Jupiter’s Legacy, i supereroi Amish

«Molto più spesso, però, i poteri dei personaggi dei supereroi avevano un’origine soprannaturale o mistica, dovuta all’acquisizione o al contatto con un oggetto magico proveniente da qualche angolo remoto del mondo. In questo modo i fumetti, proprio come oggi, non facevano che riflettere lo Zeitgeist di cultura popolare. (…) Allora l’unica costante sembrerebbe che la creazione di un supereroe sia un modo di esorcizzare l’ansia culturale dell’epoca, dal diverso lontano degli anni quaranta alla radioattività negli anni sessanta, fino alla manipolazione genetica ai giorni nostri». (James Kakalios, La fisica dei supereroi, Einaudi)

Vi devo confessare che non ho letto il fumetto da cui è tratta Jupiter’s Legacy, la serie di questa settimana. Le possibilità erano due: fingere di averla letta (si può fare, si fa, è solo che non lo faccio io), oppure ammettere di non essere in grado, quando si tratta di fumetti, di giudicare lo spillover carta-video con la dovuta freddezza. Il fatto è che per me i fumetti sono una cosa che non andrebbe mai toccata. Sono letteralmente cresciuto con i supereroi, ho con loro questo rapporto malato e me lo tengo, quindi la recensione che vi beccate riguarda esclusivamente la serie, tanto più che in genere la cosa funziona che era meglio il fumetto oppure che no, che dici, è molto meglio la serie, vieni qui che ti prendo a schiaffi. La storia: subito dopo la crisi del ’29, un gruppo di ricconi americani – momentaneamente senza soldi, ma come vedremo i ricchi restano ricchi anche quando i soldi non li hanno più – comincia a dar retta al più rompiscatole del gruppo che è preda di visioni. Ora, siccome, sociologicamente parlando, un gruppo equivale a una comitiva, e siccome nelle comitive dove si va lo decide il più pervicace rompiscatole del gruppo, gli altri ricchi gli vanno appresso in un viaggio per mare che somiglia molto a quello del gruppo che poi scopre l’Isola del Teschio di King Kong, attraversano una bufera (mentre invece in Kong era solo nebbia, qui gli autori si sono sprecati), trovano l’isola, vengono sottoposti a una serie di prove abbastanza noiosette e però, alla fine, ne vengono fuori tutti con dei superpoteri e dei costumi adeguati, mantelline comprese. E qui mi viene in mente il povero Massimo Troisi che aveva capito tutto già quarant’anni fa, quando diceva che se al ricco Nord avevano dato le fabbriche, il lavoro e i soldi, al Sud e ai suoi abitanti dovevano essere concessi almeno i superpoteri: come risarcimento. E invece qui, come d’altronde nella vita reale, i superpoteri vengono concessi ai ricchi: anzi, agli ex ricchi, che ridiventano però, grazie ai superpoteri, di nuovo superricchi.

Ma il bello delle comitive, a qualunque latitudine e in tutti i tempi da che fu inventata la prima comitiva (credo che nella Bibbia si parli abbastanza chiaramente di una Pasquetta nei dintorni di Avellino) è che, più prima che poi, finiscono con una faida interna. Il motivo può essere un codice etico o la colletta per un Super Santos, ma prima o poi si finisce sicuro a mani in faccia. Dite che la sto buttando sul terra terra? Può essere, anzi lo ammetto, ma vi garantisco che è l’unico modo per gustavi la serie come me la sono goduta io: puntando sull’eccessiva umanità dei supereroi e sulle loro umane, umanissime, stupidità. Oddio, ci sarebbe anche la questione giovani contro vecchi, ma quella gli è venuta male, come può testimoniare chi abbia mai avuto un adolescente in casa (o che si ricordi com’è davvero, essere stato un adolescente). Lì la serie toppa alla grande, arrivando perfino a sfiorare la superficialità con cui Verdone affronta il tema nel suo ultimo film (che, avrete capito, da fan di Verdone vi sconsiglio fortemente). Insomma in questo gruppo di supereroi c’è un Capo, che è una specie di Amish però un po’ più capotico e pretesco, che dice che i supercattivi non vanno uccisi, anche quando loro uccidono i supereroi, e alla fine i supereroi, come dire, si stancano di questa pratica gandhiana e dicono ma fammi capire, noi i superpoteri che li teniamo a fare? E lui niente, il Codice Morale qui e il Codice Morale lì e intanto i cattivi staccano teste e menano mazzate alla cecata.

Questo è Jupiter’s legacy, e il segreto per divertirsi guardandola è sempre quello, che è lo stesso per i film di supereroi come per quelli di fantascienza o di kung fu: non prenderli sul serio e godersi le mazzate, quando ci sono, e sperare, come dice Homer, che ne arrivino ancora, di mazzate. Su Netflix.