e del teatro.

Roberta mi chiese: “Chi si prende per la scuola?“. Prendemmo Franco Miseria, il coreografo più bravo. Si faceva recitazione, canto e danza e nel saggio finale si includevano anche i ragazzini sprovveduti, i più piccoli. Erano spettacoli veri e propri, belli.

A parte la scuola, lei che cosa faceva con il Politeama?

Ho fatto tante cose. A un certo punto Roberta disse: “È l’anno verdiano, che si fa?“. Decidemmo per Rigoletto: lei amava moltissimo la musica. Però, dopo che al concorso della Canzone napoletana le chiesero 10 milioni, altrimenti preferivano far vincere Ricordi, aveva deciso di chiudere per sempre il pianoforte. Ma la sua era una tale passione che un’estate decise che doveva scavare nel teatro anche il golfo mistico per l’orchestra. L’architetto non era d’accordo e lei aspettò che lui andasse in vacanza per fare tutti i lavori. Al ritorno, le signore di Prato che erano state in barca o in Versilia le chiedevano: “E tu dove sei stata?“. “Noi si è andate al golfo mistico“. “Che fortunate, noi sempre a Viareggio si sta!“. Poi abbiamo anche fatto una serata Unicef con Vedova allegra, che era il sogno di Roberta ed Elvira. Mettemmo che una parodia dei Tre tenori, che cantavano con voci da donna: 30mila euro di incasso.

A proposito di Unicef: nel suo libro lei racconta che Roberto Bolle in un’altra occasione non si comportò proprio bene.

È stata una grande delusione umana. Lo conobbi che aveva vent’anni, lo feci diventare ambasciatore dell’Unicef e per un bel po’ è stato molto corretto. Intanto faceva carriera, anche se è sì bello, atletico e ha grande tenacia, ma è troppo tecnico, una statua di ghiaccio. Non voglio parlarne troppo: il fatto è che per un bel galà che organizzai a Roma per l’Unicef, lui si fece pagare, cosa che quando fai una serata di beneficenza non succede mai. La spesa alla fine me la sono accollata io, non si poteva far saltare tutto. Venne anche il Presidente Napolitano con la moglie, e si arrampicarono sulla scala a chiocciola per salutarlo.

Lei ama molto la musica, ha anche fatto la comparsa in opere importanti. Mai pensato di cantare?

Io sono nata e cresciuta con l’opera in famiglia, si sentivano i dischi col nonno, a due anni cantavo la Butterfly. Gli amici di papà gli avevano suggerito di farmela studiare. Il problema è che ero molto brava anche a scuola, uffa, e i miei genitori erano preoccupati dall’ambiente del teatro. Non mi mandarono al Conservatorio, e per me fu un lutto.

Poi si è però rifatta, è diventata un’attrice.

Dopo Quelli della notte una sera a teatro mi trovai vicino a Pupella Maggio, e la grande attrice mi disse: “Io t’aggio sempre guardata, mi piaci assai’” Le risposi: “Io però non ho mai fatto una scuola di teatro, un’accademia“. “Perciò si n’attrice“. Diventammo amiche. Un grande affetto c’era anche con Franca Valeri, ci accomunava una forma di ironia leggera, che dipende dall’educazione allo stare al mondo che abbiamo avuto.

Come è stato l’impatto con Renzo Arbore?

Mi chiamò un mese prima della trasmissione e mi disse: “Non so se farai la telefonista o la cugina“. Dopo 15 giorni ci troviamo a casa sua, tutti gli altri (Nino Frassica, Maurizio Ferrini, Marisa Laurito, Riccardo Pazzaglia… ndr) avevano già il loro personaggio. Io no. Renzo mi dice: “Farai la telefonista“. “Sì, signor Arbore“, e il personaggio venne fuori così. Il comico ha una particolare qualità: è un osservatore sempre, mette via nella sua testa una serie di caratteristiche delle persone, io mi compravo i giornaletti per essere aggiornata su divi e dive per questa donna che facevo e che sogna il mondo degli attori.

Come vede oggi la televisione?

Bisognerebbe recuperare gente che ha esperienza della Tv ed etica, oltre che talento. Io sono gratissima a chi mi ha voluto. Don Lurio per primo, poi Romolo Siena, Gigi Proietti che mi ha addirittura regalato una regia. Mai credevo che avrei avuto quel successo. Ma da Tangentopoli in poi io vivo un lutto morale. È cominciata la tv privata, la Rai è stata distrutta, ci sono state epurazioni, hanno chiuso i laboratori costumi e scenografie Rai, tutto appaltato fuori. Eliminando i più bravi sono successe cose orribili sul piano della qualità e questo ha inciso sul costume, su tutto.

Anche lei è stata epurata?

Da quando è arrivata la Moratti non ho più fatto niente, solo un po’ di Don Matteo. La Moratti ha ristrutturato la Rai, che era fra le migliori d’Europa, secondo una visione commerciale, mandando via i bravi. Io allora dovevo fare una fiction con Franca Valeri, invece mi hanno cancellata e l’ho saputo per caso. Mi hanno riferito che hanno detto: “Quella non può lavorare” Peccato, era molto divertente: dovevo fare una divorziata con due figli e un ex che veniva sempre a mangiare da lei, mentre sul pianerottolo c’era la suocera – la Valeri – leghista, fidanzata con un colonnello. Adesso invece riprenderò per le feste di Natale la commedia Mine vaganti, dove ho la parte che fu di Virna Lisi nel film”.

In che cosa si sente un Corpo estraneo?

Mi rendo conto di essere un caso curioso, non ho fatto la trafila, l’accademia, ho cominciato tardi dopo i 35 anni però ho avuto la stima di Memè Perlini, Jérôme Savary, Proietti. E qualcosa vorrà dire.