Moroni, il maestro dell’altro Rinascimento lombardo

C’è una mostra davvero imperdibile questo mese, ed è quella dedicata a Giovanni Battista Moroni (Albino, 1520 circa – 1578) alle Gallerie d’Italia di Milano.

Moroni non è un “grandissimo” della storia dell’arte italiana: se pensiamo agli artisti del Rinascimento non è certo il primo nome che viene in mente.

Eppure, questo pittore bergamasco che lavorò indefessamente per tutta la vita è stato uno dei maggiori interpreti della pittura rinascimentale lombarda, capace di influenzare moltissimo gli artisti del Nord Italia e del centro Europa per quel suo gusto nel ritrarre la gente del suo tempo che, ancora oggi, fa sì che i suoi quadri quasi ci parlino…

C’è tempo fino al 1 aprile per andare in piazza della Scala a Milano e varcare la sontuosa sede delle Gallerie d’Italia dove, con un allestimento elegante e di notevole impatto, è allestita la mostra Moroni (1521-1580). Il ritratto del suo tempo, curata da Arturo Galansino e Simone Facchinetti.

Gli esordi e gli altri grandi del suo tempo

La mostra milanese, attraverso nove sezioni, ci restituisce un’immagine a tutto tondo del pittore a partire dai suoi esordi presso la bottega del Moretto per proseguire con il confronto con altri artisti contemporanei attivi in area lombarda quali Lorenzo Lotto, Gerolamo Savoldo e Moretto.

La mostra è decisamente ampia, ma i pannelli didattici in sala sono utili, anche per chi conosce poco l’artista, a seguire il percorso che nella seconda parte dell’esposizione vede i lavori di Moroni accostati con efficacia ad altri maestri del suo tempo come Tiziano, Veronese e Tintoretto.

I prestiti che arricchiscono la mostra

Impegnativa per numero di opere esposte (oltre un centinaio tra dipinti, pale d’altare, ritratti, medaglie, libri, disegni, persino armature) e per prestiti (tutti hanno concesso qualcosa, dalla National Gallery di Londra al Prado, dal Philadelphia Museum of Art al Louvre), è una mostra incredibilmente affascinante.

Vediamo il Moroni, nato e cresciuto ad Albino, in Val Seriana, destinato ad essere un artista di bottega come molti altri, diventare invece maestro indiscusso (e richiesto) dalla nobiltà e borghesia dell’epoca.

Soggetti sacri e “mondani”

Il percorso si apre con le opere di Moretto, la cui bottega Moroni frequentò a lungo e ne sono prova gli schizzi e i disegni che vediamo in mostra nelle prime sale: la straordinaria Caduta di San Paolo, eccezionalmente portata qui dal Santuario di Santa Maria dei Miracoli presso San Celso, catalizza gli occhi di tutti, non appena si varca l’ingresso.

Lorenzo Lotto Ritratto di giovane

Poco distante, ecco un altro capolavoro di eleganza: è il Ritratto di Giovane di Lorenzo Lotto, amico di Moroni, prestito delle Gallerie dell’Accademia di Venezia.

Ritratto del primo dandy

Siamo solo alle prime due sezioni e già si capisce che questa è una mostra muscolare: gioca senza esclusione di colpi sui confronti anche con Tiziano, Veronese e Tintoretto per dimostrare una volta per tutte che il Manierismo è anche “roba lombarda” e che la linea settentrionale della storia dell’arte, troppo a lungo relegata a comparsa, è degna della prima fila.

Seguiamo così Moroni, figlio di un capomastro, mentre si muove per la sua Albino per poi spingersi a Trento, là dove si tiene il controriformista Concilio, prima di tornare a casa, apprezzato e richiesto dai signorotti e dagli ecclesiastici locali.

“Il cavaliere in rosa”

Tra le tante opere esposte, due quelle da fissare nella mente: Il Cavaliere in Rosa, in prestito da Palazzo Moroni, dimora in concessione al FAI, diventato celebre perché rappresenta “il primo dandy” della storia dell’arte, e Il Sarto, prestigioso prestito dalla National Gallery di Londra su cui la mostra di chiude e che, per la cura dei dettagli e la sintesi dei colori, vale da solo il biglietto.