Una mostra per celebrare i 500 anni dalla morte del Perugino

Alto che “noioso”, Pietro Vannucci detto il Perugino è stato davvero Il meglio maestro d’Italia. Così s’intitola infatti la straordinaria mostra che la Galleria Nazionale dell’Umbria, a Perugia, dedica all’artista rinascimentale a cinquecento anni dalla morte.

Le parole sono prese in prestito da Agostino Chigi, tra i principali mecenati del suo tempo, che le scrive in una lettera del novembre del 1500, quando Perugino era all’apice della sua fama e noi, ora, possiamo constatare quanto questa affermazione fosse lungimirante, seguendo un percorso espositivo di una settantina di opere, selezionate con passione e intelligenza da Marco Pierini e Veruska Picchiarelli, rispettivamente direttore e conservatrice del museo (a proposito: la Galleria Nazionale dell’Umbria, che si affaccia sulla piazza della Cattedrale, è un gioiello fresco di riallestimento e i suoi spazi luminosi accolgono una collezione che, da Duccio di Boninsegna a Piero della Francesca, passando per l’arte umbra del Seicento e dell’Ottocento, è una vera gioia per gli occhi e che merita assolutamente una visita approfondita).

Il pittore amato da dame, nobili e papi

Fino all’11 giugno, la mostra di Perugia offre ai visitatori la possibilità di capire meglio una delle grandi firme dell’arte italiana, un uomo che visse a lungo (morì ultrasettantenne), ebbe due prolifiche botteghe, venne conteso dai signori del tempo (Ludovico il Moro invano lo invitò alla sua corte di Milano) e dalle gran dame (Isabella d’Este attese sette anni per un dipinto), fece innamorare i papi (come Sisto IV che gli commissionò anche il cantiere iniziale della Cappella Sistina).

Andrea Verrocchio, Madonna col bambino

Tuttavia, la fama di “meglio maestro” non durò a lungo: negli ultimi vent’anni di vita Perugino si intestardì a dipingere sempre alla sua maniera, senza cogliere appieno la rivoluzione della sua epoca, e molto presto anche nella storia dell’arte la sua identità venne ridotta ad “allievo del Verrocchio e maestro di Raffaello (che gli venne portato a bottega appena undicenne e di cui riconobbe immediatamente il talento).

In mostra le opere più celebri

Questa mostra ci induce a compiere una scelta di campo: nelle sette sezioni che la compongono i curatori hanno appositamente selezionato solo i migliori lavori del Perugino, arrivando fino al culmine della sua celebrità, ovvero a quel 1504 quando dipinse il celeberrimo Sposalizio della Vergine, conservato al Museo di Belle Arti di Caen, in Normandia, e ora in prestito a Perugia, e la Lotta fra Amore e Castità, arrivato in mostra dal Louvre di Parigi.

Perugino, Sposalizio della vergine

Su questi due lavori, uno a tema sacro l’altro a tema profano, si chiude un percorso espositivo che poggia su prestiti importanti come le tavole già in San Giusto alle Mura, conservate agli Uffizi, la Pala di San Domenico da Fiesole, la Madonna con Bambino dalla National Gallery di Londra così come il Polittico che era nella Certosa di Pavia (in gran parte conservato anch’esso nel museo londinese e ora eccezionalmente ricomposto).

Dagli esordi a Perugia, al successo prima a Firenze poi a Roma e poi ancora in giro per l’Italia, seguiamo, opera dopo opera, la “dolcezza dei suoi colori” (celebrata anche nelle Vite del Vasari) e impariamo a riconoscere immediatamente il tratto inconfondibile del Perugino, fatto di figure sinuose, volti tondeggianti, labbra carnose.

Su tutti i quadri, spiccano le Madonne, le bellissime Madonne del Perugino con quelle acconciature così elaborate e raffinate che la leggenda vuole fossero ispirate a quelle che faceva all’amata moglie.

La sapiente organizzazione degli spazi sulle tele o sulle pale d’altare, la cura del colore (i rosa, i viola, i verdi, i blu), la grazia dei ritratti fanno del Perugino il “padre nobile del classicismo”, quello stile calibrato che ispirerà anche i Preraffaelliti e che ebbe nei secoli a venire tanti imitatori e seguaci.

L’influenza del Perugino sugli altri artisti

La mostra mette bene in evidenza anche il ruolo del Perugino in ogni località da lui visitata, tanto da aver influenzato un’intera generazione di artisti, come ad esempio il lombardo Gaudenzio Ferrari. Negli anni migliori della sua carriera Pietro Vannucci ha portato avanti una pittura potente, originale, innovativa, tutt’altro che scontata e noiosa come si è spesso ritenuto.

Lorenzo Di Credi, La Vergine e San Giovannino adoranti il Bambino

Tra i meriti di questa mostra ben allestita, anche la scoperta di una nuova attribuzione, che dimostra quanto ancora ci sia da dire e da scrivere su questo artista straordinario: un Ritratto conservato agli Uffizi e fino ad oggi ritenuto un omaggio di Perugino al volto dell’amato maestro Verrocchio, è risultato, dopo alcuni studi e confronti (in particolare con un autoritratto affrescato sulle pareti del Collegio del Cambio di Perugia), essere invece proprio un autoritratto del Vannucci.