Al di là del 2012 c’è un nuovo mondo: il nostro

Eccomi di nuovo in macchina diretto a base zero. Quel luogo nel deserto dove i monti incontrano il cielo senza l’intralcio di pali, fili e cartelloni pubblicitari. Un profilo gentile e omogeneo di colori ocra e verdi che inabissano lo sguardo verso un orizzonte difficile da catturare.

All’arrivo a destinazione, trovo una folla di gente, carretti e cavalli all’imbocco del tunnel che porta al villaggio di Real de Catorce assieme al divieto di transito fino alle sette di sera. Accetto l’imprevisto cominciando a gironzolare intorno alle antiche rovine spagnole dove il passato vive ancora tra i portici intonacati di stucco e le tettoie dei parapetti spalancate all’improvviso verso le alture.

Aspetto il mio turno per entrare assieme a quelli che sorridenti godono del circo di sguardi che va e che viene da dentro il budello sui carretones trainati dai cavalli. In mezzo a delle rovine, mi scopro di fronte a un’installazione religiosa in omaggio a Maria Addolorata, una composizione di statue, inferriate e fiori; barocca e melanconicamente colorata, che incarna bene l’umore di quello che mi sta aspettando a Real con Don Mateus. La mia quarta ascesa-pellegrinaggio al Cerro Quemado in ricordo di mia madre che è appena mancata dopo una lunga malattia degenerativa.

Massimo Maggiari

Finalmente si va, i motori rombano, e una macchina per volta s’inoltra nel pertugio. Desta però un certo timore quel preciso momento in cui l’attesa e il rilascio si prendono a braccetto. In special modo, alla vista dopo l’imbocco, di una cappelletta scavata nella montagna che sembra farsi monito della precarietà del passaggio. In un certo senso, della vita. L’arrivo invece è nuvolare. Spedito e sereno, ma intriso della polvere di un deserto che ha invaso anche quel pertugio.

Mi dirigo al mitico Hotel Ogarrio dove mi aspetta la signora Agustina con le chiavi del mio alloggio. A questo punto, credo sia almeno il mio ottavo tour di Real e dintorni; conosco il pueblito, le sue vie inerpicate, e alcuni dei volti dei negozianti. Ma la mia intenzione rimane la stessa. Fare omaggio alla Vita, cercando di capirla, apprezzarla, dalla prospettiva di un luogo che rimane tutto sommato ancora essenziale e permeato di sapienza antica.

Al cellulare, sento Don Mateus. Dopo i convenevoli di saluto, concordiamo di vederci l’indomani per pranzo al ristorante di mariscos (frutti di mare e pesce) vicino all’albergo. La notte dormo quasi bene in mezzo a un’esplosione onirica d’immagini che m’accompagna fino al risveglio. Penso che sarà stata l’aria fina di Real con i suoi duemila settecento metri.

All’ora convenuta ci ritroviamo seduti a un tavolo e cominciamo la conversazione parlando di Leggere del cuore. I segreti di un curandero appena uscito a marzo con Giunti. Grazie al libro, ho portato il messaggio di Don Mateus in giro per l’Italia cercando di fare del mio meglio per divulgarne l’insegnamento fondamentale: vale a dire, quello dell’intenzione. Un principio fondamentale ma non facile da comprendere, date le distorsioni culturali del linguaggio convenzionale, utile per infondere una consapevolezza diversa nella vita di tutti i giorni.

In parole povere. Esistiamo. La Vita è il dono che abbiamo ricevuto con una coscienza (che è mentale, spirituale e cellulare). Ognuno di noi è l’effetto della Creazione e del suo Spirito Creatore (a seguito di una lunghissima concatenazione di cause ed effetti attraverso le generazioni). Fare qualsiasi primo passo nel mondo è il risultato di un’intenzione. Non basta però mettere fuori la faccia, le dita, o il braccio. Bisogna anche nutrire le nostre azioni con l’emozione appropriata che diriga e aiuti a navigare verso il risultato più propizio. Tutto allora dipende da come maneggio le mie scelte, che sono soprattutto energia (informazione emotiva), e da quanto sono consapevole di chi sono e di quello che posso servire in questo mondo a cui appartengo. Chi sono io? In che cosa posso essere utile senza essere influenzato da forze esterne, di pressione sociale e di desiderio altrui. Perché quello che sono e che sarò deve autenticamente nascere da dentro. Con l’intenzione precisa e consapevole. Al di là di ogni manipolazione.

