“Harry & Meghan”: la versione di Tina Brown

Tina Brown, che si è costruita una reputazione internazionale per essere una delle giornalista più informate sulle vicende della famiglia reale britannica, dedica a Meghan Markle e al suo rapporto con il principe Harry tre capitoli del suo ultimo libro, Dietro la corona, pubblicato in Italia qualche settimana fa.

Un resoconto spietato, soprattutto nei confronti dell’ex attrice americana e attuale consorte del principe. Visto che Brown l’accusa piuttosto apertamente di essere un’arrampicatrice sociale. Abbiamo deciso di rileggere quei capitoli in occasione dell’arrivo su Netflix, dal 15 dicembre, della seconda parte del documentario Harry & Meghan che, a quanto si dice , già con i primi episodi ha fatto aristocraticamente imbestialire l’intera famiglia reale.

Meghan Markle, di Hollywood, ne aveva davvero le tasche piene. Aveva appena compiuto ventinove anni, dalla laurea in teatro e relazioni internazionali alla prestigiosa Northwestern University di Chicago ne erano già passati sette ed era ancora ben lontana dall’essere venerata come la prossima Angelina Jolie. Anzi, la sua vita professionale aveva imboccato un vicolo cieco”, scrive la Brown nel primo dei tre capitoli, nel quale ripercorre infanzia, famiglia, inizi della carriera della Markle.

Un “cappello” che contiene tutte le premesse dell’analisi che ne consegue. Perché che cosa può fare una brillante, bella e ambiziosa ragazza americana una volta arrivata alla consapevolezza che la sua scalata a Hollywood è finita prima di cominciare? Soprattutto se, come puntualizza appena un paio di pagine dopo l’autrice, fin “dal college non aveva avuto problemi ad accaparrarsi i giocatori di basket più ambiti”?.

Un talento che, aggiunge per sottolineare la veridicità alla sua affermazione, avrebbe confermato anche il padre della stessa Meghan, quando, in una delle  sue disastrose (per la figlia) interviste dichiarò: “Al primo anno indicò un tizio e disse: ‘Quello sarà il mio ragazzo’. E in effetti lo diventò. […] Ha molto successo con gli uomini”.

Tre passi verso la monarchia

Il primo passo che avrebbe portato la Markle a incrociare il principe Harry, secondo Brown, risalirebbe all’amicizia, a Toronto (dove la serie veniva girata la serie Suits, di cui era una delle protagoniste e dove, pertanto, l’attrice passava sul set gran parte dell’anno), con Markus Anderson, direttore globale delle membership di Soho House: “Senza le capacità di networking di Markus e le connessioni di Soho House, difficilmente avrebbe sfondato nell’élite di Londra (…) Grazie alla fauna variegata che incontrò, Meghan fu accettata in una tribù nomade che visitava Art Basel a Miami ogni inverno e Mykonos ogni luglio, a cui interessavano in egual misura il pak choi e il proprio status”, scrive.

Il secondo passaggio, invece, fu entrare nel circuito delle celebrità impegnate sul fronte umanitario. Cosa che riuscì a fare cominciando, anche qui, dalla gavetta, ovvero con la partecipazione, nel 2014, a un oscuro un panel dell’One Young World Summit di Dublino sul ruolo dei media nel gender gap, “al fianco di una make up artist nota grazie a YouTube, di una dirigente di AnheuserBusch e di un colletto bianco di General Electric”.

Infine, terzo e ultimo step verso la meta, l’invito ricevuto da Violet von Westenholz, figlia di Patrick Piers von Westenholz, uno dei migliori amici del principe Carlo e, a sua volta, amica d’infanzia di William e Harry, per andare a Wimbledon per conto di Ralph Lauren.

Proprio a Violet, Markle avrebbe ripetutamente fatto presente “che era in cerca di un ragazzo“, fino al giorno in cui l’amica “suggerì un’idea troppo bella per essere vera“. Ovvero lui, Harry, dopo una serie di relazioni più o meno lunghe, finite tutte male, era “pressato” dalla famiglia perché si trovasse “una sistemazione”. Ma come organizzare l’incontro?. “Ma grazie a Markus, ovviamente. Nessuno meglio di lui era in grado di organizzare incontri “fortuiti? tra personalità del jet set”.

