L’altro Rinascimento di Jheronimus Bosch

Una mostra quasi irripetibile, quella che Palazzo Reale di Milano dedica in questi mesi (è aperta ancora fino al 12 marzo) al genio di Jheronimus Bosch (1453 – 1516).  Celeberrimo per il suo linguaggio fatto di visioni oniriche e mondi curiosi, di creature mostruose e figure fantastiche, di minuscoli dettagli da osservare con attenzione e di tele infarcite di oggetti e personaggi, Bosch è autore di pochissime opere universalmente a lui attribuite e per questo ogni mostra a lui dedicata è un evento da non perdere.

Questa, allestita con estrema eleganza nelle sale del primo piano di Palazzo Reale di Milano, rende omaggio non solo al grande maestro fiammingo ma anche alla sua fortuna nell’Europa meridionale, dimostrando quanto la sua arte abbia influenzato il nostro immaginario visivo.  Il progetto espositivo presenta (e dimostra) una tesi affascinante: Bosch rappresenta l’emblema di un Rinascimento “alternativo”, lontano da quello tipicamente fiorentino, governato dal mito della classicità, ed è la prova dell’esistenza di una pluralità di “rinascimenti”, con centri artistici diffusi in tutta Europa.

Un dettaglio dell’allestimento della mostra al Palazzo Reale di Milano

Curata da Bernard Aikema, già professore di Storia dell’Arte Moderna presso l’Università di Verona, da Fernando Checa Cremades, già direttore del Museo del Prado e da Claudio Salsi, direttore del Castello Sforzesco di Milano, Bosch e un altro Rinascimento è punteggiata, oltre che da quattro capolavori di Bosch, da un centinaio di opere d’arte tra dipinti, sculture, arazzi, incisioni, bronzetti e volumi antichi, inclusi una trentina di oggetti rari e preziosi provenienti da wunderkammern.

Una mostra non convenzionale

L’esposizione di Palazzo Reale non è dunque una monografica convenzionale, ma mette in dialogo capolavori tradizionalmente attribuiti al grande maestro con importanti opere di altri maestri fiamminghi, italiani e spagnoli, in un confronto che ha l’intento di spiegare al visitatore quanto l’altro’ Rinascimento – non solo italiano e non solo boschiano – negli anni coevi o immediatamente successivi influenzerà grandi artisti come Tiziano, Raffaello, Gerolamo Savoldo, Dosso Dossi, El Greco e molti altri.

Ci sono voluti – hanno raccontato i curatori – cinque anni di lavoro per portare a casa un tale risultato, e si vede.

Trittico dei Santi Eremiti

La chicca in mostra è certamente il monumentale Trittico delle Tentazioni di Sant’Antonio di Bosch, opera che ha lasciato il Portogallo solo un paio di volte nel corso del Novecento. Altro importante prestito, frutto di uno scambio con la città di Bruges, è l’opera Trittico del Giudizio Finale, anch’essa monumentale e proveniente dal Groeningemuseum.

Altre due opere di Bosch da fotografare e davanti alle quali soffermarsi a lungo: la preziosa tavola del Maestro San Giovanni Battista del Museo Lázaro Galdiano e il Trittico degli Eremiti delle Gallerie dell’Academia di Venezia.

Il “fenomeno Bosch”

Sembrerà bizzarro, ma la fama di Bosch non iniziò dalle Fiandre, terra natale dell’artista, ma proprio alle nostre latitudini, in Europa meridionale.

Spagna e Italia, in particolare, diventano presto terreno fertile per il linguaggio fantastico e onirico di Bosch e dei suoi seguaci, protagonisti di un Rinascimento meno apollineo e più estroso.

La moda delle immagini “alla Bosch”, affermatasi in Spagna e in Italia e successivamente nel resto d’Europa, si riflette anche (e ben lo spiega la mostra a Milano) in una serie di opere d’arte realizzate in molteplici tecniche e di varie provenienze, come lo strepitoso ciclo dei quattro arazzi dell’Escorial e l’arazzo con l’elefante del pittore francese Antoine Caron. Queste creazioni visionarie e oniriche, a loro volta, stimolarono un nutrito numero di pittori e incisori di spicco.

Scena con elefante, copia da Jheronimus Bosch
del XVI secolo

Ed è a questo punto del percorso della mostra che troviamo alcuni lavori di Pieter Bruegel il Vecchio (il più importante seguace di Bosch), presente in mostra con una decina di incisioni derivate da sue composizioni che sono una gioia per gli occhi.

La visione di Tundalo, Bottega di Jheronimus Bosch

Comprendiamo in mostra come lo stile di Bosch piacesse moltissimo anche ai collezionisti del Cinquecento e del Seicento: a Venezia il letterato e cardinale Domenico Grimani (proprietario di uno dei palazzi da sogno della Serenissima) cominciò a collezionare i suoi lavori e dobbiamo al suo intuito il fatto che oggi le Gallerie dell’Accademia di Venezia possano vantare ben tre opere di Bosch, tra le quali il Trittico degli Eremiti ora esposto nelle sale di Palazzo Reale.

Un finale contemporaneo

Alla fine del percorso della mostra di Palazzo Reale un’opera audiovisiva del collettivo di design Karmachina, Tríptiko. A vision inspired by Hieronymus Bosch, con musiche di Fernweh, mette in scena un viaggio ai nostri giorni nel mondo onirico del pittore fiammingo.

I dipinti sono riportati in vita grazie all’utilizzo delle più innovative tecnologie: le opere pittoriche, rielaborate attraverso tecniche di animazione digitale, partecipano alla costruzione di un racconto ammaliante. Un’ultima, intensa magia in questa imperdibile mostra.