Alla Triennale l’arte si fa “green”

Per realizzare questo allestimento ho lavorato duramente per quattro settimane”, ci dice Luiz Zerbini, 64 anni, artista e architetto di San Paolo, Brasile.

Lo abbiamo incontrato poco tempo fa e a buon diritto il suo lavoro merita di finire nella sezione Visioni di Tortuga, perché è estremamente visionario.

Stiamo parlando del geniale allestimento di Siamo Foresta, la mostra che Triennale di Milano e Fondation Cartier pour l’art contemporain di Parigi presentano insieme al primo piano dell’edificio progettato nel capoluogo lombardo negli Anni Trenta da Giovanni Muzio, ora completamente trasformato grazie alla presenza di piante e lucernari che inondano di colori le sale.

Qui impariamo a conoscere la poliedrica creatività di una serie di artisti – la maggior parte dei quali appartenenti a popoli che vivono a contatto con la regina delle foreste, l’Amazzonia – selezionati per la mostra dall’antropologo Bruce Albert e da Hervé Chandès, direttore generale della fondazione francese che con la Triennale di Milano ha stretto un solito partenariato di otto anni per la produzione di mostre e progetti culturali condivisi. Questo merita davvero attenzione.

Una foresta d’arte nel cuore di Milano

Fino al 29 ottobre Siamo Foresta è proprio nel centro urbano di Milano e si configura come un percorso tra le opere di una trentina di artisti. Stefano Boeri, presidente della Triennale e padre del famoso grattacielo Bosco Verticale, ha detto: “Questa mostra ci aiuta a guardare alle foreste non solo come a una risorsa fondamentale per il pianeta ma come un luogo abitato anche da persone che con essa si relazionano e creano arte contemporanea”.

Artisti che l’antropologo Albert definisce “pensatori“, “difensori e guardiani di una foresta fisica e metafisica perché in molte delle culture indigene gli alberi hanno pari dignità e sensibilità degli umani.

Varcare allora la soglia di questa esposizione che è spettacolare nell’allestimento, sorprendente nella varietà e coloratissima nelle opere, significa – citiamo ancora Bruce Alber, che lavora a contatto con gli Yanomani del Brasile dagli anni Settanta ed è autore del fortunato saggio La caduta del cielo (in Italia edito da Nottetempo) – “ripensare il nostro posto nel mondo, rimboscare lo spirito per curare la Terra“.

I “dialoghi artistici” che sorprendono

Ci si muove in mostra, tra murales, dipinti sospesi, sculture, un sentiero tra vere piante concepito da Zerbini e si resta incantati: va detto infatti che il 70 per cento delle opere esposte proviene dalla collezione permanente della Fondation Cartier a Parigi e rappresenta una selezione del meglio dell’arte indigena contemporanea. Nulla, qui, è casuale.

In Triennale usciamo dall’antropocentrismo occidentale e incontriamo piante, alberi e soprattutto diverse concezioni del mondo, rappresentate da creativi di vari Paesi (non solo latinoamericani) sensibili al tema delle foreste.

Funzionano molto bene, anche grazie ai preziosi pannelli esplicativi, alcuni sodalizi artistici realizzati per l’occasione. Il primo che incontriamo mette in dialogo il lavoro di Sheroanawe Hakihiiwe, originario dell’Amazzonia venezuelana, e Fabrice Hyber, francese che da 20 anni coltiva una vasta foresta temperata in Vandea, in Francia: suggestive le loro grandi e vivaci tele a quattro mani, realizzate durante le loro permanenza nella valle di cui Hyber si prende cura.

Un’altra collaborazione inaspettata chiude il percorso espositivo: questa volta è stata realizzata non nel verde ma nello studio di New York dell’artista cinese Cai Guo-Qiang che ha accolto l’artista yanomani brasiliana Ehuana Yaira.

Il Sogno di foresta di quest’ultima è stato tradotto dal primo con tele realizzate da esorbitanti esplosioni di pittura: il risultato è ipnotico.

Nel percorso della mostra, sono notevoli anche i paesaggi e le creature che si ispirano al simbolismo amazzonico del brasiliano Bruno Novelli e tra le opere da non perdere (si trovano tutte nell’ultima sala) vi sono senza dubbio i mondi magici del brasiliano Alex Cerveny, costruiti su forme arboree punteggiate dalla sua calligrafia.