Il dialogo a colori fra Emil Nolde e Herbert Beck

Quale giovane artista non desidera l’attenzione di un collega famoso dopo l’inaugurazione della prima mostra. Il giorno dopo il vernissage mi imbattei in un visitatore interessato per le sale della galleria: Emil Nolde. (…) Nolde mi mostrò alcuni acquarelli magistrali dalla cartellina che aveva con sé. Raggiungere una tale ardente intensità cromatica era stato l’obiettivo di innumerevoli studi. Con il tempo sono riuscito a dipingere i motivi che avevo in mente in modo espressivo, con colori decisi, senza scadere nel variopinto”.

Così scrive Herbert Beck nel catalogo di una sua retrospettiva negli anni Novanta. Dall’incontro che descrive, avvenuto nel 1952 alla galleria Commeter di Amburgo, non solo prende il via una svolta nella sua carriera, ma anche la riflessione della mostra Emil Nolde – Herbert Beck. La forza del colore alla Fondazione Gabriele e Anna Braglia, a Lugano fino al 16 dicembre 2023.

Un’immagine dell’allestimento della mostra

L’esposizione mette a confronto 39 opere dell’espressionista tedesco Emil Nolde (1867 – 1956) e 33 opere di Herbert Beck (1920 – 2010): a partire da un nucleo di pezzi della collezione Braglia di entrambe i pittori l’intento è quello di indagare l’influenza che il maestro dell’espressionismo tedesco Nolde ha avuto sul giovane Beck, arricchendo l’esposizione con alcuni prestigiosi prestiti.

Il filo rosso all’interno della collezione

La Fondazione nelle sue esposizioni cerca sempre di creare un filo rosso tra la collezione raccolta da Anna e Gabriele Braglia, per creare delle mostre che presentino nuovi artisti e nuovi progetti” spiega Gaia Regazzoni Jäggli, direttore artistico della Fondazione e curatrice, insieme a Micheal Beck e Andrea Knop, della mostra.

In questo caso“, continua, “siamo partiti da dieci opere di Nolde e sette miniature di Beck che appartenevano alla Fondazione: da qui abbiamo voluto ampliare la discussione perché ci è sembrato interessante affrontare l’artista Nolde, che è stato un po’ il papà dell’espressionismo ed è anche stata una figura molto solitaria di questa corrente pittorica, e la figura di Herbert Beck, un artista di seconda generazione dell’espressionismo che ha portato avanti la ricerca del colore e la tecnica dell’acquarello che si rifà all’arte di Nolde. Si sono incontrati una volta sola ed è stato un incontro molto breve, ma ha avuto un impatto fondamentale per Beck per poi affrontare la sua arte da autodidatta, per evolvere uno stile e un linguaggio personale che però si ispira a quello che ha fatto Nolde”.

Stessi temi, tecnica differente

La mostra Emil Nolde – Herbert Beck. La forza del colore è suddivisa in aree tematiche che includono opere di entrambi gli artisti, evidenziando così similitudini e differenze.

Paesaggi, fiori e infiorescenze, volti espressivi, coppie, gruppi e mascheramento, schizzi e miniature sono le sezioni dell’esposizione, a cui si aggiungono tre quadri sul tema della crudeltà dell’uomo, dipinti da Beck in seguito all’esperienza della seconda guerra mondiale.

Qui in mostra abbiamo opere iniziali di Beck, anche un suo autoritratto, in cui è evidente uno stile più accademico, che poi nel tempo evolve” dice Gaia Regazzoni Jäggli. “La cosa interessante è la differenza di tecnica che lui sviluppa rispetto a Nolde: quest’ultimo infatti lavora su carta giapponese per i suoi acquarelli, una carta più fine che assorbe molto, mentre Beck lavora con uno stile chiamato bagnato su bagnato. Utilizzava infatti un foglio più spesso, lo appoggiava in maniera orizzontale, lo riempiva di acqua quasi fosse una preparazione alla tela e poi andava a lavorarci sopra con l’acquarello: in questo modo l’acquarello mescolava più facilmente le varie tonalità. Inoltre in questo modo assumeva uno spessore diverso, avvicinandosi molto alla tecnica della pittura a olio”.

