Palazzo Zabarella, a Padova, è distante meno di dieci minuti a piedi dalla celeberrima Cappella degli Scrovegni di Giotto ed è diventato in questi ultimi anni un interessante spazio espositivo da visitare se si è di passaggio nella città di Sant’Antonio (la basilica del Santo è altra tappa obbligata).
La mostra che noi di Tortuga abbiamo selezionato per queste feste ci fa fare un salto indietro nel tempo e ci catapulta a Parigi: qui, tra il 1850 e il 1950, lavoravano i principali artisti dell’epoca: Courbet, Monet, Manet, Degas, Cézanne, Matisse, Renoir, Rodin, solo per citare i più noti e oggi le loro firme (insieme a quelle di altri notevoli pittori e scultori) le ritroviamo negli spazi di Palazzo Zabarella che accoglie in Da Monet a Matisse. French Moderns, 1850-1950, una sessantina di opere provenienti dalla straordinaria collezione di arte europea del Brooklyn Museum.
La peculiarità del Brooklyn Museum
Vale dunque la pena spingersi fino a Padova perché si possono ammirare opere di Impressionisti, pre Impressionisti, post Impressionisti che difficilmente possiamo vedere in Europa (al museo d’Orsay di Parigi, ad esempio) e che da oltre una trentina d’anni non viaggiavano attraverso l’Atlantico per arrivare in Italia.
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C’è poi una “storia nella mostra” che merita di essere raccontata, prima di immergersi tra le sale elegantemente allestite di Palazzo Zabarella. Il Brooklyn Museum di New York è un’istituzione affascinante: nasce nel 1823 come una libera associazione di diversi filantropi, convinti che nel quartiere (all’epoca abitato quasi solo da migranti) dovesse esserci un luogo, di libero accesso, dove respirare bellezza e sapere.
Una collezione cresciuta nel tempo
Nella prima sede erano raccolti volumi, enciclopedie, riviste: poi si decise di spostare la biblioteca e di creare nel grande palazzo neoclassico un museo arricchito dalle donazioni di tanti filantropi americani. Oggi il Brooklyn è il secondo museo di New York e tra i più grandi d’America per quantità di dipinti conservati e la sua collezione permanente arriva a 140mila oggetti, dall’arte egizia a quella contemporanea.
Il Brooklyn peraltro aveva fatto da apripista in America, iniziando a collezionare presto le opere del cosiddetto “modernismo francese”, un modo tutto nuovo di concepire l’arte.
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Ancora oggi, ad esclusione di alcuni musei francesi, è l’istituzione che custodisce la collezione più ampia di opere di artisti francesi che hanno rivoluzionato, della metà dell’Ottocento e per un secolo, il modo di dipingere, con la loro rinnovata attenzione al vero, la pittura “ne plein air”, realizzata all’aperto e non più in strada, e una nuova ritrattistica, più attenta alla psicologia dei personaggi.
Le quattro sezioni della mostra
Il viaggio per immagini che propone la mostra a Palazzo Zabarella, promossa dalla Fondazione Bano e visitabile fino al 12 maggio, è scandito in quattro efficaci sezioni che, dalla pittura di artisti accademici come Gérome e Bouguereau, passando per Millet, arriva alla nuova pittura di Claude Monet e della sua cerchia per poi passare ai colori accessi di Matisse, Bonard e Chagall.
Si comincia con la parte dedicata alla natura morta che godeva in Francia di grande popolarità a metà dell’Ottocento: accanto a composizioni più tradizionali, emergono lavori che valorizzano l’ambiente, ritraendo tessuti preziosi, opere d’arte esotiche che all’epoca erano di moda.
Natura morta con tazza blu di Renoir e i Fiori di Matisse sono tra le opere più belle di questa prima parte che poi lascia spazio alla sezione dedicata alla pittura di paesaggio su cui spiccano i lavori di Monet, capace di portare sulla tela una luce nuova grazie alle sue pennellate veloci.
Il corpo e lo studio degli abiti
Nella sala circolare di Palazzo Zaberella, impreziosite da un allestimento con le pareti coloro ocra, la sezione dedicata ai nudi e al tema della rappresentazione del corpo.
Qui, a colpire maggiormente è la scultura L’età del bronzo in marmo realizzata da Rodin. Il percorso della mostra termina con due ampie sezioni dedicate ai ritratti e alle figure, con una parte dedicata agli abiti di moda all’epoca con cui gli artisti volevano sottolineare l’appartenenza a una particolare classe sociale del soggetto ritratto.
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Nella sala finale, spicca l’enorme tela verticale dipinta da Giovanni Boldini nei suoi anni parigini: il suo elegante Ritratto di Signora, una tela che ipnotizza, è un omaggio alla complessità del femminile da parte del pittore che meglio di chiunque altro seppe cogliere le contraddizioni della sua epoca.