Billy Summers, il ritorno del Re

Ne uccide più la penna o l’M24? No, fra tastiera e fucile (ma anche pistola o coltello) nella scrittura di Stephen King non si dà gara: complici, entrambi costruiscono lo scenario che insanguina la lettura pagina dopo pagina.

In Misery lo scrittore Paul Sheldon era protagonista, costretto ad andare avanti – come Collodi che fa resuscitare Pinocchio a furor di lettori – nella storia come gli chiede la psicopatica infermiera. La quale però pretende anche l’assoluta verosimiglianza perché chi legge non può mai essere imbrogliato da facili escamotage, tipo quelli che nelle fiction fanno tornare al mondo con i volti di altri attori personaggi defunti.

Anche Billy Summers, che dà il titolo al nuovo romanzo del prolifico autore del Maine, è uno scrittore. Perlomeno, quella sarebbe la sua “coperura”, avendo come primo mestiere quello di killer prezzolato.

Billy Summers (Sperling&Kupfer)

In realtà però, Billy inizia a scrivere davvero e, nel racconto, King intreccia gli eventi della preparazione in diretta dell’assassinio, ultimo passo prima del ritiro del sicario in un’isola felice, con quelli del racconto autobiografico di Summers, un libro nel libro. Un esercizio di scrittura nato per occupare il tempo prima di tirare il grilletto, ma che in breve diventa la passione prima del protagonista. Si sa tuttavia che di narratori bugiardi è piena la letteratura, e così di autori fake: meglio quindi aspettare la fine del romanzo per tirare le fila.

Mentre Billy Summers, dopo una prima parte stanziale fatta di attesa e preparazione, parte e attraversa gli Stati americani (all’autore piace muovere i personaggi on the road verso il proprio destino), qua e là fra le pagine si ritrovano alcuni marchi d’autore di Stephen King. Uno evidente è la capacità quasi cinematografica di montare la suspense: non è un caso che dai suoi libri alcuni fra i massimi registi – Stanley Kubrick, ma anche John Carpenter o David Cronenberg – abbiano tratto ottimi film.

In Billy Summers il montaggio orizzontale – le storie parallele – un po’ si allenta, ma nel frattempo si accelera quello verticale, che porta con il fiato sempre più sospeso alle sequenze finali.

Altra caratteristica del signore del Maine è la capacità di tessere storie horror o fantastiche senza però dimenticare il mondo reale. L’esempio classico è  22.11.63, dove l’omicidio di John Kennedy diventa occasione per immaginare un “come se”, costruire sliding doors su ciò che sarebbe potuto accadere se Lee H. Oswald non fosse riuscito a far fuori il presidente.

In Billy Summers la realtà quotidiana diventa anche anticipazione del futuro. Diversi libri usciti in questo ultimo anno hanno messo le mascherine alle proprie storie (per restare in ambito noir, dal commissario Charitos di Petros Markaris ai vecchietti del Bar Lume di Malvaldi). King invece non si sofferma sulla pandemia, ma ambienta la storia in un passato prossimissimo e, qua e là, sottolinea che nessuno avrebbe immaginato che di lì a un anno… Ci dice che gli orrori che racconta avvengono vicino a noi, non nell’iperuranio, ma che la letteratura (sì, la sua è letteratura) per durare non può solo ancorarsi alla contingenza.

Tocchi d’autore. Come lo è quella visione, al di là della montagna, del “vecchio Overlook. L’albergo che è stato raso al suolo da un incendio“: in Billy Summers il soprannaturale non ha ufficialmente cittadinanza, contrariamente a tanti altri King, l’autore però non rinuncia a una firma. Perché quell’hotel bruciato è quello di Shining.

E d’altra parte spesso i suoi libri si parlano l’un l’altro, per questo un figlio può portare a compimento la dannazione del padre… È un continuo tessere le fila che accalappia i lettori più affezionati. Ma che non è necessario decifrare. Perché Stephen King continua ad avvinghiare i lettori “a prescindere”.

In alcuni casi (It, ma anche Misery o quell’Ombra dello scorpione pubblicato nel 1978, in cui una pandemia già aveva ammorbato il mondo) vi riesce magistralmente. In altri, come Billy Summers, bene, e con un tono forse più malinconico del solito.

Ma anche con un finale da Re, che sembra pronto a riaprire le danze con uno spin-off.