Nanni Moretti sceglie la Ginzburg per il suo debutto alla regia teatrale

Quando da giovane cominciavo a scrivere desideravo moltissimo essere scambiata per un uomo, temevo in me i difetti delle donne, la mancanza di obiettività, il sentimentalismo. Poi ho capito che la condizione di donna deve essere accettata da uno scrittore, non si può scrivere fingendo di essere diversi da quello che si è. Io so storie di donne e so raccontare solo storie di donne”.

Storie di donne, e di relazioni. Non solo quelle dei romanzi e dei racconti: anche nella drammaturgia Natalia Ginzburg percorre la stessa sottile linea rosa.

La prima volta di Moretti

Quando Nanni Moretti ha quindi scelto l’autrice di Lessico famigliare per debuttare come regista teatrale, è alle donne che ha guardato.

Diari d’amore ha allestito la prima al Carignano di Torino, dove resterà in scena fino al 29 ottobre, per poi andare in tournée (arriverà al Piccolo Teatro di Milano il 14 novembre).

Il cast dello spettacolo

A dar volto e voce alla sua galleria femminile, le attrici Daria Deflorian, Alessia Giuliani, Arianna Pozzoli e Giorgia Senesi.

Sia la Giuliani sia la Pozzoli avevano già lavorato con Nanni, la prima in Tre piani (dal 23 ottobre, invece, la si trova in sala con Holiday di Edoardo Gabbriellini) e la seconda, la più giovane ma con già un fitto curriculum, nel Sol dell’avvenire.

Deflorian vanta un curriculum teatrale di peso, ha vinto un Ubu e ha collaborato in teatro con (fra gli altri) Mario Martone. Senesi, che ha fatto a tempo a recitare anche per Giorgio Strehler e Luca Ronconi, non si è sottratta però a cinema e Tv, dove è stata anche ingaggiata da Mare fuori.

Un solo uomo nel cast: Valerio Binasco che, nonostante sia prevalentemente regista e attore teatrale, ha fatto una quasi una ventina di film, ma mai con Moretti.

Nello spettacolo, tocca a lui la parte del maschio chiuso in se stesso, incapace di capire le ragioni del femminile, ottuso. Sono due, in realtà, gli uomini interpretati da Binasco, perché Diari d’amore unisce la storia di Fragola e panna (il gusto prediletto della giovane protagonista) e quella di Dialogo.

Il teatro della Ginzburg in libreria

Le due brevi pièce, adesso ripubblicate da Einaudi ma già comprese nel volume a cura di Domenico Scarpa Tutto il teatro della Ginzburg, sono state scritte dalla Ginzburg rispettivamente nel 1966 e nel 1970, poco dopo il più celebre Ti ho sposato per allegria, del 1965. E la stessa “allegria” drammatica – che non a caso è stata più volte apparentata all’apparente leggerezza di Cechov – continua a pervadere anche questi due testi.

È la leggerezza – o l’inconsistenza – sociale, la vita degli indifferenti. Pure a fronte di temi importanti, come in uno scambio di battute di Fragola e panna: “Barbara – Ho paura che mio marito mi voglia ammazzare. Ho paura che mi cerchi e mi ammazzi. Dove vado? Non so dove andare”. Letizia – Ma no. I mariti non ammazzano mai. Flaminia – Veramente, di mariti che ammazzano le mogli sono pieni i giornali”. Diceva Natalia Ginzburg che “il regista che preferisco è Ingmar Bergman (guarda caso nato il suo stesso giorno, 14 luglio, ndr), ci trovo sempre qualche cosa che mi stimola a scrivere. Io vado al cinema per passatempo, ma nei suoi film trovo qualcosa di più. Mi piacerebbe scrivere libri che fossero come i suoi film”. Invece, forse no.

Drammi non tragedie

Come teorizzava Peter Szondi, non viviamo più (e forse non solo in teatro) tempi di tragedia ma di dramma: le cose accadono, stanno lì, lassù non c’è nessuno a tirare le fila, noi aspettiamo (Godot o chi altri?), osserviamo.

Senza bisogno di alcuna didascalia che ci accompagni e illumini il percorso. Compreso quello degli attori cui sono destinate le piéce e i libri della Ginzburg.

Così questi gruppi di famiglie in interni, senza psicologismi né colpi di scena, fotografano sì l’impossibilità del comunicare (in particolare fra il maschile e il femminile, ma anche fra donne) ma non ne fanno una tragedia.

In fin dei conti, sono “solo” drammi borghesi, adulteri, tradimenti che la moglie pare accettare, suocere invadenti, letti non rifatti e piatti non preparati.

In sintonia con la scrittura dell’autrice, per questa che è la sua seconda volta alle prese con un testo non suo (dopo Tre piani di Eshkol Nevo) Moretti ha quindi preso i suoi attori e li ha piazzati direttamente sul palco.

Niente prove a tavolino, che nella pratica potrebbero equivalere a quelle didascalie assenti dalla Ginzburg: dritti tutti nell’azione.

Che poi tanto azione non è. Come la nostra vita.