Una “biografia” storica e politica dell’acqua

Siccità e alluvioni: due estremi che hanno costellato l’estate 2022 (ma nessuno si illuda: non finisce qui) e che sono ineluttabilmente collegati. A legarli, nell’assenza o nell’eccesso, è l’acqua.

Quell’acqua che già nel VII secolo a.C. il filosofo cinese Guan Zhong definì come l’elemento più terribile di cui tenere conto, perché “fra tutti i disastri naturali da cui una città avrebbe dovuto essere protetta, le alluvioni erano di gran lunga i peggiori”. Se si vuole costruire una città destinata a vivere nei secoli, meglio stare attenti a dove la si colloca, non saranno dal fuoco o dall’aria che arriverà la distruzione.

La storia è una delle tante che il fisico e saggista Giulio Boccaletti – fra le altre cose, ricercatore della Smith School di Oxford e senior fellow del Centro euro-mediterraneo per i cambiamenti climatici – racconta nel suo libro Acqua: 480 dense pagine che ricostruiscono la storia di questo elemento nel mondo.

Invitato al Festival della mente di Sarzana (non c’era ancora stata l’alluvione delle Marche, ma la tragedia della Marmolada e i bollenti mesi estivi già rendevano più che attuale il suo intervento), l’autore ha parlato a lungo di “Fermi, mentre l’acqua scorre”.

Nonostante sia uno scienziato, Boccaletti – nel libro come nell’incontro con il pubblico – non ragiona tecnicamente in termini di H2O. Ciò che vuole dire, partendo dalla preistoria per arrivare a domani, è che se si vuole parlare seriamente di acqua e dei suoi problemi non si può prescindere da una ricostruzione storica e politica.

Siamo abituati a sentirci dire: fate le docce corte, chiudete il rubinetto quando vi lavate i denti. Ma non è tutto qui. L’organizzazione di una società circondata da acqua in movimento ha prodotto condizioni che legano tutti noi in un rapporto di reciproca dipendenza, funzionale a gestire l’ambiente. C’è di mezzo una contrapposizione di forze, un esercizio di potere: è una faccenda politica, che richiede la risposta di tutti noi”.

Prendiamo il Po, per esempio. Riprese e immagini del fiume in secca, quasi come il Tevere filmato da Paolo Virzì nel film Siccità, presentato a Venezia, danno della realtà solo una lettura di parte. Non è che l’acqua sia sparita, è che il modo in cui viene drenata per le irrigazioni non si adatta ai cambiamenti climatici: si va avanti come se niente fosse, senza una visione politica collettiva.

In realtà anche i latini avevano il problema. I grandi fiumi erano pubblici, appartenevano allo Stato, ma appena si usciva dagli argini entrava in gioco la proprietà privata e quindi poco si poteva intervenire. La risposta di Roma, ricostruisce l’autore, fu di favorire il commercio acquatico, strategia per arrivare a sfamare tutte le province dell’impero.

La storia è lunga, parte dalle origini del mondo e dall’arrivo dell’acqua sulla Terra, forse tramite “macerie” di stelle. Supera le glaciazioni (un chilometro di ghiaccio sotto i piedi in tutto l’emisfero boreale), la rivoluzione del neolitico, l’agricoltura come prima forma di potere in Grecia… Arriva alla Cina di oggi e all’Africa. E qui si capisce meglio perché la soluzione non possa essere che geopolitica: laddove la sete aumenta, le migrazioni diventano necessarie, e le rivoluzioni si preparano.

Dice Boccaletti: “L’acqua non finirà, viene costantemente riciclata e quella che stiamo bevendo è probabilmente passata per le reni di qualche dinosauro. Ma è come l’acqua si comporta che ci interessa”. Ossia, sotto che forma, fiumi o ghiaccio o vapore acqueo, con la crescita del gas serra che “è come una coperta che trattiene il calore nel pianeta, un potentissimo amplificatore di segnali climatici”.

Teniamo anche conto che i segnali climatici idrici hanno una potenza energetica mostruosa: “L’acqua ha il calore latente più alto, passando da una fase all’altra assorbe enormi quantità di energia. Un uragano medio sull’Atlantico, per esempio, in 2 settimane usa tanta energia quanto l’intera economia umana in un anno. La consideriamo una sostanza fragile, in realtà è un gigante che può trasformare la nostra vita”.

Di questo si erano accorti ampiamente gli antichi, se è vero che per i cinesi il mondo era stato formato da un gigante nelle cui vene scorreva l’acqua, che a Cuzco come in Scandinavia le leggende narravano di grandi inondazioni.

Mentre un millennio prima della Bibbia e di Noè in Mesopotamia già girava il mito di un’alluvione che aveva ricoperto tutto il pianeta, da cui solo pochissimi uomini e coppie di animali si erano salvate.

Dal passato remoto al futuro prossimo, Boccaletti conclude mettendo in guardia: “Ciò che quest’anno è sembrata una situazione eccezionale, sarà probabilmente la normalità del 2040”.