Dall’espressione del reale all’indagine interiore

I paesaggi di Nolde appartengono indubbiamente alla tecnica espressionista e prendono sempre spunto da ciò che circonda l’artista, mentre Beck dipinge dei paesaggi interiori, che nascono dalla sua riflessione.

Spiega la direttrice artistica della Fondazione Braglia: “Un’altra differenza interessante tra i due artisti è che Nolde dipinge paesaggi che conosce e cha ha vissuto, dipingendo all’aperto, mentre Beck dipinge dei paesaggi all’interno del suo studio e non sono paesaggi veri, ma paesaggi interiori e immaginati che poi si sviluppano nello stile, andando verso l’astrazione”.

Waldrand di Emil Nolde

Tra i paesaggi di Nolde esposti c’è l’ultimo acquisto della Fondazione, il dipinto Waldrand del 1909, che ritrae un paesaggio nel nord della Germania, ben conosciuto dal pittore, perché si trovava sulla strada che percorreva per andare da casa al suo studio, che era una piccola baracca sul mare.

Lo stesso discorso vale per i fiori: “Nolde dipinge dei fiori che potrebbero essere quelli del suo giardino, come faceva Monet, mentre Beck dipinge delle infiorescenze, dei boccioli della sua immaginazione”.

Le pennellate pastose di Nolde descrivono degli amaryllis con un’intensità che ne fa quasi percepire il profumo, mentre i fiori arancio di Beck emergono con una delicatezza sfumata, ma altrettanto incisiva.

Nolde, Beck e la guerra

Nella sezione “la crudeltà dell’uomo” c’è un dipinto di Beck intitolato Apokalypse, che ritrae un uomo che urla con le braccia alzate, mentre sullo sfondo ci sono le luci della guerra, a testimonianza dell’esperienza dell’artista durante il secondo conflitto mondiale.

Beck è stato arruolato in guerra come musicista“, racconta la direttrice artistica della Fondazione, “infatti non avrebbe voluto partecipare al conflitto. Nolde invece ha tutt’altra esperienza in quegli anni. Durante il regime nazionalsocialista l’arte di Nolde è stata considerata arte degenerata ed è stato uno degli artisti che più hanno sofferto del regime, perché più di mille delle sue opere sono state o confiscate o distrutte. Nolde è nato a fine ottocento in una zona della Germania che negli anni venti è passata alla Danimarca, per cui aveva il passaporto danese ma si sentiva profondamente tedesco. Con il regime si aspettava di essere riconosciuto come artista tedesco e invece è avvenuto il contrario e questo fatto lo ha spinto a una segregazione verso nord. Gli era vietato dipingere, come artista non aveva neanche l’autorizzazione a comprare i materiali, per questo durante la guerra ha dipinto dei piccoli acquarelli, dei dipinti non dipinti. Questo tipo di quadro di Nolde avrà un’influenza sulle miniature di Beck”.

La forza del colore

Nella mostra c’è una parte dedicata alle miniature di Beck che si rifanno ai quadri di piccolo formato di Nolde, ma che in realtà nascono casualmente.

Una miniatura di Herbert Beck

L’artista infatti dipingeva sempre tele di grande formato e mentre lavorava teneva accanto a sé delle strisce di carta bianca su cui puliva i pennelli: per realizzare le miniature ha selezionato delle inquadrature di queste strisce usando dei passe-partout e ricercando delle visioni.

Completano il percorso espositivo due interessanti video sugli artisti, di cui uno include un’intervista a Herbert Beck, per entrare ancora di più nella forza del colore dei due espressionisti tedeschi.