La scienza? Ha bisogno di arte

Lo catturano in Africa, lo ingabbiano, lo sbeffeggiano, gli insegnano a bere la grappa, e infine lo espongono come fenomeno di varietà. Finché lui – Cita il Rosso – è pronto per Una relazione per un’Accademia.

Il racconto che Kafka scrisse poco più di un secolo fa, tappa di un umano bestiario che qualche anno prima aveva toccato l’apice con La Metamorfosi, è destinato ad attirare l’attenzione degli attori: in un’ora di “a solo”, che trascolora da una fisicità scimmiesca a ingessati ragionamenti, molti vedono l’occasione per far emergere tutto il proprio talento “belluino”.

Solo quest’anno, al Festival di Avignone lo ha interpretato Manuel Le Lièvre, nella messinscena di  Georges Lavaudant, mentre Giorgio Pasotti lo ha scelto per rappresentarlo in Italia.

Luca Marinelli regista per Kafka

Finché al Festival dei Due Mondi di Spoleto anche Luca Marinelliriservando a se stesso la parte del regista e affidando quella del protagonista a Fabian Jung – si è esercitato sulla storia dell’evoluzione o involuzione di Cita.

Marinelli ha spiegato anche l’importanza di avere un attore tedesco, che per inciso è suo cognato e con il quale quindi la frequentazione è assidua ormai da molti anni.

Racconta il neo regista: “Fabian non conosceva l’italiano e quindi le parole delle battute per lui all’inizio erano solo suoni di cui ignorava il significato”. Il percorso di apprendimento dell’attore è stato allora un po’ lo stesso di quello della scimmia, che “quando è capitata nel mondo degli uomini pensava non con la ragione ma con la pancia” e poi che si è adatta a un’altra vita fino a decidere – quando si è trovata al bivio fra un futuro nello zoo e uno nel circo – di esibirsi in spettacoli di varietà (un po’ il mestiere dell’attore). “Spero che riusciremo a porvi un amletico specchio di fronte. Siete disposte e disposti a specchiarvi?”, interroga appunto Luca Marinelli.

Lo specchio fra umano e natura è d’altra parte proprio quello che ha fatto da filo conduttore al 66° Festival dei Due Mondi, diretto da Monique Veaute con risultati molto felici: 26.000 biglietti staccati per circa 675.000 euro di incassi, 203 rappresentazioni, i due terzi delle quali hanno registrato il sold out. A dimostrazione che la voglia di teatro (e di eventi) non è stata infettata dal Covid.

La verità sul cambiamento climatico

Fra gli eventi, uno dei più amati è stato il Plant revolution in cui il neurobiologo e professore universitario Stefano Mancuso ha raccontato alla platea la condizione del nostro presente e le previsioni che si addensano sul (non solo nostro) futuro.

Mentre in Europa i governi, dalla Svezia in giù, tendono oggi a minimizzare la questione, Mancuso sfoggia dati e percentuali.

Ce n’è una che colpisce particolarmente: secondo un’indagine condotta dalla rivista Science, l’84% degli scienziati crede nella Teoria della relatività di Einstein (altrimenti letto: c’è un 16% scettico). Sapete quanti sono gli scienziati che invece credono nell’emergenza climatica? Il 99,96%. Il microdecimale residuo è – dice Mancuso – formato da “professori emeriti”, dove per emerito in ambito accademico si intende pensionato, cioè anziano, cioè non aggiornato sulla situazione.

Stefano Mancuso è autore di diversi libri sul tema “verde”, ultimo dei quali La rivoluzione degli alberi. La sua tesi, avvalorata dal Politecnico di Zurigo, è che “fra 30 anni Roma avrà la temperatura di Tunisi, Tunisi quella del Sud Sahel, il Sud Sahel… semplicemente non potrà più essere abitato”.

Quindi, è d’uopo darsi da fare per evitare che l’uomo si riveli la più stupida delle specie esistenti nell’universo, la cui media di vita è 5 milioni di anni. Ma noi di anni ne abbiamo solo 300.000 e rischiamo di estinguerci ben prima di tutti gli altri.

La chiusura del festival con Mahler

Che cosa fare allora, per convincere tutti dell’urgenza? Il prof spiega che “spesso l’arte può fare molto più della scienza”, riesce a veicolare messaggi che gli scienziati con le loro dottrine e minacce di impellenti catastrofi rendono talvolta di difficile accesso, provocando anche risposte negazioniste in chi li ascolta: se le cose stanno così, tanto vale seguire la politica dello struzzo.

E che l’arte abbia un potere di coinvolgimento speciale lo ha testimoniato anche il concerto finale del Festival dei Due Mondi: 2.500 persone in piazza a Spoleto, con il Duomo al tramonto alle spalle dell’Orchestra di Santa Cecilia diretta per l’ultima volta da Sir Antonio Pappano, e le note di Mahler a inseguirsi con il garrire delle rondini che planavano su pubblico e musicisti (sperando che questi uccelli non facciano parte delle infinite specie che Mancuso vede destinate a rapida estinzione a causa del nostro pessimo rapporto con gli alberi).