Thomas Huber, artista nato a Zurigo e che ora vive tra Berlino e il Canton Ticino, è presente al Masi di Lugano, nella sede del Lac, con una personale fino al 28 gennaio 2024. Lago Maggiore, questo il titolo della mostra, include oltre settanta opere tra quadri a olio e acquarelli con un unico soggetto: il paesaggio che l’artista vede dalla sua casa nei pressi di Canobbio, con due diverse vedute del Lago Maggiore.
Una serie di opere, che include ventisei grandi tele a olio, evidenzia i cambiamenti di luce e di colore durante le stagioni e le ore del giorno, rendendo ogni quadro unico e diverso.
Lo stesso paesaggio a tutte le ore
“Cosi mi ricordai delle montagne che ai vecchi tempi segnavano l’orizzonte davanti a me. Mi tornò agli occhi quel lago che rifletteva il mio sguardo. Dopodiché, tornai a sud. Fu un ritorno a casa, l’Heimkehr, Il mio percorso si rivelò come un grande cerchio che torna al punto di partenza. Me ne ero andato per poi tornare da dove ero venuto”.
Con questa frase di Thomas Huber si apre l’esposizione, insieme a un video in cui il pittore evidenzia i punti chiave del suo percorso artistico e della riflessione sul paesaggio.
Due studi pittorici
“Ho due studi, uno a Berlino, una grande città, e quello sul Lago Maggiore, quindi sono due luoghi molto diversi. A Berlino, secondo me, non c’è praticamente paesaggio perché il paesaggio si estende solo in superficie. Non ci sono montagne, non c’è alcun cambiamento. Si può guidare per Berlino senza che nulla cambi. Qui invece ogni movimento è immediatamente collegato a un cambiamento del paesaggio. È proprio questo il punto di partenza del dipinto Heimkehr”.
Il dipinto rappresenta un’architettura surreale e offre allo spettatore un doppio punto di vista grazie alla tecnica della mise en abyme: dentro al quadro troviamo la stessa immagine rappresentata ma con un punto di vista diverso, in questo caso la parte esterna, in cui si vedono tre barche che trasportano delle campane, le stesse che si ritrovano all’interno della costruzione.
Il suo metodo di lavoro
Il percorso della mostra, ideato dallo stesso Thomas Huber, vede acquarelli e oli su tela che replicano lo stesso paesaggio. Questo viene dal metodo di lavoro dell’artista, che prima si concentra su carta per poi passare alla tela, solo in alcuni casi.
Racconta il pittore svizzero: “Le mie opere nascono qui sul Lago Maggiore come acquarelli. Mi siedo di fronte al soggetto, vedo cosa posso osservare dalle finestre, vado nel mio giardino, guardo le montagne e ne faccio degli acquarelli su carta. Sono piccoli schizzi. In seguito li trasferisco. Porto gli schizzi con me a Berlino nel mio grande atelier e li riproduco su grandi tele. Si tratta poi di trasformare questa fugacità che ha l’acquarello in qualcosa di più stabile, di più grande, di più solido, come un grande dipinto. I grandi dipinti richiedono un certo sforzo perché ci sono ampie superfici da affrontare e i colori devono essere applicati in modo rapido e pulito. Questo richiede alcune settimane, fino a quando un quadro è finito”.
Dagli schizzi ai grandi quadri
Questa distanza tra il concepimento di un’opera e la sua realizzazione non ha un motivo solo logistico. “Ho dipinto anche alcuni quadri qui, ma la distanza tra questo luogo e la città di Berlino è in realtà molto salutare, perché avviene anche una sorta di astrazione. Qualcosa del motivo si trasforma quando viene ripreso da un’altra parte e realizzato in modo diverso”.
Come tutti gli artisti svizzeri, Thomas Huber è fortemente influenzato dalla natura nella sua produzione artistica. In particolare, lo stesso artista, riconosce l’importanza per il proprio percorso di alcuni pittori svizzeri, come Ferdinand Hodler, Cuno Amiet, Giovanni Segantini e Félix Vallotton.
Le persone e il panorama
Nei dipinti esposti al Masi di Lugano non sono ritratte persone, ma solamente la natura e qualche scorcio di interni. Perché le persone non sono rappresentate nei quadri? “Solitamente raffiguravo interni e presentavo queste opere al pubblico su un cavalletto, insieme a un discorso” racconta l’artista nel video della mostra. “Mettevo il quadro su un palco, mi presentavo e iniziavo a parlare al pubblico, che sedeva attorno alla tela, su delle panche. In questo modo stabilivo un periodo di tempo in cui l’opera dovesse essere osservata. Ma ho anche cercato, e spesso ci sono riuscito, attraverso i miei discorsi, di coinvolgere gradualmente il pubblico che si trovava davanti al quadro, in modo che si immergesse lentamente nell’opera. Alla fine, il pubblico, come si dice in tedesco, era im Bilde, cioè nel quadro. Questo significa che non volevo dipingere le persone direttamente nel quadro, ma volevo che le persone davanti al quadro alla fine vi entrassero dentro”.
Le persone che si trovano davanti ai quadri di Thomas Huber ammirano dei paesaggi con colori straordinariamente saturi, che eppure riescono a riprodurre le sfumature della luce nelle diverse ore del giorno. Blu, viola, rosa, azzurro e giallo paglierino tinteggiano sulla tela le montagne e l’acqua, la luce e le ombre, in un crescendo di intensità e di pace.
Thomas Huber è interessato al paesaggio per le infinite possibilità di sfumature e di colore che regala a chi lo dipinge, oltre alla spazialità che lo caratterizza, con linee compositive frequenti come la diagonale. “Fondamentale per dipingere questo paesaggio è anche osservare come nel corso delle stagioni e anche delle ore del giorno, nonché a seconda delle diverse condizioni meterologiche, questo paesaggio cambi in modo estremo. Da casa mia ho praticamente due vedute. Una si affaccia verso nord, in Svizzera, dove si vedono le aspre silhouette delle montagne, e l’altra guarda verso sud, verso Milano, con un paesaggio più dolce e ampio. E mi dedico a queste due vedute da quattro, cinque anni, e ogni giorno posso vedere qualcosa di nuovo” conclude il pittore svizzero.