Un’immagine dal documentario “Harry & Meghan” su Netflix

Fin qui la parte del racconto della Brown su cui Meghan avrebbe sicuramente qualcosa da ridire. Dove, però, la sua ricostruzione e i racconti dei due protagonisti della docu-serie convergono è il terzo capitolo.

Il carattere di Meghan

In cui, la descrizione del collante che ha tenuto insieme la coppia è, nella sostanza, identica. Scrive Brown: “Harry aveva perso la testa. In passato era sempre uscito con ereditiere, ragazze frivole o aristocratiche di una cerchia ristretta: Meghan era fatta di tutta un’altra pasta. Così me l’ha descritta un ex consulente di palazzo: ‘Una persona notevole. Decisa, con la testa sulle spalle, convinta fin da piccola di poter cambiare il mondo. Ha un tipo di approccio molto americano, agli antipodi di quello delle nostre ragazze’. A colpire Harry non erano state solo la bellezza e l’eleganza di Meghan, ma anche la sua stabilità e la sua determinazione. In confronto lui era ancora un ragazzino la cui intera esistenza era sempre stata pianificata dagli altri”.

Un carattere forte e una personalità pragmatica che avrebbe fatto colpo anche su altri membri della famiglia reale. A cominciare dall’allora principe Carlo che, all’inizio, sarebbe rimasto ammaliato dal carattere della Markle, dalla sua curiosità e attenzione: “Abituato alla sufficienza con cui i famigliari liquidavano i suoi discorsi sulle coltivazioni biologiche, Carlo non aveva certo dovuto sforzarsi per farsi piacere quella bellissima ragazza che sembrava incantata da ogni sua parola”. 

Non solo. Brown conferma anche la testi che il principe Harry ribadisce più volte nella docu-serie, ovvero la particolare perniciosità dei media britannici soprattutto nei confronti della donne (regina a parte) della famiglia reale che avrebbe spinto la coppia a fuggire dalla Gran Bretagna.

“Non c’era persona più consapevole della meschinità della stampa inglese dello stesso Harry, che negli anni le aveva viste tutte: dal trauma primigenio delle ultime ore di vita di sua madre alla scriteriata invasione della privacy delle sue precedenti ragazze, fino alla demonizzazione di qualunque donna della famiglia reale che non fosse la Regina. Kate, ad esempio, era stata tacciata di essere un’arrampicatrice sociale (…) Con Sarah Ferguson gli squali dei tabloid infierivano in modo particolare sul peso, tanto da soprannominarla ‘la duchessa di Pork’, mentre Camilla Parker Bowles era così abituata a sentirsi chiamare brutta e vecchia che aveva iniziato a firmarsi, nelle lettere indirizzate a Carlo, ‘la tua fedele befana’”.

Colpevoli o innocenti?

La seconda parte di Harry & Meghan quasi certamente porterà alle estreme conseguenze lo strappo fra i due duchi di Sussex – ma in tanti il titolo vorrebbero fosse revocato – e il resto della monarchia britannica. Ed è a questo punto che l’interpretazione data dai due protagonisti e quella della Brown su chi avrebbe agevolato lo scontro divergono di nuovo.

Se Harry e Meghan rivendicano la scelta di raccontare la loro versione dei fatti in Tv – per la casa reale un “peccato” imperdonabile di cui si era già macchiata la principessa Diana – come una sorta di legittima difesa di fronte all’abbandono e all’atteggiamento ostile messi in atto dalla famiglia reale, la giornalista sostiene che la loro sia stata e sia tuttora una ribellione e una corsa alla scontro deliberati: “La loro complicità si estendeva al congiunto sprezzo delle regole che per tanti anni lui aveva osteggiato: erano divenuti compagni d’armi”.