Il ventaglio di occasioni aperto dall’inutilità dei libri

Nel campo largo delle competenze che, per gioco o per scuola, apprendiamo durante la nostra vita, le più utili paiono proprio quelle in realtà prive di un pratico, pronto e più o meno duraturo impiego: quelle cioè, in una parola, inutili.

Al contrario delle utilities, che chiudono il campo a tutto ciò che alla pratica appresa non fa gioco, l’inutile apre il ventaglio delle opportunità. E cosa ci può essere di più inutile della lettura?

Il tempo del leggere è per definizione tempo perso, sottoinsieme disfunzionale dei tre macro-insiemi temporali di produzione, distribuzione e acquisizione di merci e servizi di cui si compone (in cui si scompone) la vita nelle società moderne.

 

Il tempo sospeso del leggere svolge lo stesso ruolo di una pausa in uno spartito musicale: è la pausa che detta il ritmo, scandisce il tempo, articola e consente lo sviluppo della melodia.

Tutto ciò che è canto si dispiega proprio grazie a ciò che canto non è: il silenzio della pausa è sottofondo e insieme matrice di ogni armonia. La pausa apre il ventaglio delle occasioni. Proprio come l’inutile.

Insomma, c’è sempre tempo per imparare un mestiere, apprendere i segreti di un’officina. Quel che bisogna salvaguardare è il tempo perduto, tacito, silenzioso della lettura, della riflessione: un tempo inutile e insieme prezioso, molto simile al periodo della cova, che prima protegge e difende, e poi fa nascere, ogni nostro pensiero, immagine o fantasia.

Quindi, se è vero che il sonno della ragione genera mostri, forse è proprio la veglia della lettura una delle poche scialuppe di salvataggio che ancora possiamo utilizzare.