Dopo avere avere ordinato il pranzo, Don Mateus s’accende una sigaretta dirigendo lo sguardo attento verso di me. Non lo vedo da marzo. Sembra in forma nonostante il continuo andirivieni tra San Luis de Potosì e Querétaro dove ha lavorato come curandero e dove abitano alcuni dei figli che hanno pure bisogno di attenzioni. So che ha poco tempo, nel pomeriggio lo aspetta il suo vivaio di piante che ha bisogno d’acqua, evitando quindi i preamboli vado subito al sodo. “Caro Matteo, cosa sta succedendo al mondo? Tutto sembra andare per il verso sbagliato o con le gambe all’aria. I cambiamenti sono sorprendenti e repentini: ovunque. Sono riuscito anche questa volta ad arrivare in Messico nonostante ritardi e cancellazione di voli. Ma non è certo di questi tempi che possiamo dare qualsiasi cosa per scontato.” Abbozza un mezzo sorriso, sa già dove lo sto portando con quelle mie parole, ma non si scompone. Esprimendo con il movimento delle palpebre una velata ironia offre con onestà la sua risposta. “Sì, di certo, il mondo sta cambiando e la svolta già c’è stata dal 2012 quando il sistema solare è entrato in un diverso ambito dell’universo portando un cambio energetico. Senza dubbio, l’energia femmina risulta adesso essere più forte e trainante. Lo vediamo dai fatti sociali e culturali di tutti i giorni. Tutto però dipende da noi. Come usiamo le energie che abbiamo a disposizione e in quale livello di coscienza vogliamo vivere questa vita. I valori fondamentali della Creazione non cambiano attraverso i tempi e l’evoluzione di ogni essere dipende sempre dalla legge di causa ed effetto che regna nel mondo manifesto.”

Prende un’altra boccata dalla sigaretta che spegne all’arrivo delle bevande. Dopo avere chiuso gli occhi per un attimo riprende concentrato il filo del discorso. “Come tu ben sai tutto ha un prezzo. A seconda che tu scelga la luce o l’ombra, di certo gli effetti saranno differenti e con tempi diversi. Non si tratta però di scegliere tra il bene e il male, bensì tra l’essere fluidi o densi di materia. È una questione meramente energetica: remare con l’Universo o andare contro. Non si evolve nella prospettiva della dualità moraleggiante perché giudicare significa rendersi superiori o compiacenti a una rete di illusioni artificiose. Quelle del proprio ego. Fino ad oggi, è stata favorita una visione dualistica in cui si poteva solo esprimere un livello di coscienza che tendeva a esprimere schemi ripetitivi in cui non c’è evoluzione. Dal fatidico 2012, il cambio però è oramai avviato. La pandemia ha solo marcato un’altra tappa lungo il nostro cammino. Da dove ci troviamo oggi, non si può tornare più indietro. In modo istintivo, tutti vogliono fare scelte più creative. Più libere. Al di là di qualsiasi vittimismo. È nell’aria. La nostra aria. Quella che vogliamo respirare quando ci sentiamo autenticamente noi stessi. Fa parte del cambiamento energetico in cui siamo immersi e del cambio della vibrazione di luce che proviene dal centro dell’Universo. Pure i nostri neuroni lo sentono, addirittura lo sanno. Al momento siamo solo alla ricerca di un centro dove far convergere una visione più olistica della Vita. È necessario abbandonare una visione meccanicistica che tende a separarci dal mondo, in quanto stiamo lentamente dirigendo verso una prospettiva sistemica che connette il tutto col tutto. Come nel primordiale animismo. Chiaramente, ci vorrà tempo per adeguarsi a questa nuova realtà. La pigrizia e l’inerzia sono densità che ci accompagnano lungo il percorso in quanto parte di noi preferisce la comodità all’insicurezza. Da dove veniamo? Chi siamo? Dove stiamo andando? Sono le domande che eternamente ci accompagnano lungo la strada perché il mondo non vuole finire nel 2012. Al contrario, vuole solo crescere, fluidificare, e cambiare in sintonia con la circolarità dell’Universo evitando sistemi piramidali dove le energie ciclicamente crescono e decadono”. Arrivata la zuppa di pesce dopo una pausa riflessiva, i discorsi deviano altrove: nella quotidianità dei rapporti, lo sviluppo economico di Real e le problematiche di salute di conoscenti e figli. Alla fine, ci diamo appuntamento alla mattina presto dell’indomani per la salita del Cerro Quemado. La vetta sacra e cerimoniale degli Huichol.

Sarà una camminata circondata dal silenzio verso una meta sospesa tra la terra e il cielo dove cristianesimo e pratica animista possono forse incontrarsi. Un luogo speciale dove si fluidifica ed è quindi possibile parlare direttamente al mondo, agli esseri che lo abitano o lo hanno attraversato. Naturalmente, il pensiero principale va a mia madre. Raggiunto l’altopiano arido e piatto dei tremila metri chiedo a Don Mateus dove si troverà chi mi ha portato al mondo e se un giorno la rivedrò. Lui mi guarda serio e con tono rassicurante tracciando la forma di un otto sdraiato nel vuoto. “Vedi questo è il simbolo dell’infinito nell’antichità classica e per i cristiani della trasfigurazione. Le nostre vite ne seguono la stessa progressione ondulata in cui nel curvarsi tutto ritorna. Chi si è incontrato in questa dimensione sarà connesso per sempre oltre la Vita e la Morte. Quando ci rivedremo sarà sicuramente in un’altra dimensione più fluida e spirituale. Già ora Lei si troverà probabilmente in una dimensione più fluida di purificazione in cui si ripercorrono le varie tappe della vita passata. Ne seguono però anche altre. Senz’altro ci riconosceremo in quell’oltre e vedrai che non saremo mai soli lungo il nostro cammino. Fino alla Somma Luce.”

(Real de Catorce 28 settembre 2022)